Istat-Cnel. Più poveri, più disoccupati e più vecchi

ROMA –  Il rapporto Bes (Benessere equo e sostenibile) 2014, presentato oggi da Cnel-Istat, fornisce una fotografia dell’Italia e degli italiani, in tempo di crisi, sotto molti aspetti  allarmante.

Balzano immediatamente agli occhi alcuni dati che forniscono l’immagine di un paese sempre più vecchio, con poca fiducia nella politica e nelle  istituzioni, dove si ampliano le disuguaglianze economiche, dove si è più sani ma allo stesso tempo molto più depressi, stressati e pure obesi, dove nascono sempre meno bambini,  dove calano i matrimoni (ma anche i divorzi, visto che vivere da single costa di più!)  e dove sempre più italiani scelgono di andarsene all’estero, a fronte invece di un calo d’ingresso di cittadini stranieri. 

Insomma il quadro è piuttosto deprimente, tuttavia pare che ci sia ancora una percentuale stabile di cittadini relativamente ‘appagata’ per le proprie condizioni di vita. Certo è che si parla solo di determinate fasce, perché per alcuni segmenti di popolazione, la visione non è certo rosea. Si parla infatti di un 35%, pressoché costante di popolazione relativamente soddisfatta,  anche se c’è da sottolineare soprattutto che al Nord e,  in particolare tra i giovani,  diminuisce la percentuale di coloro che guardano al futuro con ottimismo. Per quel che riguarda il tempo libero, qui le differenze tra le classi sociali  tendono ad ampliarsi, a svantaggio delle persone con titolo di studio basso, degli operai, dei disoccupati e degli ‘esodati’ dal lavoro. 

Si allarga la forbice tra ricchi e poveri

Stando ai dati forniti dal rapporto, gli italiani continuano a possedere una ricchezza reale netta tra le più alte in Europa, ma questo dato è legato essenzialmente all’elevata diffusione  della proprietà dell’abitazione di residenza.  Di fatto si sta sempre più ampliando la disuguaglianza economica e l’area della deprivazione materiale, con una crescita  esponenziale dell’indicatore di povertà assoluta, basato  sulla spesa per consumi nel 2012, mostra, infatti, un aumento di ben 2,3 punti percentuali, coinvolgendo in particolare le famiglie più ampie, quelle composte da coppie con tre o più figli, soprattutto se minori.  Aumenti significativi vengono registrati anche tra le famiglie di monogenitori o con componenti aggregati.

E’ nel Centro-Sud in particolare che viene segnalato un aumento del rischio di povertà. Con il perdurare della crisi inoltre l`efficacia dei sistemi di protezione disponibili – ammortizzatori sociali e solidarietà familiare – si è progressivamente indebolita.

Tuttavia l’indicatore di grave deprivazione, che nel 2011 era aumentato all`11,1%  nel 2012 ha raggiunto il 14,5%,  nel 2013 registra un miglioramento, scendendo al 12,5%, a seguito della diminuzione della quota di persone che dichiarano di non poter sostenere spese impreviste, di non potersi permettere un pasto proteico adeguato ogni due giorni o di riscaldare adeguatamente l`abitazione.

Cresce la disoccupazione e peggiora la qualità del lavoro

E’ indubbio che l’acuirsi della crisi abbia provocato una pesante contrazione dell’offerta di lavoro. In Italia nel 2013 il tasso di occupazione si attesta al 59,8%, mentre nella Ue27 è pari al 68,5%. Gli indicatori di qualità del lavoro segnalano un preoccupante peggioramento della condizione dei lavoratori. Aumentano i lavoratori a termine e diminuisce la propensione alla stabilizzazione dei contratti di lavoro temporanei. Insomma la quota degli occupati resta più o meno invariata ma con retribuzioni sempre più basse e irregolari. 

Rispetto al resto dell’Europa, l’Italia sembra detenere il record dell’esclusione dei giovani dal mercato del lavoro. 

Infine la qualità dell’occupazione  si lega strettamente alle difficoltà di conciliare tempi di lavoro e di vita, con maggiore intensità soprattutto in presenza di figli piccoli, come testimonia la recente crescita del divario tra il tasso di occupazione delle madri di bambini in età prescolare e quello delle donne senza figli (nel 2013 rispettivamente 54,6% e 72,6% i tassi per le donne 25-49enni). 

Boom di furti e rapine

Si registra una vera e propria impennata di furti, rapine, borseggi, insomma tutti quei reati dai quali si può ricavare un guadagno economico ed è lapalissiano che ciò sia conseguenza dell’aggravarsi della crisi economica. L’aumento dei furti nelle abitazioni ha avuto un incremento pari al 40% rispetto al 2010.

E in questo non c’è divario tra Nord e Sud: si registra il 61% in più nel biennio nel Nord-est, il 42% nel Mezzogiorno (con un picco del 52% nelle Isole), il 31% nel Centro e il 30% nel Nord-ovest. In compenso sembrano siano diminuiti gli omicidi.

Italiani diffidenti, giovani insoddisfatti, cresce la sfiducia nelle istituzioni

Gli italiani si interessano sempre più alla politica, si informano sempre più, si scambiano opinioni, ma non si fidano affatto delle istituzioni. Questo quanto si evince dal rapporto.

Cresce infatti vertiginosamente la  sfiducia nei confronti di partiti, Parlamento, consigli regionali, provinciali e comunali, e del sistema giudiziario. Ciò che colpisce è che questo trend di scetticismo sia trasversale.

L`unica fiducia espressa dai cittadini che raggiunge e supera la sufficienza è quella verso le istituzioni dei vigili del fuoco e delle forze dell`ordine, che insieme raggiungono il 7,2 come media tra la fiducia verso i vigili del fuoco (7,9) e quella verso le forze dell`ordine (6,4).

I giovani sono sempre invece più  sfiduciati e insoddisfatti verso tutto, complice la crisi e la disoccupazione. 

Gli italiani, in generale, contano ancora molto sul sostegno di famiglia e amici e nutrono  “un sentimento di profonda diffidenza negli altri”. Le reti di aiuto informale, quelle familiari in particolare, rappresentano il sostegno fondamentale nel corso della vita e  non solo per i soggetti più vulnerabili. L`Italia è uno dei paesi Ocse con i più bassi livelli di fiducia verso gli altri; e il minimo è raggiunto proprio nel Mezzogiorno.

Italiani più longevi ma stressati e obesi

Sembra essere decisamente migliorata la salute degli italiani, che infatti vivono più a lungo, ma sono sempre più stressati e anche obesi. I livelli di speranza di vita in Italia sono uno dei risultati più positivi dell’andamento del benessere della popolazione. Eppure, si legge nel rapporto, gli italiani non sembrano godere di benessere psicologico (sempre complice la crisi?). Altro problema il sovrappeso che non  accenna affatto a  diminuire ed è strettamente connesso alla sedentarietà.

Diminuiscono, invece, i fumatori, che passano dal 23,3% nel 2010 al 21,3% nel 2013, e i consumatori ‘a rischio’ di alcol, dal 16,7% nel 2010 al 13,8% nel 2013.

Italia, un paese sempre più vecchio

Nascono meno bambini, è ormai un dato di fatto. Effettivamente il crollo delle nascite è sempre più rilevante, ma non c’è da meravigliarsi, visto che a fronte di lavori precari, sempre che ce ne siano, stipendi  più bassi o inesistenti, diventa pressoché impossibile per i giovani mettere su famiglia. 

“In Italia si rinuncia a fare figli perché si riducono le possibilità economiche dei cittadini – afferma il presidente del Codacons, Carlo Rienzi – il forte aumento della disoccupazione, la perdita del potere d’acquisto, l’incremento della povertà specie nel Mezzogiorno e il generale clima di sfiducia nel futuro, disincentivano le coppie italiane, spingendole a non mettere al mondo bambini o rimandare le nascite a periodi migliori”.”Se non crescerà il benessere dei cittadini, assisteremo sempre più ad una riduzione delle nascite in Italia – conclude Rienzi – per questo serve incrementare sgravi e incentivi in favore di quelle coppie che, nonostante le difficoltà economiche, decidono di mettere su famiglia”.

A fronte di questi dati riportati dal Bes 2014, che  misura appunto il benessere nelle sue diverse dimensioni e guarda a come i fenomeni sono distribuiti tra le diverse componenti della società,  il presidente dell’Istat, Antonio Golini, ha dichiarato a margine della presentazione: “Non siamo ancora completamente in condizione di valutare, e non solo noi, se il benessere delle generazioni future sia a rischio”, aggiungendo “il lavoro che abbiamo svolto non è concluso e la misurazione del Benessere equo e sostenibile non si esaurisce con la presentazione di oggi”.  Golini ha infine chiosato  evidenziando come  questi dati forniti possano essere ‘la cassetta degli attrezzi’ per i ‘decisori pubblici’, auspicando che  questi ultimi possano far tesoro di questo strumento a disposizione del Paese.

 

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