Riforme. Caos in Aula al Senato

ROMA – Fallisce al Senato ogni tentativo di mediazione sul ddl Riforme e scoppia la bagarre in Aula del Senato. Tutto ha inizio con glii emendamenti di Loredana De Petris (Sel) che prevedeva la riduzione del numero dei parlamentari. 

Il voto sul Senato elettivo, surriscalda talmente gli animi in aula al Senato che il presidente Pietro Grasso, a più riprese contestato dalle opposizioni, è costretto a sospendere la seduta. Pomo della discordia l’emendamento 1.28, sempre sull’elezione a suffragio diretto di entrambe le Camere che la maggioranza chiede di votare per parti separate per evitare il voto segreto. La proposta, così come l’1.29 ritirato, prevede infatti la parità di genere e la tutela della minoranze linguistiche. Quando Grasso apre la votazione, dai banchi delle opposizioni viene urlato: «Non si può, non si può». Il presidente sospende l’aula.

La mossa di De Petris di ritirare gli emendamenti Sel 1.29, 1.30, 1.31 era per evitare che, una volta bocciati, per la cosiddetta regola del ‘cangurò, decadono tutti quelli di contenuto simile sul Senato elettivo. Quando viene posto in votazione l’emendamento 1.28, sempre sul Senato elettivo, Maurizio Sacconi (Ncd) chiede di sottoscriverlo per evitare che anche quell’emendamento venga ritirato dopo che la maggioranza chiede di votarlo per parti separate che evitano il voto segreto. De Petris rifiuta la sottoscrizione, il presidente Grasso lo fa mettere comunque in votazione. Ed è bagarre.

Ma non finisce qui. Non appena, dopo la sospensione dei lavori per le proteste delle opposizioni, il presidente Grasso annuncia il voto per parti separate sull’emendamento 1.28 a firma Sel e che prevede che il Senato sia elettivo, scoppia nuovamente la protesta tra le fila di M5S, Sel e Lega. Grasso con voce ferma dice: «La vogliamo finire con questa gazzarra? Prego i presidenti di gruppo di richiamare i propri senatori». E avverte: «Chi prosegue con la protesta andrà fuori dall’Aula». Ma i senatori dell’opposizione e, in particolare, quelli grillini, gridano in coro: «Non si può, non si può».

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