Carcere minorile. Gonnella: Alfano sbaglia clamorosamente sull’età. La strada da seguire è un’altra

ROMA – “Non si tocchi la giustizia minorile, non si abbassi l’età imputabile dei minori. I ragazzi vanno aiutati, non messi in galera”. 

A dirlo è Patrizio Gonnella, presidente di Antigone, in risposta alle parole pronunciate dal ministro degli Interni Alfano secondo il quale “oggi a 16 anni si conosce esattamente la gravità di un crimine che si compie. C’è una parola di cui non aver paura, repressione. E un’altra parola, deterrenza: ciascun cittadino, di qualunque età, deve aver paura della reazione dello Stato”.
“La giustizia minorile – prosegue Gonnella – deve avere come obiettivo l’interesse del bambino e del ragazzo. Lo dicono il diritto internazionale, quello interno, la convenienza sociale, la pedagogia, ma anche il senso morale di noi adulti, consapevoli del grande valore di una vita umana in evoluzione, recuperabile alla società, educabile ai valori fondamentali della convivenza e della vita”.
A tutto questo è già ispirato il sistema italiano della giustizia minorile, un sistema che in molti ci invidiano. È questa attenzione che ha permesso di non buttare al macero delle vite, di non marchiare a fuoco un ragazzo a causa di uno sbaglio commesso, ma piuttosto di aiutarlo a comprendere gli errori e il valore del compiere altre scelte.
E’ questo approccio, essenzialmente educativo, che ha permesso di portare a poco più di 400 le presenza di ragazzi nelle carceri minorili, a fronte di 20000 di loro nel circuito penale (nelle carceri erano 8.521 nel 1940, 7.100 nel 1950, 2.638 nel 1960, 1.401 nel 1970 e 858 nel 1975).
Un approccio e un modello che non hanno portato ad un aumento della criminalità minorile anzi, è vero il contrario. Gli ingressi totali in un anno negli IPM sono passati da 1.888 del 1988 ai 992 del 2014, con un calo del 47,4% nell’intervallo considerato. Segno di un sistema di giustizia che ha funzionato.

“L’emergenza – dichiara Gonnella – non è quella penale, ma quella sociale. Per questo le scelte in quest’ultimo ambito devono essere frutto di scelte razionali e non emotive. Per questo la via della repressione, ancor più verso minori, non può essere la strada da seguire, sbandierando presunte emergenze sicurezza”.
“Affrontare le difficoltà sociali ed economiche, volano per i reati commessi in particolare dai minori, con politiche penali e criminali è sempre una sconfitta” sottolinea Patrizio Gonnella.
Proprio alla giustizia minorile Antigone dedicava uno dei punti delle venti proposte presentate al Governo nello scorso giugno. Da questo e non da abbassamenti dell’età punibili bisognerebbe ripartire:“[…] il legislatore può ambire – auspicabilmente in prospettiva di un completo superamento delle carceri minorili – a una regolamentazione completa e unitaria che tenga conto delle specificità dei bisogni affettivi, educativi, formativi dei ragazzi. La legislazione deve recepire le sollecitazioni pervenute nel tempo dalla Corte Costituzionale. Ogni aspetto della vita detentiva – dalla disciplina ai benefici premiali, dal vitto al vestiario – merita un adeguamento all’età giovane del detenuto, considerando che una recente innovazione legislativa ha allargato le competenze degli Ipm fino al compimento del venticinquesimo anno d’età. Su quattro innovazioni normative e operative bisogna particolarmente concentrarsi: rapporto dentro-fuori, internet, strutture, staff. Vanno previste modalità innovative di vita ordinaria per i ragazzi ad esempio prevedendo che possano frequentare le scuole del territorio; non deve esserci nessuna preclusione all’uso del web in quanto se così fosse si determinerebbe un muro alla formazione degli stessi e alla loro capacità di inserirsi nel mondo del lavoro; va progettata un’edilizia che non deve assomigliare a un carcere ma a una scuola o a qualcosa di più aperto (ad esempio senza sbarre alle finestre); va concepito uno staff esperto e qualificato nel lavoro con i ragazzi senza la presenza di poliziotti all’interno dell’istituto. In molti paesi europei le carceri minorili non esistono più da tempo e l’Italia, che in passato aveva in questa materia un primato di cui andare orgogliosa, oggi potrebbe tornare ad allinearsi alle esperienze più avanzate”.

“Ciò che serve – conclude Gonnella – è un ordinamento penitenziario specifico per i minori al quale, ad oggi, applichiamo ancora le regole penitenziarie previste per gli adulti. Va inoltre respinta la proposta votata alcuni giorni fa dalla Commissione Giustizia della Camera di riforma del Tribunale di famiglia che, tra le altre cose, delegherebbe il governo a sopprimere i Tribunali per i Minorenni e l’ufficio delle Procure Minorili”.

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