Mauritania. Condannato per spionaggio. L’ombra dei servizi segreti italiani

NOUACHOTT – Mercoledi 13 un algerino é stato condannato a due anni di prigione per spionaggio a favore dei servizi segreti italiani dalla corte penale di Nouakchott.

La pubblica accusa aveva chiesto una pena di 10 anni. L’uomo nel 2009 durante un suo soggiorno in Mauritania ha raccolto informazioni sugli europei convertiti all’Islam, sulle scuole coraniche e sulle relazioni tra queste e i convertiti. La notizia non ha trovato spazio negli organi di stampa italiani, mentre ha avuto risonanza a livello di stampa nel Maghreb ed ovviamente Mauritana. Eppure di domande ce ne sarebbero da farsi: per quale ragione i servizi segreti italiani si occupano dei convertiti europei? è un azione svolta di concerto con altri servizi occidentali di sicurezza? perché le autorità locali non erano informate? Per cercare una risposta ai quesiti si offre un esercizio what-if, ove il pulp complottistico surclassa i dati di fatto della vicenda.

Si supponga che Al Qaeda nel Maghreb (AQMI) fosse venuta a conoscenza di un azione di spionaggio da parte delle autorità italiane, fatta di concerto con gli alleati (inclusi gli algerini). A questo punto un italiano, grande conoscitore dell’Africa Occidentale, in viaggio per la Mauritania con sua moglie potrebbe essere stato l’indiziato numero uno. AQMI lo rapisce ed si inizia un estenaunte trattativa finalizzata a smantellare l’attività spionistica. Dopo aver garantito che l’italiano rapito non ha nulla a che fare con lo spionaggio le autorità italiane promettono, senza informare gli alleati, che l’attività sarà sospesa. Questa promessa unita alla proficua attività dell’emissario del presidente del Burkina Faso, stato d’origine della moglie dell’italiano, riescono ad ottenere una liberazione apparentemente senza alcuna contropartita. A questo punto l’attività di spionaggio in Mauritania non poteva più proseguire, ma una sua interruzione non avrebbe avuto una spiegazione plausibile per gli alleati. Da cui la cosa più logica risultó bruciare l’informatore. In questo modo si ottempera all’impegno preso e si esce da un impegno gravoso e diplomaticamente imbarazzante.

L’esercizio di fantasia si conclude con l’auspicio che nessuno abbia voglia di replicare una simile azione di spionaggio, sul cui significato è peró indispensabile riflettere.
Una strategia attuale per combattere il terrorismo consiste nel porre sotto sorveglianza cittadini italiani ed europei che si sono convertiti all’Islam in un paese islamico. In pratica sono stanziati fondi dello Stato (ossia danaro pubblico) a favore di 007 non italiani, e nemmeno cittadini del paese in cui è avvenuta la conversione, per raccogliere informazioni cosidette sensibili. Il razionale è una visione sostanzialmente complottista della sicurezza nazionale: tutti gli italiani (ed occidentali) che in un paese islamico diventano islamici sono dei potenziali fiancheggiatori dei gruppi estremisti a stampo religioso. Se questa è una strategia , non c’é da essere molto ottimisti sull’esito della lotta.

Inquieta pensare che il solo fatto di aver abbracciato la fede islamica ponga un cittadino sotto sorveglianza da parte delle autorità di sicurezza del proprio paese o di una nazione alleata. E’ il segnale della fobia che sta pervadendo tutta l’Europa nei confronti della geopolitica islamica, rispetto alla quale l’unica concreta risposta dei nostri governi rafforza tale disturbo sociale. L’ultimo autorevolissimo esempio è la dichiarazione della cancelliera tedesca del fallimento del modello tedesco d’integrazione. Il solo pregio è la chiarezza. Molto opinabile invece è il tentativo di cavalcare la tigre della xenofobia e del neo razzismo montante, perfino se motivato dal timore di consensi crescenti in “camicia grigia”. Sopratutto quando si adottano politiche per la sicurezza che sono fondate sull’assunto ideologico dell’assimilazione culturale come elemento destabilizzante di un modello sociale.
E’ la stessa visione complottista che ti fa pagare un algerino per spiare un italiano islamico che vive e lavora in Mauritania. L’amara ironia che in questo caso i nostri servizi di sicurezza interpretano perfettamente quanto è nella testa dei governanti europei.

Semmai sono i nostri governanti che non hanno ancora capito che ogni cedimento nel nostro stato di diritto (come ritenere senza alcun riscontro un cittadino convertito più pericoloso di uno non convertito) è il più grande regalo ai gruppi estremisti di stampo islamico, che amano dipingere il nostro stato di diritto come ipocrita, colonialista e islamofobo.

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