L’ecologia nel rinnovamento della sinistra – 2

5. “Siamo davanti ad un bivio”
La transizione è l’occasione storica per il cambiamento, per un avanzamento della rivoluzione democratica in Europa e in Italia. È l’occasione per saldare insieme le forze progressiste, ecologiste e socialiste europee.
In gioco c’è l’Europa e l’Italia, c’è il miglioramento delle condizioni materiale delle popolazioni e del lavoro, c’è la riforma ecologica dell’economia, c’è la riforma morale e democratica del sistema politico.

Ma la trasformazione non è univoca. Siamo ancora davanti ad un bivio. Oggi si scontrano due ipotesi alternative: la prima, rilancia il neoliberismo, il taglio del welfare e la irresponsabilità sociale e ambientale del mercato, cioè subordina il lavoro, i diritti, la qualità della vita, la qualità dell’impresa e della ricerca, come la qualità delle città e la tutela dei beni comuni e culturali agli interessi economici dei grandi gruppi industriali e finanziari; la seconda, propone che gli interessi collettivi, attraverso il ruolo regolatore dello Stato, la partecipazione e la riforma della politica abbiano un ruolo centrale e di indirizzo.
La seconda ipotesi è quella che privilegia l’uomo e la natura, il futuro e le nuove generazioni, crea economia e ricchezza, fa avanzare la dignità della persona, i diritti del lavoro e la qualità dell’impresa; aiuta miliardi di persone ad uscire dalla povertà.

6. “ I fiumi confluiscono”
La transizione interroga tutte le culture democratiche e le spinge in avanti. La cultura ecologista non può più considerarsi autosufficiente e separata dal lavoro poiché da sola non ha la forza per dare risposte adeguate all’insieme delle questioni sollevate dalla moderna questione sociale.
Analogamente le culture che si richiamano al lavoro e alle idealità socialiste non possono ritenersi tali senza aver assunto fino in fondo nella propria cultura politica lo sviluppo sostenibile e le proposte programmatiche della green economy.
Per stare nella transizione come forze consapevoli e responsabili le forze che si richiamano ai valori socialisti e del cristianesimo sociale  debbono avanzare una nuova idea di società fondata sul lavoro, sulla piena dignità delle persone e sullo sviluppo sostenibile.
La costruzione quotidiana richiede il superamento di ogni incertezza e incoerenza programmatica rispetto ai bisogni sociali e ambientali, richiede il superamento di ogni subalternità culturale al neo liberismo.
Non è questa un’opera che può essere condotta da gruppi ristretti protetti in nicchie ecologiste o da vecchie culture socialdemocratiche, serve la convergenza dell’innovazione ecologista nelle idealità socialiste e nei suoi partiti politici. Non è più il tempo, in Italia, dei partitini ecologisti, delle incomprensioni, delle divisioni e della competizione.

7. “ Lo sviluppo sostenibile”
La concezione dello sviluppo sostenibile, come specificato negli anni dai documenti delle Conferenze dell’ONU, rappresenta anche il punto d’incontro tra l’ecologismo scientifico e le moderne idealità sociali.
Rappresenta l’idea di una nuova società basata sul soddisfacimento dei bisogni primari e dei diritti umani senza compromettere la natura.
Ha come obiettivi primari: la rimozione della povertà e delle ineguaglianze nella redistribuzione delle risorse naturali; l’innovazione tecnicoscientifica;  la promozione della partecipazione dei popoli e delle persone alle scelte collettive; la riforma dell’attuale economia capitalistica; nuove e solidali forme sociali di produzione e sobrietà nei consumi; la tutela delle specie, dell’acqua, dei paesaggi, dei beni comuni e artistici.
L’Italia per le sue risorse naturali, artistiche e umane ha grandi responsabilità e immense opportunità.
Il termine “sviluppo sostenibile” è stato sottoposto a forti stravolgimenti e critiche, da una parte, è stato utilizzato dalle logiche liberiste, quantitative e consumistiche, quale automatica conseguenza della concorrenza di mercato per cui il problema era, ed è, solo quello di informare le imprese e i cittadini sulle opportunità, poi, loro avrebbero fatto da se e bene, dall’altra parte, si è creata una artificiosa e intellettualistica separazione e contrapposizione tra il concetto di sostenibilità e quello di sviluppo.
Entrambe le posizioni negano il contenuto di riforma dell’economia e di trasformazione sociale e democratica che ha l’idea di sviluppo sostenibile, la prima, perché dando piena fiducia al libero mercato pensa che è solo questione di rendere edotte le forze del mercato (imprese, individui, finanza), la seconda, perché crede che imponendo all’attuale sistema economico una “semplice” decrescita della produzione e dei consumi si risolva la contraddizione tra consumismo, limiti delle risorse e inquinamento.
Tuttavia, lo sviluppo sostenibile per essere un reale movimento di riforma sociale e democratica, ha bisogno di forti idealità e di un ampio protagonismo dei singoli, delle forze sociali e culturali, delle istituzioni internazionali, nazionali e locali (il glocale)

8. “ Le scelte di economia verde”
L’economia verde rappresenta la risposta immediata alla recessione in atto e la via della riforma dell’economia in quanto ne definisce i contenuti, i tempi, le forme, gli ambiti e la traiettoria.
Le scelte del presidente Obama e quelle della Cina che affrontano con provvedimenti d’urto la questione dell’inquinamento atmosferico, giocando la carta dell’innovazione, dell’efficienza e delle fonti rinnovabili, spostano definitivamente la competizione mondiale sul fronte della capacità di progettare e produrre tecnologie ecologiche. È la terza rivoluzione industriale che si sta affermando velocemente. L’Europa, ora frenata dalle dannosissime politiche dei tagli, deve ritrovare il suo abbrivio ecologista e questo è possibile solo con il prevalere delle forze socialiste e progressiste. E in Italia con le forze di centro sinistra.
Nel nostro paese l’economia verde ha grandi potenzialità e nonostante la fase recessiva è quella che mantiene e crea occupazione e impresa.
Questo accade per l’efficienza energetica e le fonti rinnovabili, il risparmio e il riuso dei materiali, la progettazione e la produzione di nuove merci. Forti potenzialità sono presenti nella domanda di qualità che si va affermando grazie ai nuovi modelli culturali e di consumo ispirati alla sobrietà, alla rigenerazione urbana, alla bellezza, alla convinzione della riduzione del consumo del suolo, alla mobilità sostenibile e ai prodotti agricoli di qualità. Imponenti segmenti industriali e manufatturieri sono sospinti verso l’innovazione ecologica dalla competitività e dagli investimenti per superare la recessione. Per sostenere la riconversione ecologica di importanti settori economici serve una politica e una programmazione industriale che abbia come obiettivi le bonifiche, la siderurgia, l’edilizia, la chimica, la meccanica, il turismo, l’agricoltura di qualità, la trasformazione alimentare, il made in Italy, la mobilità sostenibile, il riciclaggio dei rifiuti.
Sarebbe un errore, però, concepire l’economia verde come un nuovo economicismo basato solo sulla nuova politica industriale, anche se assolutamente necessaria. L’economia verde è anche nuova qualità del rapporto tra l’uomo, la natura e i beni culturali. Il territorio e le comunità locali assumono una grande funzione e centralità nella tutela del paesaggio, la difesa del suolo , i parchi che, in particolare, hanno il grande compito di garantire la biodiversità e i servizi ambientali strategici che sono essenziali alla vita di tutti noi. Settori economici nuovi e sostenibili possono diventare la manutenzione e la messa in sicurezza del territorio, la gestione dei beni culturali, l’industria culturale e delle arti creative, il restauro, il design , l’accoglienza e il turismo.
La green economy, quindi, non è un’altra economia ma è la economia stessa.

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