Amnesty, tortura un Uzbekistan. Stati Uniti e Europa chiudono un occhio per interessi economici

ROMA – Un rapporto diffuso oggi da Amnesty International ha accusato Usa, Germania e altri paesi dell’Unione europea (Ue) che continuano a ignorare la tortura dilagante in Uzbekistan, di permettere che orrendi abusi si perpetuino indisturbati.

Il rapporto di Amnesty International, intitolato “Segreti e Bugie: confessioni forzate sotto tortura in Uzbekistan”, rivela come la tortura e i maltrattamenti sistematici abbiano un ruolo centrale nel sistema giudiziario dell’Uzbekistan e nelle misure repressive del governo nei confronti di ogni gruppo percepito come minaccia alla sicurezza nazionale. Secondo Amnesty International, la polizia e le forze di sicurezza ricorrono con frequenza alla tortura per estorcere confessioni, intimidire intere famiglie od ottenere tangenti.

“In Uzbekistan, non è un mistero che chiunque non ricada nei favori delle autorità possa essere arrestato e torturato. Nessuno si sottrae alla morsa dello stato” – ha dichiarato John Dalhuisen, direttore del programma Europa e Asia centrale di Amnesty International, lanciando il rapporto a Berlino.  “È vergognoso che molti governi, incluso quello degli Usa, chiudano gli occhi di fronte al dilagare della tortura, probabilmente per paura di turbare un alleato nella ‘guerra al terrore’. Altri governi, come la Germania, sembrano essere più preoccupati di portare avanti gli interessi economici che di sollevare l’argomento”.

La “pazienza strategica”: una strategia deplorevole di fronte alle violazioni dei diritti umani

A ridosso del maggio 2015, decimo anniversario dell’uccisione di massa di centinaia di oppositori ad Andijan, il rapporto di Amnesty International evidenzia come Usa e stati membri dell’Ue, inclusa la Germania, abbiano segretamente posto la sicurezza e gli interessi politici, militari ed economici davanti a ogni significativa azione per persuadere le autorità uzbeke a rispettare a pieno i diritti umani e fermare la tortura.  Le sanzioni imposte dall’Europa all’Uzbekistan dopo il massacro del 2005 ad Andijan sono state annullate nel 2008 e nel 2009, con la revoca del divieto di viaggio e la ripresa della vendita di armi, nonostante nessuno sia stato punito per quelle uccisioni. L’ultima volta che i ministri degli Affari esteri dell’Ue si sono occupati della situazione dei diritti umani in Uzbekistan risale all’ottobre 2010. 

La Germania in particolare ha stretti legami militari con l’Uzbekistan. Nel novembre 2014, ha ottenuto il rinnovo della concessione della base aerea di Termez per aiutare le truppe tedesche in Afghanistan. Il 2 marzo 2015, Germania e Uzbekistan hanno concordato investimenti per 2,8 miliardi di euro e un pacchetto di scambi commerciali.  Il governo degli Usa, a sua volta, ha annullato nel gennaio 2012 le limitazioni in tema di aiuti militari all’Uzbekistan originariamente imposte nel 2004 in parte a causa della situazione dei diritti umani nel paese. Quest’anno, le relazioni militari tra i due stati si sono rafforzate in modo significativo con la messa in atto di un nuovo programma quinquennale di cooperazione.  Nel dicembre 2014 il vicesegretario di stato statunitense per l’Asia centrale, Nisha Biswal, ha dichiarato che Washington usa la “pazienza strategica” nei rapporti con l’Uzbekistan.  “L’atteggiamento dei partner internazionali dell’Uzbekistan verso il suo ricorso abituale alla tortura sembra essere, nel miglior dei casi, ambiguo e, nel peggiore, tollerante fino al punto da risultarne complice. Gli Stati Uniti descrivono le relazioni con l’Uzbekistan come una politica di ‘pazienza strategica’, ma sarebbe meglio chiamarla ‘indulgenza strategica’. Gli Usa, la Germania e l’Ue dovrebbero immediatamente chiedere all’Uzbekistan di far luce sulle sue azioni e fermare la tortura” – ha sottolineato John Dalhuisen.

“Il divieto internazionale di tortura è assoluto e immediato. Tuttavia, mentre Germania e Stati Uniti rafforzano i legami con l’Uzbekistan, in questo paese le persone sono arrestate dalla polizia, torturate fino a rendere confessioni false e sottoposte a processi iniqui. Continuando a fare affidamento sulle confessioni forzate, l’Uzbekistan rimarrà un partner screditato” – ha commentato Dalhuisen.

Tortura dilagante nel sistema di giustizia penale uzbeko

Il rapporto di Amnesty International, basato su più di 60 interviste condotte tra il 2013 e il 2015 e da prove raccolte in 23 anni, rivela l’esistenza di camere di tortura con pareti rivestite di gomma e isolate acusticamente a disposizione dal Servizio di sicurezza nazionale (Snb, la polizia segreta dell’Uzbekistan) e documenta il continuo uso di celle di tortura sotterranee nelle stazioni di polizia.

Polizia e agenti dell’Snb impiegano tecniche brutali, tra cui soffocamento, stupro, scosse elettriche, esposizione a temperature estreme, privazione di sonno, cibo e acqua. Il rapporto descrive anche pestaggi prolungati da parte di gruppi di persone, inclusi altri detenuti. Un uomo, che non ha mai rivelato il motivo del suo arresto, ha raccontato cosa è successo dopo essere stato condotto nel sotterraneo di una stazione di polizia, nelle prime ore del mattino:

“Ero in manette con le mani dietro la schiena… C’erano due agenti di polizia che mi picchiavano, mi davano calci, usando bastoni, ho perso conoscenza. Mi picchiavano ogni giorno, sulla testa, sui reni… Quando ho perso i sensi, mi hanno versato addosso dell’acqua per svegliarmi e continuare a picchiarmi”.

Le forze di sicurezza prendono di mira intere famiglie

Il rapporto di Amnesty International documenta il ricorso diffuso alla tortura e altri maltrattamenti nei confronti di oppositori politici, gruppi religiosi, lavoratori migranti e imprenditori. A volte le autorità prendono di mira le famiglie delle vittime.  Zuhra, un’ex detenuta, ha raccontato ad Amnesty International che gli agenti di sicurezza se la sono presa con tutti i suoi parenti, molti dei quali oggi restano ancora in prigione. Lei doveva presentarsi regolarmente al commissariato locale, dove veniva trattenuta e picchiata in quanto componente di una “famiglia estremista” e costretta a denunciare e incriminare i suoi parenti di sesso maschile: 

“Nella nostra casa non c’è pace. Quando ci svegliamo al mattino, se vediamo un’auto ferma davanti alla porta di casa, i nostri cuori battono più velocemente… In casa non ci sono più uomini. Nemmeno i miei nipotini”.

Brutalità arbitrarie in un sistema giudiziario che non è chiamato a rispondere

Una nuova testimonianza ricevuta da Amnesty International segnala l’impiego istituzionalizzato della tortura e dei maltrattamenti per estorcere confessioni e prove incriminanti su altri sospettati. 

Gli imputati sono spesso processati sulla base di prove estorte con la tortura. I giudici chiedono tangenti in cambio di sentenze clementi e la polizia e gli agenti dell’Snb minacciano o usano la tortura per ottenere elevate tangenti dalle persone arrestate o condannate.  L’imprenditore turco Vahit Gunes è stato accusato di reati economici, tra cui l’evasione fiscale, e di essere in rapporti con un movimento islamico fuorilegge, accuse che egli ha respinto. È rimasto 10 mesi in un centro di detenzione dell’Snb, dove ha detto di essere stato torturato fino a firmare una confessione falsa. È stato di nuovo torturato quando la polizia segreta ha cercato di estorcere diversi milioni di dollari statunitensi alla sua famiglia in cambio del suo rilascio.

La risposta ricevuta dopo aver chiesto di avere un avvocato illustra l’ingiusta e arbitraria natura del sistema penale uzbeko:  “Uno dei procuratori mi ha detto: ‘Vahit Gunes, nell’intera storia dell’Snb nessuno è mai stato portato qui, dichiarato innocente e rilasciato. Tutti quelli che vengono portati qui sono colpevoli. Devono dichiararsi colpevoli’”.  Vahit Gunes ha descritto le condizioni inumane, le intimidazioni psicologiche, i pestaggi e l’umiliazione sessuale subiti durante il periodo di detenzione:

“Lì non sei più un essere umano. Ti danno un numero. Il tuo nome non è più valido. Ad esempio, il mio numero era 79. Non ero più Vahit Gunes, ero il 79. Non sei un essere umano. Sei diventato un numero”.

La tortura continua impunita e senza sosta dal 1992

Messa fuorilegge nel 1992, la tortura in Uzbekistan è raramente punita. Persino i dati del governo mostrano gli alti livelli di impunità, con soli 11 agenti di polizia incriminati dal 2010 al 2013.  Durante questo periodo, sono state registrate ufficialmente 336 denunce di tortura, delle quali solo 23 sono state indagate e sei portate a processo. Come se non bastasse, i casi sono spesso affidati alle stesse autorità accusate di tortura e le probabilità che le vittime ricevano giustizia e risarcimenti sono estremamente basse. Amnesty International chiede al presidente Islam Karimov di condannare pubblicamente il ricorso alla tortura. Le autorità dovrebbero inoltre istituire un sistema indipendente di ispezioni nei centri di detenzione e assicurare che confessioni e ulteriori prove ottenute con la tortura non siano mai usate in giudizio.

Ulteriori informazioni

Muhammad Bekzhanov è il redattore capo del quotidiano Erk, rivista di un partito di opposizione politica messo fuorilegge. Bekzhanov è anche uno tra i giornalisti ad aver trascorso più tempo in carcere al mondo, ben 16 anni. Nell’agosto 1999 un tribunale di Tashkent lo ha condannato a 15 anni dopo un processo iniquo, sulla base di una confessione estortagli sotto tortura. Poco prima della scadenza della pena, ha ricevuto una nuova condanna a quattro anni e otto mesi di carcere per una presunta violazione delle regole carcerarie. Bekzhanov è stato picchiato, soffocato e sottoposto a scariche elettriche ma non è mai stata aperta alcuna indagine sulle sue denunce di tortura. 

Il rapporto “Segreti e Bugie: confessioni forzate sotto tortura in Uzbekistan” 

L’appello in favore di Muhammad Bekzhanov 

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