Caro Presidente, sono una mamma-lavoratrice fuggita dall’Italia. LA LETTERA

ROMA – Volevamo scrivere un’introduzione prima di farvi leggere questa lettera, ma non ci siamo riusciti. le parole di Ilaria parlano da sole e lasciano l’amaro in bocca di qualcosa andato perduto: la speranza.

 

Caro Presidente,
mi chiamo Ilaria Ravarino, sono una giornalista freelance di 36 anni ed esattamente un anno fa ero davanti a lei, al Quirinale, per raccontarle la difficoltà di pensare al futuro in un paese in cui per le donne è necessario scegliere: o lavoratrice, o madre.
Da allora è passato un anno, sono caduti due governi, si è dimesso un Papa. E io sono ancora precaria. Continuo ad amare i miei lavori, tutti e sette, e il mio stipendio è rimasto quello di un anno fa: meno di 1000 euro al mese. Come allora non ho contratti, ferie, permessi per malattia, congedi di maternità. Però c’è una novità: ho avuto un bambino.
E me ne sono andata dall’Italia.
Vivo a Berlino con il mio compagno, anche lui precario, e ci stringiamo in tre in quaranta metri quadri. Quello che guadagniamo ci basta per vivere e quando prenderemo la residenza in Germania lo stato ci aiuterà con un piccolo contributo per nostro figlio: 184 euro al mese, che su uno stipendio di 1000 fanno la differenza.
La vita qui costa di meno. Crescere un figlio costa di meno. Il latte artificiale costa meno della metà che nel nostro paese, i pannolini la metà: in Italia l’Antitrust ha avviato un’indagine sui prezzi, ma tutto è fermo da più di un anno. Posso spostarmi in città con il bambino, portare il passeggino sui mezzi pubblici, lavorare ovunque ci sia una rete e farlo con lui, perchè i locali sono attrezzati e i bambini benvenuti. Amici e parenti sono lontani, ma ho asili nido pubblici e privati, parchi giochi nel quartiere. Orizzonti. Prospettive.
Un compagno, un figlio, i miei sette lavori.
Era questo il futuro che mi auguravo, quello di cui le parlavo un anno fa.
Speravo di viverlo in Italia.
L’ho trovato in Europa.

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