Cina. Al Jazeera espulsa dal governo di Pechino

PECHINO (corrispondente) – L’ufficio di Al Jazeera English di Pechino chiude i battenti. Una decisione forzata, quella dell’emittente televisiva araba, dopo l’espulsione dalla Repubblica popolare cinese (Rpc) della sua corrispondente Melissa Chan alla quale il governo cinese ha ripetutamente negato il rinnovo del visto.

Da Pechino non è stato ancora rilasciato nessun comunicato ufficiale circa le ragioni che avrebbero portato le autorità competenti ad allontanare la giornalista dal Paese, adducendo come giustificazione la sola “violazione di norme” non ben specificate, ma che tradotto dalla fumosa retorica di regime potrebbe indicare semplicemente un alto grado di disapprovazione del governo cinese verso il taglio investigativo portato avanti dalla Chan nei suoi servizi.

L’inviata di nazionalità americana lavorava in Cina dal 2007 ed era finita nel mirino delle autorità a causa di un reportage sui laogai -i gulag cinesi- pubblicato da Al Jazeer lo scorso novembre. Documentario, questo, al lavoro del quale la giornalista non avrebbe preso parte, ma che sommato ai report su Liu Xia, moglie del dissidente Liu Xiaobo, e all’inchiesta sulla morte dei bambini rimasti vittime durante il terremoto del Sichuan, ha reso Chan un personaggio sgradito agli occhi di Pechino.

La notizia dell’espulsione della corrispondente di Al Jazeera arriva in un momento particolarmente delicato: solo pochi giorni fa decine di giornalisti impegnati nella copertura del caso “Chen Guangcheng” sono stati convocati dal Dipartimento di Sicurezza e minacciati di vedersi revocato il visto.

Secondo l’Associazione Stampa Straniera in Cina, negli ultimi 2 anni 27 giornalisti stranieri sono stati costretti ad attendere più di quattro mesi per poter ottenere i documenti necessari alla permanenza nella Rpc. “Questo è l’esempio più estremo che evidenzia la strumentalizzazione dei visti messa in atto nel tentativo di intimidire e censurare i giornalisti stranieri in Cina” hanno dichiarato dall’Associazione.
“Il rifiuto del visto a Melissa Chan indica un netto deterioramento nell’ambiente dell’informazione nel Paese, ed è un chiaro messaggio che la copertura internazionale non è gradita” ha dichiarato Bob Dietz, coordinatore del Commitee to Protect Journalists per l’Asia.

Era dal 1998 che dal Regno di Mezzo non venivano espulsi corrispondenti stranieri. Ultimi nomi noti quelli del giapponese Yukihisa Nakatsu di Yomiuri Shimbun, e del tedesco Juergen Kremb di Der Spiegel. Alla fine degli anni 90′ Henrik Bork, direttore dell’ufficio di Pechino del Frankfurter Rundschau, si vide revocato il visto a causa della sua serrata critica contro l’allora primo ministro Li Peng. Riuscì a tornare in Cina soltanto una decina d’anni dopo.
E nel 1991 era stata la volta di Andrew Higgins inviato dell’Indipendent e degli americani Alan Pessin e John Pomfret, corrispondenti rispettivamente di Voice of America e Associated Press. Al tempo il governo cinese non gradì il loro spiccato interesse per gli eventi di piazza Tiananmen.
Ma se in prossimità delle Olimpiadi di Pechino del 2008 la stretta sui media vide un parziale allentamento, dalla “rivolta dei gelsomini” del febbraio 2011 -cui timidi strascichi sono arrivati sino alla Rpc-  il regime sembra aver riabbracciato la linea intransigente vecchio stampo.

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