Usa – Russia: al voto il nuovo trattato sulle armi nucleari

ROMA – E’ previsto per oggi, il primo passaggio al Senato americano del nuovo trattato Start sugli armamenti nucleari di Stati Uniti e Russia.

Si tratta di un primo voto procedurale che richiede una maggioranza qualificata di 60 senatori su 100. Il voto finale per la ratifica potrebbe arrivare già domani, mercoledì 22. La ratifica vera e propria necessita però di una maggioranza ancora più sostanziosa: 67 su 100, i due terzi dell’assise. I democratici possono contare sui loro 57 voti, e su quelli di altri 5 repubblicani che avrebbero espresso la volontà di votare a favore, in conflitto con la posizione della leadership del Grand old party, in genere contrario a grossi ridimensionamenti in questo ambito, se non a fronte di una importante contropartita in termini di investimenti nella difesa. Anche se dovesse farcela oggi, dunque, il partito del presidente Barack Obama non è sicuro di spuntarla al voto decisivo. Il trattato è stato siglato lo scorso 8 aprile da Obama e dal presidente russo Dmitri Medvedev. Fissa in 1.550 il numero di testate nucleari che le due potenze possono dispiegare, con 700 vettori, una riduzione del 30 per cento rispetto alla situazione attuale.
E’ un passaggio cruciale per l’amministrazione Usa: una sconfitta significherebbe una smaccata manifestazione di debolezza interna, l’impossibilità per Obama di dare un’impronta forte agli assetti geopolitici globali, troppo vulnerabile a causa di un consenso interno instabile.

Sebbene il trattato risalente al 1990, il primo della serie siglato da George Bush senior e Michail Gorbaciov, avesse dovuto aspettare 3 anni prima di essere ratificato, in genere gli accordi di questo tipo hanno sempre avuto un ampio consenso bipartisan. Oggi, invece, l’incertezza regna sovrana, nonostante le recenti assicurazioni del portavoce della Casa Bianca, Robert Gibbs, sicuro che il via libera definitivo arriverà entro la fine dell’anno. Obama e il Segretario di Stato, Hillary Clinton, avrebbero passato il week end al telefono, contattando ad uno ad uno tutti i senatori. Bisogna fare in fretta, perché da gennaio al Senato arriveranno altri 5 repubblicani, in virtù dei risultati delle elezioni di medio termine di novembre, e la maggioranza democratica subirà un ulteriore assottigliamento.

La Russia dal canto suo ha fatto sapere che sta aspettando gli sviluppi della situazione a Washington. Addirittura per il premier russo Vladimir Putin, un’eventuale battuta d’arresto interna al congresso Usa, significherebbe una porta aperta per una ridefinizione del proprio impegno nucleare. Il testo va approvato così com’è, perché qualsiasi modifica comporterebbe una nuova trattativa: ipotesi irricevibile per Mosca. Il ministro degli esteri Sergei Lavrov ha dichiarato che il trattato “non può essere aperto e diventare oggetto di una nuova negoziazione”. E sebbene abbia escluso che il buon esito della vicenda possa modificare la posizione russa sulla questione iraniana e sull’Afghanistan, è chiaro quanto la posta in gioco sia più ampia rispetto alle apparenze. La cooperazione russa è necessaria, specialmente in sede di Consiglio di sicurezza Onu, per far passare delle misure che limitino il programma nucleare dell’Iran. Sul fronte afghano poi, Mosca ha già fatto delle timide aperture per collaborare con la Nato. Per non parlare del suo ruolo strategico nei colloqui con la Corea del Nord.

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