Cina. Pena di morte con sospensione per Gu Kailai

PECHINO (corrispondente) – Gu Kailai, moglie dell’ex leader di Chongqing Bo Xilai è stata condannata alla pena di morte con sospensione di due anni; sentenza che – a condizione che non commetta altri reati nei prossimi due anni- di fatto equivale all’ergastolo e alla revoca dei diritti politici a vita.

E’ quanto stabilito dalla Corte di Hefei, cittadina della Cina dell’est, la quale ha giudicato la donna colpevole dell’assassinio del cittadino britannico Neil Heywood, trovato morto nella sua stanza d’albergo di Chongqing lo scorso novembre e il cui corpo era stato frettolosamente cremato dalle autorità locali.

Una lite per questioni economiche avrebbe indotto Gu ad avvelenare l’uomo con il quale si vocifera intrattenesse anche una relazione extraconiugale. Alla donna sono state riconosciute alcune attenuanti come l’aver compiuto il folle gesto per difendere il figlio Bo Guagua, minacciato dalla vittima, come si legge in una mail inviata dall’inglese alla donna. La Corte ha anche stabilito che le azioni commesse da Gu rivelano “problemi mentali”.

“Il verdetto è giusto e rispecchia uno speciale rispetto verso la legge, la verità e la vita” avrebbe dichiarato la donna -già rea confessa- secondo quanto riportato da un portavoce del tribunale.

Colpevole è risultato anche il domestico di casa Bo, Zhang Xiaojun, che, complice nel delitto, trascorrerà nove anni dietro le sbarre, mentre quattro poliziotti della municipalità feudo di Bo Xilai sono stati condannati a pene detentive dai 5 agli 11 anni per aver ostacolato le indagini.

E’ l’epilogo di un processo iniziato il 9 agosto e terminato dopo sole 7 ore, tra i dubbi di un’opinione pubblica oltremodo sospettosa verso il modus operandi della giustizia cinese in quello che è stato considerato il processo più eclatante da quando nel 1981 a fare la sua comparsa alla sbarra fu Jiang Qing, la controversa consorte di Mao Zedong. Forse un goffo tentativo della dirigenza cinese di archiviare il caso Bo Xilai prima del 18esimo Congresso del Partito, principale evento dell’agenda politica del Dragone che sancirà il passaggio del testimone ai leader della quinta generazione.

“Con la rinuncia di entrambi gli imputati di ricorrere in appello la cosa termina qui” ha spiegato alla Reuters l’avvocato di Zhang, Li Renting.

La condanna di Gu Kailai potrebbe essere il preludio di punizioni formali per Bo Xilai, sino ad alcuni mesi fa uno degli astri nascenti della politica d’oltre Muraglia, rimosso da tutte le sue cariche in aprile e tutt’oggi sotto inchiesta per “gravi violazioni della disciplina del Partito”.
Troppo ambizioso e fautore di un revival maoista che poco collimava con l’orientamento riformista abbracciato dall’amministrazione Hu Jintao-Wen Jiabao, secondo molti, sarebbe rimasto vittima degli intrighi di palazzo in vista dell’ormai imminente rimpasto al vertice. Lo scorso febbraio, la fuga di Wang Lijun, ex capo della polizia di Chongqing e suo braccio destro, presso il consolato Usa di Chengdu -presumibilmente per consegnare le prove dell’assassinio di Heywood- ne decretò, di fatto, il tracollo politico. La sua ultima apparizione pubblica risale a marzo quando, durante una conferenza stampa ai margini dell’Assemblea Nazionale del Popolo, prese le difese della propria famiglia.

La conclusione del processo a Gu Kailai fa tirare un sospiro di sollievo anche oltremanica. In una nota rilasciata dall’ambasciata britannica a Pechino, si lodano le autorità cinesi per le indagini che hanno portato all’identificazione e alla condanna dei responsabili. Londra ha sempre chiesto un processo “conforme agli standard internazionali dei diritti dell’uomo”, pur non cercando mai la pena di morte.

Ad essere rimasta delusa dalla sentenza della Corte di Hefei è, invece, la comunità di internet. Nell’arco di due ore dalla diffusione del verdetto, circa due milioni di post hanno alluvionato Sina Weibo e Tencent, Weibo, principali siti di microblogging in salsa di soia: impazzano le critiche contro una giustizia ritenuta palesemente selettiva.

“Proviamo un po’ a pensare..se un comune cittadino avesse ucciso uno straniero per interessi economici quale sarebbe stato il verdetto finale?” scrive Liu Xiaoyuan, avvocato per la difesa dei diritti umani..

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