Siria. Un bilancio di sangue. Oggi 147 morti, 42 uccisi in manette

 

Corpi arsi dopo esecuzioni sommarie. Oltre 200mila rifugiati

 

ROMA – Anche oggi le notizie che arrivano dalla Siria parlano di un bagno di sangue.  Secondo il bollettino diffuso  dai comitati di coordinamento locale anti-regime le vittime di oggi sono tra civili e ribelli.

Una strage è stata denunciata a Ariha, nella provincia di Idlib, dove sono stati trovati 42 cadaveri ammanettati.  In questo territorio le forze governative «sono entrate oggi dopo il ritiro dei ribelli dell’Esl», riferiscono diverse fonti via web. Secondo le stesse, tra le 42 e le 45 persone sono state ammanettate e giustiziate sommariamente, i cadaveri dati alle fiamme. Alcuni testimoni raccontano poi che 4 ribelli «sono stati bruciati vivi» per terrorizzare la popolazione della città, una delle roccafoti della ribellione, da mesi al centro della battaglia tra disertori e militari fedeli al preisidente Bashar al Assad.

Alcune delle vittime ad Ariha sono certificate anche dal Vdc, che pubblica nomi e foto. I comitati di coordinamento locali, nel bilancio odierno di 147 morti, contano 72 vittime nella sola provincia di Idlib, compresi 8 bimbi e 9 donne uccisi in un bombardamento a Abu Dhuhur, 31 a Damasco e nei suoi popolosi sobborghi, 17 a Daraa, incluso un bimbo, 11 a Homs, 3 a Hama, 9 ad Aleppo, 3 a Dayr az Zor e 1 a Tartus.  

Nel frattempo Sale a oltre 200.000 il numero dei rifugiati in Siria: lo ha detto l’alto commissario per i rifugiati, Antonio Guterres, durante la riunione ministeriale in corso al Consiglio di Sicurezza dell’Onu sulla situazione umanitaria nel Paese mediorientale.  Guterres ha precisato come le persone che hanno lasciato la Siria verso Turchia, Libano, Giordania e Iraq sono circa 229.000, e il numero continua a crescere di giorno in giorno.
«Per molti di loro lo status di rifugiato è l’unico modo per sopravvivere», ha aggiunto. In Giordania, il governo stima che ci siano circa 72.000 siriani fuggiti dal proprio Paese. Oltre 57.000 civili sono arrivati in Libano, 18.000 in Iraq e 80.000 in Turchia.

 

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