Obama-Romney, il giorno della verità. Si profila un arrivo sul filo di lana

ROMA – Barack Obama e Mitt Romney sono ormai giunti al giorno della verità: domani gli americani decideranno chi dei due sarà il loro Presidente.

L’attesa, per i candidati ma anche per le loro mastodontiche macchine di propaganda, è febbrile. Come nella tradizione di oltreoceano, gli occhi sono puntati ai sondaggi, che spesso hanno convinto gli indecisi anche all’ultimo momento. Abbiamo già detto di come nel sistema elettorale statunitense non contino i voti, e dunque i sondaggi, su base nazionale: o meglio, non raccontino tutta la verità.
Ciononostante, gli americani sono affezionati a questo tipo di sondaggi e oggi parlano di un Obama avanti con il 49% rispetto allo sfidante Romney che si attesterebbe su un 48%.
Situazione simile ad un arrivo sul filo di lana, dunque.
Ma, dicevamo, rileva più la conta dei voti Stato per Stato in cui, ricordiamo, vige la regola del “winner takes all”: i voti ai grandi elettori vengono aggiudicati all’interno di ciascun stato con un sistema maggioritario secco, per cui chi prende anche un solo voto in più dell’avversario, si aggiudica tutti i voti dell’intero Stato. 

Obama è dato avanti in Ohio, mentre in Florida i due candidati sono alla pari. Romney resta dietro nei feudi democratici, ma alcuni sondaggi ne raccontano un recupero, in particolare in Pennsylvania e Michigan.
Facendo un conto, sempre basato sull’approssimazione dei sondaggi, il presidente uscente Obama avrebbe al momento 290 voti dei grandi elettori, pertanto venti voti oltre la soglia dei 270, necessaria per la riconferma alla Casa Bianca.
Nelle ultime ore, inoltre, Romney non è stato apprezzato dai suoi elettori per le uscite su una probabile vittoria di Obama, laddove la base richiedeva invece un’ostentazione di fiducia e sicurezza.
Obama invece incassa la benedizione del Financial Times, negli USA secondo solo alla Bibbia, che ne canta le lodi per come ha affrontato la crisi economica del Paese durante il suo mandato.
La vigilia dell’election day sembra dunque sorridere a Barack Obama, ma sullo sfondo restano le ombre di una situazione di stallo simile a quella della contesa George W.Bush-Al Gore del 2000: un pasticciaccio che ha mostrato tutti i limiti del sistema elettorale americano.

 

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