A Santiago del Cile si chiudono il Vertice UE-CELAC e la Cumbre de los Pueblos. Due visioni differenti

Il vertice presidenziale tra l’Unione Europea e la Comunità degli Stati Latinoamericani e dei Caraibi (CELAC) si è concluso con una dichiarazione che ha come obiettivo la realizzazione di una alleanza strategica tra i due blocchi.

La riunione dei capi di stato della CELAC era iniziata con la lettura di un una lettera scritta “a mano” dal presidente venezuelano Hugo Chavez, ancora a Cuba per curare la recidiva del tumore che lo ha colpito. Nel pomeriggio la presidente argentina Cristina Kirchner ha tenuto incontri bilaterali con i suoi omologhi di Messico, Enrique Peña Nieto, e Cile, Sebastián Piñera, e con la cancelliera tedesca Angela Merkel. “Merkel si è detta d’accordo nel portare al G20 una proposta congiunta in riferimento alla mobilità del capitale globale”, ha detto la presidente argentina nel riferire alla stampa i dettagli degli incontri bilaterali, ha poi aggiunto: “Vi è un ampio consenso sulla necessità di regolare l’attività finanziaria a livello globale”. Su un eventuale accordo di libero scambio con l’UE, Kirchner ha sostenuto che si metterà al lavoro “una commissione ad hoc del Mercosur per esaminare se siamo in grado di fare una proposta che tenga conto delle asimmetrie regionali”, ha poi spiegato che anche “gli europei si rendono conto che non può più esserci un rapporto dove il guadagno sia solo da una parte, ma che si deve instaurare una relazione in cui entrambe le parti siano soddisfatte e che tenga conto dell’industria dei paesi emergenti.” Il vertice UE-CELAC si è concluso con una dichiarazione che afferma il proposito di realizzare un’alleanza strategica tra i due blocchi. “La Dichiarazione di Santiago e il piano d’azione che ne seguirà, fa riferimento esplicito alla necessità di un maggiore libero scambio e meno protezione”, ha sottolineato il presidente del Cile, Sebastián Piñera, che, in qualità di rappresentante del paese ospitante, ha chiuso la riunione. Dello stesso avviso il presidente del Consiglio europeo, Herman van Rompuy, che ha riferito, nella conferenza finale, la posizione europea a favore di un “commercio più libero, con meno protezione”. Rompuy ha messo in evidenza la positività degli accordi di libero scambio già esistenti con Colombia, Perù, Cile e Messico, e ha auspicato alla rapida conclusione di accordi con i paesi del Mercosur. La dichiarazione adottata a Santiago comprende anche una menzione della posizione sull’embargo contro Cuba, in cui entrambi i blocchi hanno espresso il loro rifiuto di “tutte le misure coercitive unilaterali con effetto extraterritoriale che sono contrarie al diritto internazionale e le norme comunemente accettate di libero commercio “. Inoltre il documento include un paragrafo della CELAC: “In questo contesto e con riferimento alla risoluzione dell’Assemblea generale A/RES/67/4, riaffermiamo le nostre ben note posizioni sull’applicazione delle disposizioni extraterritoriali della legge Helms-Burton “, la norma statunitense che impone l’embargo economico a Cuba.

Nelle stesse ore a Santiago del Cile, presso la facoltà di Architettura, si è svolto il Controvertice dei movimenti la “Cumbre de los Pueblos 2013”. Le oltre 400 organizzazioni che hanno partecipato a questo incontro scommettono sulla propria alternatività e vogliono fermare il “blocco di potere” che opprime la gran parte della popolazione. Nella loro Dichiarazione finale, che sarà inviata ai capi di stato del vertice istituzionale, puntano sul lavoro in rete e sulla costruzione di spazi di pensiero differente e sottolineano che “alcuni capi di stato danno la priorità ai privilegi e al guadagno degli investitori, attraverso gli accordi commerciali e gli investimenti bilaterali, contro i diritti dei popoli. Rendere ancora più forte questo modello significa danneggiare i popoli di entrambe le regioni”. “Se gli Stati agiscono così, in connessione con il capitale finanziario e le multinazionali, le organizzazioni di base devono cercare un’articolazione ancora più potente. E’ il momento di costruire l’alternativa”. Per questo motivo l’appello rivolto alle organizzazioni popolari è quello “di passare da essere movimenti di resistenza e di protesta ad una proposta alternativa che contenga una progetto politico-sociale integrale” in ogni paese. Molti sono stati i richiami al “paradigma del buen vivir” contro i modelli di sfruttamento delle risorse e forte è stato il riferimento all’autodeterminazione dei popoli del mondo rompendo il modello coloniale della “territorialità” e promuovendo i principi e le azioni che portano i villaggi e le comunità a realizzare “la sovranità alimentare”. Le organizzazioni chiedono anche il recupero dei “beni e dei diritti naturali sottratti dalle multinazionali per riacquisirli attraverso la nazionalizzazione, la comunitarizzazione di beni e servizi e dei mezzi di produzione e il riconoscimento costituzionale della natura come soggetto di diritto.” Un capitolo è poi dedicato al femminismo come movimento che propone un “progetto antipatriarcale e anticapitalista” e che punta al recupero della “sovranità” dei corpi”, come territorio delle donne.


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