Usa. Spionaggio tramite internet e telefonia. Lo scandalo sulla Casa Bianca si allarga

Gli scoop di “The Guardian” e “Washington Post” allarmano anche gli utenti europei

WASHINGTON – “I terroristi sono la vera minaccia e dovreste semplicemente fidarvi di come li trattiamo perché abbiamo meccanismi interni per essere sicuri che non violeremo i vostri diritti”. Parole che si pronunciano Obama ma che si pronunciano Bush Jr. Per temi, toni e per scusanti. Tipiche di un presidente che si è visto fronteggiare quello che senza dubbio fa da spartiacque nell’era moderna: il crollo delle Twin Towers. Ma che per storia certamente appaiono sovrastimate.

Negli Stati Uniti sono esplosi i casi Verizon-Prism. Due mine, la prima proveniente dall’Inghilterra la seconda da Washington, che sta scuotendo non poco la Casa Bianca accusata di usare i dati della Fbi e Nsa (National Security Agency) per finalità non del tutto attinenti alla sicurezza nazionale. Il capo d’accusa è di quelli gravi: spionaggio dei dati telefonici e telematici degli americani. Sia le alte cariche, ma anche i cittadini comuni. Circa 100 milioni di clienti di Verizon allertati dal britannico “The Guardian”. Potenzialmente illimitati quelli dei 9 colossi statunitensi dell’Internet Technologies allarmati dal Washington Post. Comunicazioni tramite mail, chat, comunicazioni in video e voce. Praticamente tutto quello che si può fare col web nell’era moderna. Un caso che dovrebbe indignare anche i cittadini europei che utilizzano i servizi dei colossi della comunicazione a stelle e strisce. Microsoft (Hotmail etc..), Yahoo, Google, Facebook, Youtube, Skype, Aol e Apple su tutti. Ma ce ne sono altri. Un abuso di potere in grande stile che costa 20 milioni di dollari all’anno.

Dal loro canto le più grandi società hi-tech come Apple, Google e Facebook hanno negato di aver fornito ad alcuna agenzia governativa “accesso diretto” ai propri server, contraddicendo un articolo del Washington Post. Così come la Casa Bianca ha dichiarato che le chiamate “non sono state ascoltate”. Le attività disposte dal ministero della Giustizia venivano registrate le identità di chi chiamava o riceveva telefonate e la durata delle conversazioni, ma non il loro contenuto. Secondo il viceportavoce della Casa Bianca, Josh Earnest, gli 007, “stanno conducendo attività di intelligence autorizzate da tribunali e sotto la supervisione del Congresso”. Rassicurazione che nel momento di massimo “turbillon” mediatico rischia seriamente di essere fini a sé stesse.

 

Non è la prima volta che la privacy dei cittadini americani sia messa sotto torchio da parte delle agenzie americane. A seguito del 11 settembre 2001 sull’altare della lotta al terrorismo furono sacrificati i dati sensibili e non dei cittadini americani e stranieri. Tutte informazioni che sono confluite nella miriade di agenzie che da lì a poco sono fiorite nella galassia dell’intelligence “Made in Usa” molte delle quali si disconosce anche l’esistenza. Un modus operandi, quello dell’allora presidente americano Bush, che finì nell’occhio del ciclone della vorace opinione pubblica e avversari politici per esagerazioni. Tanto che, parlando ironicamente, il segreto programma di sorveglianza si trasformò nel Prism. Era il 2007 e sulle ceneri del suo predecessore nacque un nuovo sistema di sorveglianza più evoluto.

Un continuum che fa dello spiare in modo indiscriminato e illimitato i cittadini di mezzo mondo una prassi solo di Bush. Ma anche Obama, colto con le mani nella marmellata per la seconda volta. Tanto che l’attuale presidente si vide costretto a promettere la fine dell’uso delle intercettazioni senza mandato durante la campagna elettorale del 2008. Salvo poi esser di nuovo scoperto a spiare prima le comunicazioni d’intere redazioni e poi quelle di mezzo globo. In questo scenario l’inchiesta a due teste del britannico “The Guardian” e dell’americano “Washington Post” stanno seriamente mettendo a ferro e fuoco la tenuta della sella presidenziale di Obama.

Quel che sfugge è che in questa valanga di dati, non ci sono solo quelli dei cittadini comuni, ma anche quelli dei politici, dei giornalisti e degli alti organi di vigilanza. Nonché quelle dei grandi manager di tutto il pianeta. Strategie future ma anche arcani del passato. Tutto pronto e tutto direttamente sui desktop delle agenzie americane. 

Dati che potenzialmente possono essere utilizzati per offrire vantaggi di posizionamento e di competitività all’industria a stelle e strisce. O più semplicemente per amalgamare in modo adatto le manipolazioni utili al perseguimento degli obbiettivi dell’amministrazione statunitense. Una plateale intrusione nella privacy dei cittadini. Anche quelli europei. In aperta violazione delle leggi europee.

Ora il rischio è che oltre a danno si consumi pure la beffa. Le autorità di altri paesi, secondo quanto si apprende, potrebbero chiedere l’accesso a quei dati. Saltando ogni garanzia e procedura giudiziaria. Persino quelle che comunemente vengono definite delle formalità. La speranza invece è che la principali cancellerie europee prendano atto della situazione e pongano rimedio quantomeno per quanto concerne i dati sulla sicurezza nazionale e della competitività del comparto produttivo.

 

 

 

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