Usa, Datagate. Ora la paura è per la fuga degli utenti dai colossi del Web

Facebook e Google corrono ai ripari. Tutti esaltano Twitter, che è fuori dal programma

WASHINGTON – Se non è un si salvi chi può, poco ci manca. In America fuga da quello che è già stato ribattezzato il Datagate, lo scandalo scoperto dal Washington Post e dal The Guardian incentrato sulle pratiche di spionaggio di utenti americani e stranieri. Dati telefonici delle compagnie telefoniche Verizon, AT&T e Sprint per quanto riguarda lo scandalo delle intercettazioni voce. Ma anche, e sopratutto, il dati telematici dei nove colossi della IT. Da Microsoft, ad Apple, passando per Yahoo e Facebook. Questi alcuni delle aziende più conosciute al grande pubblico. Ma ce ne sono anche di meno conosciute. Significativo il caso della PalTalk. Un social network ai più sconosciuti, ma che secondo il Washington Post ha ricoperto un ruolo strategico durante i conflitti della primavera araba e nel vivissimo conflitto siriano. Un monitoraggio stretto sui flussi di informazioni che viaggiano sul Web, e che permette di tracciare la mappa del conflitto e di anticipare e prevenire possibili scontri sgraditi.

Ma nel tritacarne del Datagate sono finiti tutti gli altri colossi della Silcon Valley. Dagli scoop sul Prism e sul Verizon lanciati dai due organi di informazione anglofoni si è registrata una corsa alla smentita, all’assopimento. Alla butade giornalistica, alla difesa della privacy dell’utente ad ogni costo.

“Quando ci chiedono i dati, noi valutiamo ogni richiesta con grande attenzione per assicurarci che vengano seguire i processi corretti e le leggi da applicare, e forniamo queste informazioni solo se sono richieste dalle norme. Continueremo a lottare in modo aggressivo per mantenere le nostre informazioni sicure”. E’ uno stralcio della difesa di Mark Zuckemberg alla sua creatura: Facebook.

Ma non solo Zuckemberg. Anche Google è corso ai ripari. Il terrore che aleggia tra quelli che un tempo venivano definiti i “ragazzzi terribili”, adesso è la fuga di massa dai social network per timore del Grande Fratello telematico. La cronaca che li dipinge come come asservitori del Pentagono e alla sua agenzia d’intelligence Nsa li danneggia in modo gravissimo.

«Non facciamo parte – ha detto Larry Page Ceo di Google – di alcun programma del governo che dia accesso diretto ai nostri server. Non c’è alcuna “back door”. Mai sentito parlare di un programma chiamato Prism. Qualsiasi ipotesi che Google stia fornendo informazioni su larga scala sull’attività dei propri utenti, è completamente falsa». Sulla stessa linea difensiva anche Marissa Mayer (ex Google, ora alla guida di Yahoo!).

Le ricostruzioni di quanto accade col Prism sono ondivaghe. C’è chi parla di accesso diretto e chi smentisce. Qualcuno parla di “Porta di servizio” concessa al governo e chi parla di “Garage”. La tesi più in voga tra i garantisti parlando che questi colossi abbiano creato una sorta di “stanza virtuale” adiacente alla casa principale sul quale avrebbero fatto confluire i dati richiesti dal Governo e dal Congresso su autorizzazione dei Tribunali competenti.

Quel che resta è il danno di immagine per questi colossi dell’informazione. Un danno che starebbe già esaltando Twitter, escluso dal programma prima avanzato Bush e poi raccolto da Obama, e che molti reputano il paladino della privacy dell’utente. L’idea di esser spiati mentre ci si rilassa sui social network o più in generale su internet non piace agli americani. Particolarmente sensibili ai temi della privacy. Ma non piace, e non dovrebbe piacere nemmeno agli utenti europei, anch’essi sotto il “check” delle agenzie di intelligence americane. Una fuga dal web insicuro creerebbe un danno inestimabile per questi colossi. Ma anche per il programma di spionaggio. Tra questi i più importanti sarebbero Yahoo, Google e Microsoft, quest’ultima la prima ad aderire al programma nel 2007 (l’ultima è stata Apple). Si calcola che circa il 98% della produzione del Prism passi per questi tre colossi della Tecnologia.

Ma ovviamente questi dati possono essere viziati. Come detto dal James R Clapper, direttore degli 007 americani, che ha descritto queste pratiche come “un sistema computerizzato finalizzato a facilitare la raccolta dati di informazione dall’intelligence straniera proveniente dai dati della comunicazione elettronica, sotto la supervisione dei tribunali” l’esatto modus operandi non può essere divulgato. Ne vale la funzionalità del programma. Con buona pace della privacy di mezzo pianeta.

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