Spagna, caso Barcenas. Documentate 350 mila euro di mazzette per Rajoy

MADRID – Non accenna a sopirsi lo scandalo Barcenas, che ogni giorno si arricchisce di nuovi particolari riguardanti gli affari loschi tra la classe politica spagnola e il mondo dell’imprenditoria. Secondo le ultime indiscrezioni, sarebbero 11,6 milioni la quota di “tangenti” e “donazioni” ricevute dal Partido Popular negli ultimi anni.

Circa 8,3 sono invece secondo quanto trapela dalla ben informata redazione del “El Mundo”, venuta in possesso di documenti di denaro nero finito nelle casse di Calle Genova, la sede madritista del PP. Ma la cifra potrebbe essere molto più alta se si considera quanto trovato nei conti in Svizzera Uruguay e Stati Uniti e ricollegabile a Luis Barcenas. 42 i milioni scovati dagli inquirenti spagnoli, una somma che sta facendo crollare il castello delle “papeles” del Partito Popolare, sempre più nell’occhio del ciclone dello scandalo. Secondo quanto consegnato ai giudici, che hanno interrogato per cinque lunghe ore l’imputato, agli arresti preventivi per rischio di fuga dallo scorso 27 giugno. Una incarcerazione preventiva quantomai idonea quella dei giudici spagnoli, se si pensa che alcuni fondi americani (circa 100 mila euro) sarebbero stati utilizzati dall’ex tesorero sino a pochi giorni dall’incarcerazione.

Rajoy potrebbe esser chiamato a testimoniare davanti ai giudici per acclarare quanto dichiarato da Luis Barcenas. Stessa sorte potrebbe toccare al numero due del Partido Popular, la delfina del premier Maria Dolores Cospedal e il vicesegretario Javier Arenas. E’ quanto stato richiesto dalla Associazione degli avvocati Democratici per l’Europa (Adade) al giudice Pablo Ruz che sta indagando sulla presunta Contabilità B del Partito Popolare del premier Mariano Rajoy. La Adade, per chi ha buona memoria, è la stessa associazione che aveva sollevato la necessità di incarcerazione di Barcenas.

Ma la comparizione dinanzi al giudice del premier conservatore non è la sola richiesta. Da tempo il Partito Socialista Operaio Spagnolo (PSOE), per bocca del suo leader Alfredo Perez Rubalcaba chiede le dimissioni del Premier. A partire dalle pubblicazioni dei 14 fogli della contabilità parallela del Partito tenuta da Bacenas avvenuta lo scorso 31 gennaio. Un remake è avvenuto alla luce di quanto pubblicato da “El Mundo”, il quotidiano conservatore che ha sbattuto in prima pagina gli sms scambiati tra il premier e l’ex tesoriere del Partito Popolare, che farebbero emergere la conoscenza dei finanziamenti illeciti al partito da parte del capo della Moncloa. Secondo quanto riporta “El Mundo”, Mariano Rajoy sarebbe il secondo maggior destinatario di queste somme, dietro soltanto a Pedro Ariolla, politico e sociologo molto vicino all’ex premier Aznar: 1,5 milioni ricevuti. Mentre il premier avrebbe ricevuto 350 mila euro. Almeno questo è quanto trapela dalle 16 pagine contenute nella pen-drive consegnate in questi giorni da Bacenas al giudice Pablo Ruz. Un magazzino virtuale da venti cartelle che contengono gli ultimi venti anni di attività illecite da Parte di Calle Genova. Molte delle quali riguardano le attività personali dell’ex tesoriere. Date, somme e nominativi che non possono che gettare ancor più sgomento nell’opinione pubblica. Che certamente non sarà sollevata dalla notizia riguardante le donazioni legali ricevute dal 1991 ad oggi dal PP: circa 50 milioni, ma che potrebbero essere molto più alte se considerato che dal 2008, dall’anno cioè non possono più essere anonime, calano drasticamente. Almeno questo è quanto si deduce dai documenti consegnati alla Corte dei Conti: da 3 milioni annui medi a non più di 700 mila.

Tutte onde cavalcate con veemenza dall’opposizione, che supportata dalla indiscrezioni provenienti dalle sedi della Audiencia Nacional, riguardanti le ammissioni di consegna di bustarelle da parte di Barcenas proprio a Rajoy e al suo braccio destro Maria Dolores De Cospedal hanno fatto propendere i socialisti per far recapitare la richiesta al premier di comparire dinanzi al Parlamento per riferire su quanto dichiarato da colui che è stato di fatto il deus ex machina economico del maggior partito di centro destra degli ultimi venti anni. “Non voglio sostituire il presidente, so che non abbiamo deputati sufficienti, quello che voglio è che venga alla camera” aveva dichiarato ieri Rubalcaba, cavalcando l’onda del malcontento popolare, esausta dalle manovre di austerity e dalle notizie di corruzione che riguardano chi, di fatto ha ricevuto i diktat da Bruxelles e li ha approvati. Tutti elementi che sono stati definiti dal “Financial Times” una “bomba ad orologeria”.

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