Francia e Spagna, crisi e disoccupazione. La politica non dà risposte e i giovani se ne vanno

MADRID – Quasi 7 giovani spagnoli su 10 sono disposti ad emigrare per aver un posto di lavoro. Almeno l’undici percento in più di quelli con analoghe tendenze lo scorso anno. E’ quanto illustrato da uno studio della Randstand, uno dei colossi nel campo del placement e del settore interninale spagnolo. La solita Germania, ma anche la Francia le destinazioni più gettonate, ma non mancano nemmeno le mete più esotiche come Brasile e quelle più impegnative come gli Stati Uniti.

 Le indagini, compiute su un campione di giovani dai 18 ai 24 anni, mostrano come la riforma del mercato lavorativo voluta lo scorso anno dal Governo Rajoy, incentrata sullo gravo fiscale delle assunzioni e sulla facilitazione per il periodo di start up per quanto concerne le attività imprenditoriali e commerciali, non abbiano inciso nella tormenta di quello che da quelle parti viene definito il “paro juvenil”, che attualmente le stime ufficiali danno al 56%, calato di un punto percentuale da luglio ad agosto forse in virtù dei summer jobs e delle opportunità legate alla stagione turistica.

Alcuni fonti sindacali confermano che dall’inizio della crisi ad oggi, in alcune zone critiche quali la zona della Navarra, la regione a confine con la Francia che ospita Pamplona, sia una delle situazioni più critiche la disoccupazione giovanile: +86,7 percento dal 2008. Poco più del 24% rispetto alla media del resto della nazione, che nell’analogo periodo si è attestato ad una crescita del 62,6%.

L’esempio probabilmente più efficace di quanto le ricette di Rajoy siano quanto più inefficaci si è concretizzato probabilmente nelle Isole Baleari. Dalle parti di Ibiza, Formentera, Palma di Maiorca e Minorca la situazione, nonostante la vocazione turistica del territorio è drammatica. Dal 2008 ad oggi il tasso di occupazione giovanile è sceso del 40%. Tutto questo nonostante un lavoratore nell’analogo periodo costi molto meno rispetto a prima della crisi. In picchiata anche la fetta di coloro che possono ritenersi attivi dal punto di vista economico. Senza contare chi, seppur lavorando si trovi in un condizione di precariato e in un regime che li rilega in una condizione di lavoratori sottopagati.

Insomma, in Spagna la condizione dei giovani è peggiore rispetto a quelle di molti altri Paesi dell’Eurozona: in Italia il tasso di disoccupati under 25 è salita a negli ultimi mesi al 39,1%. Un record. Poco migliore la situazione dei nostri cugini transalpini: col 26.5% dei giovani a spasso.

Ma se gli italiani non ridono,non lo fanno nemmeno i francesi. Un recente studio di Deloitte, ha calcolato che la meglio gioventù francese non si vede più con un futuro all’ombra della Tour Eiffel. Oggi, tra gli under 25, un francese su quattro non riesce a trovare lavoro. Circa il 27% dei migliori diplomati sognano o mettono in cantiere di spostare il loro baricentro lavorativo in Nord America, ma anche in Nord Africa, dove non avrebbero barriere linguistiche. Tutto questo in una situazione in cui già 1,6 milioni di francesi che negli ultimi anni hanno già detto “adieu” alla “Patrie” e hanno cercato fortuna in altri lidi. Questa fuga di cervelli e di manovalanza che ha portato recentemente nuove critiche all’operato di François Hollande, che aveva posto l’obbiettivo del miglioramento della condizione dei giovani francesi come uno dei capisaldi del suo operato qualora fosse stato eletto, come è avvenuto, nel Post-Sarkozy. “E’ per la gioventù del nostro Paese che voglio essere presidente della Francia”, aveva promesso.

Parigi e Madrid come Roma, insomma. Paese che vai che vai disagio giovanile che trovi. Se infatti da un lato la condizione dei giovani è, almeno nominalmente, al centro dei pensieri delle politiche del Governo. Di fatto sono le questioni che girano intorno alla mala-politica a surriscaldare le agende mediali dei paesi latini.

Nei giorni in cui i giudici in Spagna accreditano la veridicità della “contabilità B” del Partito Popolare del Premier Mariano Rajoy, costretto a difendere la genuinità e l’estraneità del proprio governo con le accuse di corruzione che piovono attorno a lui e agli alti dirigenti del partito conservatore da colui che per venti lunghi anni è stato il guru delle finanze del partito nel clou di quello che è chiamato il “caso Barcenas” in molti si chiedono il perchè abbia tanto attecchito tra la gente la vicenda. Molti sociologi tra cui Fernando Vallespin, professore di sociologia alla facoltà. Autonoma di Madrid, ma anche Fermin Bouza che ha cattedra in sociologia nell’Università Complutense della capitale hanno cercato di dar risposta a tanto seguito. Vallespin ha dichiarato che il motivo è che queste questioni hanno seguito perchè gettano melma sul sistema, mentre Bouza ha invece centrato la viralità della questione sul fatto che Rajoy possa esser implicato nella questione corruzione. Molto più semplice sarebbe vedere quanto commenta e scrive sul web una frangia della popolazione: ossia che l’incidenza di questi fatti è esaltata dal gap che i rappresentanti vivono con i rappresentati. Senza contare quanti opinino che alle radici della crisi vi sia lo zampino della crisi spagnola, schiacciata dalla bolla immobiliare delle banche, ci sia proprio lo zampino della classe politica, alcuni esponenti cui, se confermate le accuse, sarebbero stati colti con le mani nella marmellata mentre ricevevano bustarelle da impresari e imprenditori. Quanto è bastato per infiammare le piazze e per attivare un cambio ai vertici della politica che potrebbe scuotere le cime più alte dell’impalcatura dello Stato. Proprio in questi giorni il PP cerca di dar segnali verso il rinnovamento. Ma potrebbe non bastare.

Ma se in Spagna le proteste di In Francia di certo non sono ridono. La “Droite” di Sarkozy, è infangata dall’ “affaire” del finanziamento della sua campagna presidenziale che l’ex presidente della Repubblica francese avrebbe estorto alla ricchissima Liliane Bettencourt, la magnate della L’Oreal al centro nel processo di Bordeaux che vede protagonista Sarkozy nelle vesti di un  raggiratore di incapace. Almeno secondo l’accusa. Senza contare gli affari libici di Sarkozy e Gheddafi: 50 milioni dalla Libia per finanziare la politica francese in cambio di favori. Ma la “Gauche” non se la passa meglio soprattutto se su il buon Hollande non cadranno i sospetti di “sapere tutto” sugli affari svizzeri dell’ex ministro al budget Jerome Cahuzac. Conti in svizzera prima negati ma poi rivelati da inconfondibili registrazioni telefoniche che hanno innescato le inchieste del presidente della commissione di inchiesta parlamentare, Charles de Courson, che ha lanciato pesanti accuse in direzione di Hollande, Ayrault e di altri membri del governo. Senza però fornire delle valide prove. Sono solo alcune delle priorità mediatiche che affollano i media.

Ma nella Giornata internazionale della gioventù (che cade proprio oggi) ci ha pensato il primo ministro Ayrault a difendere l’operato di Hollande: circa una quarantina di iniziative sono state avallate nei confronti degli under 25. Almeno questo quanto assicurato Jean Marc Ayrault ai circa 300 giovani che lo hanno raggiunto per un pic nic di riflessione sulla Francia che verrà. Difficile che una scampagnata possa far capovolgere i dubbi e dia quella speranza che i numeri, in Francia come altrove, dipingono scenari tutt’altro che rosei. 

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