Guerra in Siria, Putin sfida Obama sulla colpevolezza di Assad

ROMA – Dopo la pausa del voto della Camera dei Comuni inglese, che col proprio “no” aveva sancito una sorta di arresto all’imminente attacco, in Siria torna a salire la tensione. Il regime di Damasco si attende un attacco “in qualsiasi momento”.

E’ quanto divulgato dall’emittente panaraba “Al Arabya”, riportando fonti della sicurezza siriana. Attacchi che certamente non troveranno di sorpresa il regime di Damasco, che si è detta “pronta a rispondere” colpo su colpo. A dar man forte ad Assad nella difesa degli attacchi dei volenterosi sarà certamente l’Iran. Il saldo legame tra Teheran e Assad è stato ribadito quest’oggi da Alaeddin Boroujerdi, in una nota diffusa prima dell’arrivo in Siria del presidente della Commissione Sicurezza Nazionale e Politica Estera del parlamento iraniano. L’imminente attacco alla Siria è stata definita da Boroujerdi una “guerra psicologica e di segnale di stupidità” che riflette “la debolezza degli Usa” e che “incendierà” la regione e “l’entità sionista e l’Occidente” ne pagherà “per primo” le conseguenze. E’ di questo avviso anche uno dei principali antagonisti americani, il presidente venezuelano Nicolas Maduro, che ha sconsigliato vivamente l’intervento, pena la concreta possibilità di “infettare l’Europa con il terrorismo”.

Chi potrebbe essere la “soluzione politica” tanto decantata in questi giorni e senza dubbio Vladimir Putin. Il presidente russo però, il cui voto in seno al consiglio di sicurezza dell’Onu è determinante, dopo aver ribadito nei giorni scorsi che il tema siriano non è all’ordine del giorno del Cremlino e che la situazione potrebbe essere discussa soltanto in un apposito bilaterale, ha lanciato la sfida agli Stati Uniti. Definendo «insensate» le accuse contro Damasco il presidente russo ha polemicamente invitato “il premio Nobel per la pace Barack Obama” a pensare “alle future vittime in Siria”. Non solo. Probabilmente riferendosi a quanto dichiarato nella tarda serata di ieri dal segretario di Stato John Kerry, che aveva dichiarato che il regime di Assad sarebbe il mandante del devastante attacco chimico del 21 agosto, che ha ucciso almeno 1.429 persone (tra cui 429 bambini), Putin ha invitato l’America a presentare le prove in sede del consiglio di sicurezza. Probabile che il G20 russo, in programma la prossima settimana sia il momento giusto perchè si discuta del conflitto siriano. Determinante potrebbe essere l’approccio della cancelliera tedesca Angela Merkel, che non ha fatto mistero di sperare che Putin smussi il suo atteggiamento sul tema siriano.

Finchè questo disgelo tra Russia e Stati Uniti non avverrà, sancendo di fatto lo sblocco in seno al Palazzo di vetro di New York, l’Italia non si muoverà. E’ quanto professato dal ministro degli esteri Emma Bonino e ribadito oggi dal premier Enrico Letta. “Sono momenti difficili per la comunità internazionale. L’opinione pubblica italiana è stata drammaticamente turbata dalle immagini delle vittime dell’uso di armi chimiche. Dobbiamo fare di tutto perché non accada più. Il regime di Assad possiede arsenali di armi chimiche, il cui uso è un crimine contro l’umanità”. Questo il dato di partenza della riflessione del presidente del Consiglio Enrico Letta sulla crisi siriana, consegnata ad una nota di Palazzo Chigi. “Comprendiamo l’iniziativa di Stati Uniti e Francia – prosegue Letta – alla quale però, senza le Nazioni Unite, non possiamo partecipare. La settimana prossima a San Pietroburgo faremo di tutto perché si trovi una soluzione politica al dramma siriano, che ha già prodotto un numero intollerabile di vittime e di profughi. La rapida convocazione di Ginevra 2 è oramai ineludibile”.

Chi è di tutt’altro avviso è noto. La Francia, per bocca del sui presidente della Repubblia François Hollande, ha riferito di esser pronta. “Ci sono pochi Paesi che hanno la capacità di infliggere una sanzione con i modi appropriati. Noi siamo pronti”, ha affermato. Chi vorrebbe un attacco in grande stile e non un attacco limitato a mo di punizione, come trapelato nei giorni scorsi dall’amministrazione Obama, è il primo ministro turco Recep Tayyp Erdogan, che nella tarda serata di ieri si era detto insoddisfatto da un’eventuale azione militare limitata contro la Siria, ritenendo che qualunque intervento avrebbe dovuto avere come obiettivo un cambiamento di regime nel Paese. «Una operazione limitata non ci può soddisfare – ha detto il premier citato dalla televisione Ntv – Un intervento va fatto come fu fatto in Kosovo. Non basta un intervento di uno o due giorni. L’obiettivo è costringere il regime a lasciare».

Non è di questa opinione Obama, che nella sua conferenza stampa rilasciata dal giardino delle rose della Casa Bianca si è detto si pronto all’attacco, ma in tempi non certi e solo per dare una punizione ad Assad. Non destituirlo. Prima di ogni attacco, comunque, Obama chiederà il voto al Congresso, che non avverrà prima del 9 settembre, giornata in cui è prevista la ripresa delle attività. Non è chiaro se un diniego pregiudichi l’operazione. Quel che è certo è che è quello che il popolo americano chiede al Presidente. Secondo un sondaggio lanciato dalla Cnn l’opinione pubblica è esattamente divisa tra gli interventisti e i non interventisti. Mentre il 75% degli americani reputa necessaria l’approvazione del congresso.

Solo ieri Obama aveva annunciato che «una decisione finale» non era avvenuta. Nessun dubbio invece sulla sua determinazione. L’uso di armi chimiche è «una sfida al mondo» e «una minaccia ad alleati degli Usa come Israele, Turchia e Giordania», «una minaccia agli interessi della sicurezza nazionale americana». Negli Stati Uniti, dopo i leader della Camera dei rappresentanti, anche i senatori oggi saranno informati dalla Casa Bianca sulla crisi.

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