Pirateria: un’intera famiglia danese è caduta nelle mani pirati somali

ROMA – Ancora pirati in azione nel mare del Corno D’Africa e Oceano Indiano.

Una famiglia danese è caduta ostaggio nelle mani dei pirati somali che hanno catturato lo yacht di 43 metri su cui essi viaggiavano. A bordo del veliero battente bandiera danese vi erano sette persone fra cui tre adolescenti.  Si tratta dei coniugi Johansen, Quist e Birgit Marie e dei loro tre figli, Rune, Hjalte e Naja, rispettivamente di 17, 15 e 13 anni. Con loro anche due marinai. In tutto sono sette persone. Del sequestro se ne è saputo solo ieri, ma di fatto la nave è stata catturata nell’Oceano Indiano lo scorso 24 febbraio. Gli ostaggi sono tutti di nazionalità danese. La cosa che angoscia ancora di più, e che riguarda questo nuovo sequestro da parte dei pirati somali, è il fatto che sono caduti nelle loro mani ancora dei minori, i tre figli dei coniugi Johansen.

Finora nelle mani dei pirati somali sono tenuti in ostaggio almeno altri cinque minori. Adolescenti catturati a bordo di pescherecci egiziani su cui erano mozzi. In alcuni casi la loro prigionia risale anche al dicembre del 2008. Quello che ancor di più angoscia è il fatto che nessuna voce si è alzata a pretendere la loro liberazione, nemmeno quella delle organizzazioni elette a difesa dei diritti dei minori. In merito al nuovo episodio nella sua odierna edizione on line il giornale danese ‘Ekstra Bladet’ rivela dalle sue pagine web che si tratta della famiglia Johansen di Copenaghen e che stava compiendo il giro del mondo in barca a vela dal 2009. Dopo aver toccato il Sud America, i Caraibi, le Figi, la Thailandia e le Maldive la nave era ora diretta verso l’Africa orientale. Il giornale danese in merito alla questione ha anche intervistato Lars Bangert Stuwe, ricercatore universitario danese ed esperto di strategia anti pirateria marittima.

L’esperto nel ribadire che i pirati somali sono dei criminali ha anche affermato che a loro interessa soprattutto il guadagno e che quindi hanno tutto l’interesse a prendersi cura degli ostaggi. Pertanto, Stuwe ha ribadito il concetto che occorre solo attendere il prossimo passo dei predoni del mare che hanno in ostaggio nave e persone. Di certo si faranno vivi per chiederne in cambio del rilascio un riscatto. Stuwe ha anche sottolineato che di certo ci vorrà del tempo per arrivare alla conclusione del sequestro invitando tutti ad avere pazienza. Non è la prima volta che un’intera famiglia cade nelle mani dei predoni del mare somali. La stessa esperienza era toccata anche ai coniugi inglesi Paul e Rachel Chandler che vennero catturati  il 23 ottobre del 2009 mentre erano in navigazione dalle Seychelles alla Tanzania a bordo del loro veliero ‘Lynn Rival’.

I due vennero rilasciati lo scorso novembre dopo oltre un anno e dietro il pagamento di un forte riscatto. Allora si parlò di oltre 800mila dollari pagati in due trance. Però, questo nuovo episodio legato alla pirateria marittima  segue di pochi giorni anche un altro che non ha avuto però, lo stesso esito positivo. Il riferimento è allo yacht americano, S/v Quest, catturato al largo dell’Oman dai pirati somali e il cui sequestro si è concluso in maniera tragica. Jean e Scott Adam e i loro due compagni di viaggio, Phyllis Macay e Robert Riggle, sono morti uccisi in circostanze non ancora del tutto chiare. I 4 statunitensi sono morti nel corso di un blitz dei corpi speciali USA intervenuti per cercare di strappare gli ostaggi dalle mani della gang del mare che li aveva catturati.

I militari USA dicono di essere intervenuti solo dopo aver sentito degli spari provenire dalla nave sequestrata e che quindi i quattro ostaggi sarebbero stati uccisi dai pirati. I pirati invece, affermano che gli ostaggi sono morti colpiti nel corso dello scontro a fuoco scatenato dal blitz dei militari USA. A pesare su questo tragico evento vi è però, la promessa fatta dai predoni del mare nel corso del sequestro della nave portacontainer  Maersk Alabama. Un sequestro che avvenne nell’aprile 2009, negli stessi giorni in cui veniva catturato anche il rimorchiatore italiano Buccaneer, e che si concluse con un blitz dei militari USA che uccisero tre dei sequestratori e ne catturarono un quarto. Allora i pirati somali promisero che si sarebbero vendicati se altri americani fossero caduti nelle loro mani. I pirati somali hanno finora incassato milioni di dollari e catturato centinaia di navi mercantili arrembate mentre erano in navigazione nel mare del Corno d’Africa e Oceano Indiano. Tra le ultime navi catturare anche una superpetroliera italiana la, Savina Caylyn, con a bordo 22 marinai tra cui cinque italiani, catturata all’alba dell’8 febbraio scorso. Sulla vicenda il governo italiano ha imposto il silenzio stampa come fece per il rimorchiatore Buccaneer.  Per cui sulla vicenda è calato un silenzio assordante che non giova di certo agli ostaggi in quanto ai pirati somali ‘piace’ che si parli di loro. Evidentemente la ‘lezione’ Buccaneer non è servita alla Farnesina per la cui soluzione ha ‘sborsato’ 4 milioni di dollari. Circostanza questa però, sempre negata e che invece, ha fatto si che l’Italia fosse l’unico Paese al mondo ad non aver pagato un riscatto ai pirati somali per riottenere indietro nave e uomini tenuti in ostaggio.

Dopo la morte dei quattro americani, ostaggi dai pirati somali, crescono i timori per la sorte di tutti gli altri ostaggi in mano ai predoni del mare. Proprio oggi è giunta nel mare dei pirati la Fregata Espero della Marina Militare italiana. La nave da guerra avvicenderà la Fregata Zeffiro nell’ambito della missione europea di contrasto alla pirateria marittima ‘Atalanta’. La nave Zeffiro ha terminato la sua missione di tre mesi nelle acque dell’Oceano Indiano e ora rientrerà in patria. Il costo di ogni missione per l’Italia è di circa 9 milioni di euro ogni tre mesi, pari ad un costo giornaliero di circa 100mila euro. La stessa missione Ue Atalanta ha complessivamente un costo di circa 2 milioni di euro al giorno pari a 720milioni all’anno.

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