Sud Sudan. Fallito il tentato golpe

JUBA – Le autorità del Sud Sudan hanno eseguito diversi arresti e hanno imposto il coprifuoco nella capitale Juba «fino a nuovo ordine», dopo il tentato golpe della scorsa notte. Tra gli arrestati figurano anche quattro ministri rimossi dal loro incarico lo scorso luglio, stando a quanto riportato dall’emittente indipendente Radio-Tamazuj, mentre non si hanno notizie sulla sorte di Riek Machar, accusato dal presidente Salva Kiir del golpe. 

Gli scontri scoppiati la scorsa notte in due caserme e proseguiti nella mattinata di oggi avrebbero causato almeno sette morti e oltre 100 feriti, stando a quanto riferito da Radio-Miraya, gestita dalle Nazioni Unite. «È stato un tentato colpo di Stato», ha detto il presidente alla stampa, rassicurando sul fatto che «il governo ha il pieno controllo della situazione di sicurezza nella capitale Juba».  Le autorità hanno imposto il coprifuoco dalle 18 alle 6 «fino a nuovo ordine» nella capitale, dove è ancora fuori uso la rete di telefonia mobile. 

 

Kiir ha puntato apertamente il dito contro Machar: «Questo profeta di sventura persiste a portare avanti le azioni del passato. Il mio governo non permetterà che si ripetano gli eventi del 1991». Kiir ha fatto riferimento a quando l’ex vicepresidente fu protagonista di una scissione all’interno della rivolta del sud del paese contro Khartoum, dando vita a un movimento alleato al governo sudanese. Machar tornò nelle file dei rivoltosi del sud all’inizio del 2000.

 

Il tentato golpe di oggi è frutto di mesi di tensioni politiche, dopo la sospensione di tutti i ministri e di Machar decisa lo scorso luglio dal capo dello Stato. Tensioni che alimentano il timore di un ritorno alle divisioni della guerra civile, tra i sostenitori di Kiir, dell’etnia Dinka, e quelli di Machar, di etnia Nuer. L’ex vicepresidente ha annunciato nelle scorse settimane l’intenzione di candidarsi alle presidenziali del 2015, accusando Kiir di essere «dittatoriale».

 

Centinaia di sfollati

Intanto centinaia di persone terrorizzate, soprattutto donne e bambini, hanno cercato rifugio nel compound delle Nazioni Unite, nei pressi dell’aeroporto di Juba, capitale del neonato Stato del Sud Sudan. Molta altra gente si è chiusa invece in casa, dopo gli scontri a fuoco e le forti esplosioni avvenute nella notte nei pressi di due caserme militari della città, violenze tese a – secondo quanto riferito dal presidente Salva Kiir – rovesciare il governo nel paese, indipendente dal Sudan dal luglio 2011.

 

Alle prime ore di oggi la calma è tornata a Juba, ma la presenza di truppe armate per le strade resta forte. Secondo Radio Miraya, sostenute dall’Onu, quattro bambini sono stati feriti, due in modo grave.  Le ambasciate di Stati Uniti e Gran Bretagna a Juba hanno consigliato ai connazionali di evitare spostamenti non necessari. L’aeroporto di Juba resta chiuso, come i confini con i vicini Uganda e Kenya. Altre persone in fuga dopo i combattimenti, hanno chiesto rifugio in un’abitazione delle Nazioni Unite. «Speriamo che la situzione a Juba torni presto alla normalità per permettere ai residenti di tornare nelle loro case», ha auspicato Unmiss (la missione Onu in Sud Sudan), invitando tutte le parti alla calma e alla moderazione.

 

Un residente, che abita vicino alle caserme delle guardie presidenziali prese di mira, ha raccontato alla Bbc che molte persone hanno chiesto aiuto anche a una chiesa cattolica lì vicino. Sia l’ambasciata americana che britannica hanno smentito invece di dare ospitalità a esponenti politici o militari. 

La lotta per il potere vede coinvolto il presidente Salva Kiir, appartenente alla comunità dei Dinka, la più grande del Sud Sudan, e l’ex vice-presidente destituito a luglio, Riek Machar, che fa parte dei Nuer, la seconda più grande comunità, e che ha annunciato di candidarsi alle elezioni presidenziali del 2015. «È stato un tentato colpo di Stato», ha dichiarato Kiir, che si è presentato in uniforme in conferenza stampa, aggiungendo che «il governo ha il pieno controllo della situazione di sicurezza nella capitale Juba» e che «gli aggressori sono fuggiti e le nostre forze stanno dando loro la caccia».

 

Dichiarato il corpifuoco

 

Il presidente ha dichiarato inoltre il coprifuoco dalle 18 di oggi fino alle 6 di domani, misura che resterà in vigore fino a nuova comunicazione.  Le violenze sono iniziate dopo che un gruppo di persone in divisa ha aperto il fuoco a un incontro del partito al potere in Sud Sudan, il Sudan Peoples Liberation Movement (SPLM), seguito da un attacco ai quartieri generali dell’esercito vicino all’Università. Un attacco compiuto da «un gruppo di soldati alleati con l’ex vice-presidente Macher e il suo gruppo», ha denunciato Kiir.

Condividi sui social

Articoli correlati