Repubblica Centrafricana ancora nel caos

ROMA – Il presidente ad interim Michel Djotodia è finito nell’occhio del ciclone per i continui fallimenti nel cercare di contenere la crisi insorta tra cristiani e la minoranza islamica del suo paese. Proprio oggi per la situazione che sta affliggendo il paese africano, si è aperto un summit straordinario della Comunità Economica degli Stati dell’Africa Centrale, nel vicino Ciad.

In merito alla questione della Repubblica Centrafricana e del suo presidente, spende non poche parole il segretario generale della Comunità Economica Ahmat Allami, il quale ha affermato che i vari partecipanti al summit esprimeranno il proprio giudizio negativo nei confronti del governo transitorio presieduto da Djotodia. Dure le affermazioni del segretario: “Se non sei in grado di governare, se sei incapace di gestire la situazione, devi lasciare il posto a qualcuno che sappia svolgere un lavoro migliore”. Non solo, addirittura la CEEAC potrebbe cessare di supportare il suo governo. Comunque per il momento, aggiunge Allami, “un cambio di regime non è tra gli obiettivi del summit”. L’inviato di Al Jazeera a Bangui, Barnaby Phillips, conferma chiaramente quanto detto da Allami, ossia: “Djotodia è ritenuto essere dalla stragrande maggioranza dei leader regionali del paese uno dei problemi della repubblica o quantomeno non risulta essere la soluzione ad essi. Non solo. I francesi lo vogliono lontano dal governo; e il loro pensiero influisce pesantemente sulle sorti del paese”. Difatti ciò che influisce di più sulla crisi della Repubblica Centrafricana è la mancanza di un solido governo e di chi lo dovrebbe guidare che, alla fine dei conti, rappresenta solo una minima parte della nazione. David Smith, direttore del gruppo mediatico Okapi Consulting, stazionato a Johannesburg, precisa che “Djotodia è il presidente ad interim, ma non è il presidente di un paese, è solo il presidente di una piccola parte di Bangui che non va al di là della zona militare in cui vive.

Al di fuori di essa è una terra di nessuno.” Chi può veramente influire sul futuro del presidente, precisa Smith, è il leader del Ciad Idriss Deby. Questo perché il Ciad sta inviando nella Repubblica Centrafricana il maggior numero di contingenti tra le forze dell’Unione Africana e perché, vista la sua notevole influenza tra i leaders delle regioni dell’Africa centrale, potrebbe convincere i leader regionali a tenere le Nazioni Unite a debita distanza e a non permettergli di prendere il comando delle operazioni di peacekeeping. Quel che è certo, però, è che le pressioni dell’Onu si faranno sempre più forti, anche per le cifre allarmanti che ogni giorno vengono rilasciate dalle varie fonti ufficiali. Jeffrey Feltman, capo del Dipartimento per gli Affari Politici dell’Onu, ha parlato di 2.2 milioni di persone, circa la metà della popolazione, bisognose di assistenza. Nella sola Bangui, 513mila persone sono state costrette ad abbandonare le loro case. Di queste, 100mila sono riuscite a trovare assistenza presso un rifugio di fortuna allestito nell’aeroporto nei pressi della città. “Le uccisioni a Bangui e nel resto del paese – continua Feltman – continuano di giorno in giorno e la popolazione continua ad essere divisa dalle diverse appartenenze religiose.” Anche l’Unione Europea sarebbe in procinto di inviare supporto alle 1600 truppe francesi già presenti nel paese centro africano. Il numero ufficiale delle truppe pronte ad essere inviate varia tra le 700 e le 1000 unità. I diplomatici dell’Unione discuteranno le proposte di intervento nella giornata di domani, anche se le varie opzioni di intervento militare erano contenute su di un fascicolo fatto circolare già ieri da Catherine Ashton, rappresentante per gli affari esteri dell’Ue.

Condividi sui social

Articoli correlati