Ucraina. Occidente contro referendum, Obama con Kiev, Russia verso sanzioni

Deputato russo ammette presenza forze militari in Crimea

ROMA – Ieri Washington ha espresso il suo sostegno al governo di Kiev da molti fronti. Al Dipartimento di Stato, dove il segretario di Stato John Kerry ha accolto il premier ad interim ucraino Arseniy Yatsenyuk, poco dopo aver annunciato il suo viaggio di venerdì a Londra per incontrare il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov. 

Alla Casa Bianca, dove Yatsenyuk ha poi avuto un faccia a faccia con il presidente Barack Obama, il quale ha confermato il suo più totale appoggio Kiev. A Capitol Hill, dove in serata la commissione per le relazioni estere del Senato ha ascoltato le esortazioni di Obama e ha approvato il pacchetto di aiuti all’Ucraina, un primo passo verso il nulla osta da parte di tutta l’Aula.  All’Atlantic Council, una think-tank che si occupa di affari internazionali, dove Yatsenyuk ha tenuto un discorso davanti a un pubblico di alti funzionari della diplomazia internazionale, tra cui almeno 15 ambasciatori europei. Oggi sarà invece la volta di New York, dove Yatsenyuk si trova per parlare al Consiglio di Sicurezza dell’Onu. 

«Siamo pronti per elezioni libere e giuste il 25 maggio, ma alcuni cercheranno di minarle», ha detto Yatsenyuk all’Atlantic Council, ribadendo l’illegittimità del precedente governo. Il premier ha inoltre spiegato che gli aiuti che potrebbe erogare il Fondo Monetario Internazionale «non sono una caramella dolce», riferendosi al fatto che Kiev deve accettare condizioni stringenti per poterli ricevere. Condizioni che in passato precedenti governi avevano fallito di soddisfare, mandando in fumo gli accordi con l’istituto di Washington. 

Yatsenyuk, 39 anni, è secondo l’analisi del New York Times «la persona giusta al momento giusto». Quando prendeva parte alle manifestazioni in piazza dell’ Indipendenza a Kiev «non era nei suoi panni». Il nuovo premier «sembra più a casa nelle sale riunioni e nei corridoi del potere, piuttosto che sulle barricate», insiste il Times. Nell’ambito dei discorsi pubblici, ha detto un imprenditore ucraino al quotidiano, «ha dimostrato mente acuta, grande conoscenza dei processi economici, consapevolezza, capacità di passare facilmente dall’ucraino al russo all’inglese, rispondendo prontamente».

Occidente contro il referendum

Intanto i Paesi occidentali stanno valutando la possibilità di presentare in Consiglio di Sicurezza una risoluzione contro il referendum di annessione alla Russia previsto domenica in Crimea, nonostante il quasi certo veto di Mosca.  Il documento ribadirebbe la necessità di rispettare la sovranità e l’integrità territoriale dell’Ucraina, sottolineando come il referendum violi la Costituzione ucraina: la risoluzione verrebbe redatta in termini moderati in modo da ottener il sostegno cinese, o quanto meno un’astensione da parte di Pechino che metterebbe la Russia in una posizione di isolamento.

Nel corso delle cinque riunioni del Consiglio di Sicurezza dedicate alla crisi Ucraina la Cina ha infatti ribadito il sostegno ai principi dell’integrità territoriale e alla non ingerenza negli affari interni, senza tuttavia mai criticare direttamente la Russia; nel 2008, quando il Consiglio di pronunciò sulla crisi fra Russia e Georgia, la Cina si astenne.

Militari russi in Crimea

Mentre la diplomazia sta compiendo enormi sforzi per evitare il peggio arriva una rivelazione importante. Leonid Slutski, responsabile della commissione per le relazioni con le ex Repubbliche sovietiche della Duma russa,  ha ammesso infatti la presenza di truppe russe in Crimea. Un particolare che lo stesso Cremlino aveva sempre smentito. «Vi sono alcune unità militari ad occupare delle posizioni nel caso di un’aggressione armata da parte di Kiev, non si tratta di un’operazione in grande stile» ha spiegato il deputato, intervistato dall’emittente radiofonica Eco di Mosca.   Slutski non ha tuttavia mai specificato esplicitamente che le forze in questione appartengono all’esercito russo, ma la domanda riguardava operazioni delle unità russe.

La Russia si attende sanzioni stile Iran

La leadership politica russa non ha un’unica posizione sulla situazione in Crimea e in molti sperano che il presidente Vladimir Putin assuma un approccio meno aggressivo, auspicando di evitare le minacciate sanzioni da parte dell’Occidente che rischiano di distruggere i risultati economici raggiunti dal

Paese negli ultimi 10 anni.  A quanto riporta l’agenzia Bloomberg, governo, businessman e compagnie di Stato russi si stanno preparando a uno scenario «in stile iraniano», che potrebbe seguire quella che ormai pare la certa annessione della Crimea alla Federazione, dopo il referendum di domenica.

Come riferiscono all’agenzia quattro fonti, «a conoscenza dei preparativi», l’ipotesi peggiore ma poco probabile prevede, tra le altre cose, il congelamento delle riserve internazionali russe e la sospensioni dei prestiti alle compagnie della Federazione. A detta delle fonti, le autorità russe stanno calcolando quali sarebbero i costi per l’economia nazionale.  Alcuni politici, riferisce Bloomberg, sperano in un atteggiamento più moderato di Putin rispetto alla crisi. A loro dire, una guerra di sanzioni, con la Russia che si rivarrà sull’Occidente, potrebbe spazzare via i risultati finanziari raggiunti dal Paese in 10 anni. Una tale escalation, fa notare un’altra fonte, potrebbe far perdere al rublo più di un terzo del suo valore.  Stando ad alcuni funzionari che partecipano ai colloqui in corso, il mondo del business russo non è ancora troppo preoccupato delle possibili sanzioni: Ue, Ucraina e Russia sono economicamente dipendenti le une dalle altre. Il governo, inoltre, starebbe valutando la possibilità di aumentare il

sostegno diretto alle imprese con prestiti garantiti, in modo da ridurre il potenziale danno derivato dalle sanzioni.  Il portavoce del Cremlino, Dmitri Peskov, ha rifiutato di commentate la situazione. 

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