Ucraina. Stravince il sì all’indipendenza dell’est del paese

ROMA – Ieri mattina si erano aperti i seggi nelle due regioni di Donetsk’ e Lugansk dell’est Ucraina, per il referendum voluto dai separatisti filorussi per l’indipendenza da Kiev di queste aree. Le urne sono rimaste aperte fino alle 22.00 di ieri sera ore locali.

Erano sette milioni i cittadini chiamati al voto, per la maggior parte favorevoli all’indipendenza. Oggi è chiaro il risultato. Il referendum separatista organizzato nelle regioni orientali dell’Ucraina, secondo i ribelli è stato un plebiscito a favore dell’indipendenza e si è svolto nonostante i ripetuti richiami del presidente Vladimir Putin e la richiesta di sospenderlo. Molte però sono le accuse e i sospetti. Nell’ormai auto poclamata Repubblica di Donetsk 2,6 milioni di schede, infatti, sono state scrutinate in meno di due ore. Una velocità che fa crescere dubbi sulla regolarità delle operazioni. Certamente è un record rispetto ad altri referendum che si sono svolti in altri paesi, come in Austria o in Svizzera. Il risultato è evidente: larghissima è stata la maggioranza di “sì” alla secessione: a Donetsk, infatti, ha votato per l’indipendenza l’89,7 per cento della popolazione e solo uno 0,74 per cento delle schede è risultato nullo. Nel distretto di Lugansk invece il sì ha ottenuto addirittura il 95,98 per cento dei voti. Ancora però non c’è stata alcuna esplosione pubblica di gioia o di trionfo, come era successo in Crimea, anche se nel pomeriggio sono annunciate delle manifestazioni. Ma le accuse non si fermano qui. Secondo la stampa locale un gruppo di ribelli filorussi è stato fermato con oltre 100mila schede elettorali sulle quali era già stato espresso il voto a favore dell’indipendenza. Un risultato positivo dunque per i filorussi ma anche un risultato che per l’Occidente è «illegale», come ha ribadito anche la portavoce del capo della diplomazia europea Catherine Ashton; il presidente francese Francois Hollande lo ha invece bollato come «nullo e non valido» e che gli Usa hanno condannato fin dalla vigilia con parole durissime. Ma soprattutto un voto che per Kiev è una «farsa criminale ispirata, organizzata e finanziata dal Cremlino», come ha denunciato il ministero degli esteri. Singoli episodi di irregolarità sono stati segnalati da alcuni dei 500 giornalisti stranieri presenti nell’area, come il voto multiplo in più seggi o con il passaporto di altre persone, oppure pacchi di schede già votate. E ancora peggio episodi di violenza come quelli avvenuti tra le barricate di Sloviansk, roccaforte della rivolta circondata dall’esercito e nelle cui vicinanze si sono udite numerose e forti detonazioni nella mattinata e in serata di ieri. A Krasnoarmeisk è stato ucciso anche un civile. Invece a Svatove, cittadina di 20 mila abitanti nella regione di Lugansk, a 50 km dal confine russo, il sindaco Ievgheni Ribalko si è invece coraggiosamente rifiutato di organizzare la consultazione dicendo per due volte «niet» ad alcune decine di uomini armati che avevano tentato di convincerlo del contrario. «Il mio dovere è di fare rispettare la legge ucraina. La popolazione deve esprimere la sua opinione in un quadro legale. Non è il caso di questo referendum», ha spiegato, forte del sostegno dei suoi cittadini. Ma Per Kiev e l’Occidente, che minaccia Mosca di nuove sanzioni, l’unico voto che conta è quello delle prossime presidenziali del 25 maggio, dopo le quali il vincitore dovrà convocare anche nuove elezioni legislative, come ha annunciato il candidato favorito: un altro oligarca, Petro Poroshenko.

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