Iraq è guerra. Il governo chiede l’intervento degli Usa

JEDDA – In Iraq la situazione sta precipitando di ora in ora. Oggi i militanti jihadisti hanno preso possesso di tre villaggi nel nord dell’Iraq, al termine di combattimenti con le forze di sicurezza e i residenti costati la vita ad almeno venti civili.  Secondo fonti locali, i tre villaggi in questione sono Albu Hassan, Birwajli e Bastamli, nella provincia di Salaheddin.

Nel frattempo il ministro iracheno  Hoshyar Zebari, ha chiesto ufficialmente agli Stati Uniti di compiere dei raid aerei contro i fondamentalisti sunniti dell’Isil (Stato Islamico dell’Iraq e del Levante), autori di una rapidissima offensiva nel paese mediorientale. «L’Iraq ha chiesto ufficialmente aiuto a Washington in virtù dell’accordo di sicurezza (con gli Stati Uniti) per compiere dei raid aerei contro i gruppi terroristici» dell’Isil, ha dichiarato Zebari parlando con i giornalisti a Jedda, in Arabia Saudita.

Secondo fonti citate dal Wall Street Journal, il presidente degli Stati Uniti Barack Obama ha escluso, almeno per ora, dei raid aerei americani in Iraq. Per contrastare l’avanzata dei ribelli sunniti dell’Isil (o Isis), gli Usa – secondo la fonte – preferiscono un approccio strategico, fatto di assistenza dell’intelligence ai militari iracheni, ricerca del sostegno degli alleati regionali e gestione politica delle divisioni politiche.  Secondo il capo di Stato maggiore Usa, Martin Dempsey, a Nuri Al Maliki è del premier iracheno la «colpa» della rivolta sunnita che sta insanguinando il Paese. Parlando al Senato, Dempsey ha rilevato che gli Usa ora possono «fare poco per colmare il vuoto in cui il governo ha fatto precipitare il suo popolo». Il capo di Stato maggiore ha confermato che l’Iraq ha chiesto agli Usa di bombardare posizioni dell’Isil, ma si è mostrato cauto a causa delle difficoltà che ci sarebbero nell’individuare chiaramente gli obiettivi di eventuali raid.

In 40mila senza cure mediche

Intanto in seguito ai gravi danni subiti dall`ospedale di Medici senza frontiere (Msf) a Tikrit durante il bombardamento della città il 13 giugno l’Ong umanitaria ha lanciato un appello a tutte le parti in conflitto perché rispettino immediatamente lo staff e le strutture sanitarie e risparmino le vite dei civili. I danni alla struttura impediranno di fornire cure mediche a circa 40.000 persone sfollate per il recente acuirsi del conflitto in Iraq. «Attacchi diretti o indiretti alle strutture e allo staff medico compromettono gravemente la possibilità di fornire aiuti medici essenziali» dichiara il capo missione di Msf in Iraq, l`italiano Fabio Forgione. «Questi attacchi ci impediscono di raggiungere i pazienti e mettono in grave pericolo i pazienti stessi e il nostro staff». Mentre la recente ondata di violenza peggiora di giorno in giorno, la situazione umanitaria in Iraq è estremamente preoccupante, soprattutto a Mosul, nel nord-est del paese, e nel governatorato di al-Anbar, nell’area occidentale.   MSF sta anche programmando di aprire una clinica a Kirkuk e rafforzerà le proprie équipe chirurgiche a Tikrit e Hawijah. Se verranno garantite le condizioni di sicurezza, MSF continuerà a distribuire kit di primo soccorso alle persone sfollate più vulnerabili nelle aree in cui l`organizzazione è presente.

 Da aprile, le équipe di MSF stanno fornendo assistenza alle persone sfollate a Tikrit, fuggite da Falluja negli ultimi mesi. Nelle ultime settimane MSF ha fornito kit di prima assistenza, come kit igienici e coperte, a 3.000 famiglie.

Nonostante il conflitto in corso in Iraq, che ha reso molto difficile il lavoro delle organizzazioni umanitarie nel paese, MSF si sta sforzando di fornire cure mediche agli iracheni. MSF ha lavorato ininterrottamente in Iraq dal 2006. Per garantire la propria indipendenza, MSF non accetta fondi da nessun governo, gruppo religioso o agenzia internazionale per i suoi programmi in Iraq e si affida solo alle donazioni private da tutto il mondo per portare avanti il proprio lavoro. In Iraq, MSF è presente con uno staff di oltre 300 operatori.

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