Somalia: a causa della guerra è catastrofe umanitaria

MOGADISCIO – Una delle più importanti emergenze del momento è quella della popolazione civile in fuga dal dramma della guerra civile in corso in Somalia.

Sospesa tra guerra santa, conflitto civile, battaglia tribale e insurrezione patriottica, la Somalia è sconvolta dal compimento della più temuta catastrofe umanitaria del mondo. Per l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati, Unhcr, in Somalia, il collasso dello stato, la spirale di violenza e l’anarchia, sommate alla povertà e siccità, hanno infatti, condotto il Paese ad una delle peggiori crisi umanitarie al mondo e a una sofferenze inaccettabili per la popolazione civile. Dopo l’Afghanistan e l’Iraq, la Somalia è il Paese che genera il più alto numero di profughi al mondo. Quella dei profughi nel Paese del Corno D’Africa è una situazione che l’Unhcr sta monitorando da anni. Secondo l’agenzia ONU la situazione è particolarmente delicata nelle regioni meridionali e centrali del Paese africano. In queste aree sono in corso continui combattimenti tra governativi e miliziani islamici. Le città coinvolte sono: Doolow, Bulo Hawo, Luuq, Elwaaq, Dhoobley, Diif e Taabdo. Un conflitto che sta avendo effetti devastanti sulla popolazione civile costringendo un numero sempre maggiore di persone alla fuga. Nel Paese del Corno d’Africa la gente è alla fame e allo stremo. Donne, bambini e vecchi scappano con tutti i mezzi possibili, anche a piedi. Un intero popolo è in fuga dal Paese, ma soprattutto dalla capitale Mogadiscio divenuta ormai un campo di battaglia. Una città devastata da un conflitto e che attende solo che si compia l’ultimo atto del suo destino.

 

La popolazione civile cerca rifugio nelle tendopoli sperando nell’aiuto della Comunità internazionale. In molti però, non avendo i mezzi per lasciare Mogadiscio, sono rimasti intrappolati nella capitale somala. Questa gente, che è quello che resta della popolazione che un tempo popolava la capitale somala, trascorre le giornate all’interno delle buche scavate sotto il pavimento delle case per cercare riparo dai proiettili di mortaio o di artiglieria che cadono impietosi sulle abitazioni, sparati dall’una e dall’altra parte. Purtroppo i convogli umanitari non riescono a raggiungere le popolazioni civili. Molti sono assaltati dagli insorti che li rapinano per barattare cibo con armi. Oppure i governativi li bloccano per impedire i rifornimenti di cibo agli insorti. Gli stessi fuggitivi li assaltano per una manciata di riso. In queste condizioni purtroppo la distribuzione di aiuti umanitari è diventata rara. Finché gli scontri proseguiranno, nessuno sarà in grado di avere accesso e dare assistenza a queste persone e ciò le rende estremamente vulnerabili. Essi infatti, per sopravvivere sono costretti ad uscire di casa, in cerca di acqua e di cibo. Chi lo fa corre ricurvo tra auto bruciate e muri crollati e lo fa a suo rischio e pericolo. Sono centinaia i morti e i feriti colpiti da proiettili vaganti, schegge e mine. I morti e i feriti vengono lasciati lì dove cadono. Centinaia le donne stuprate, anche davanti ai loro parenti. Da gennaio a marzo di quest’anno sono aumentati di altre 33mila unità i profughi in Somalia. Secondo una recente stima il numero totale dei profughi e sfollati nel Paese africano è di quasi 2 milioni di persone. Si tratta di civili che sono stati costretti a lasciare le proprie case a causa dei combattimenti tra le forze del Governo federale di transizione, Tfg, e i miliziani islamici filo al Qaeda degli al Shabaab. Almeno la metà degli ultimi 33mila sfollati somali provengono dalla capitale  Mogadiscio, una città da cui finora sono scappate oltre 372mila persone a causa  delle furiose battaglie che vi imperversano. Solo il 60 per cento del territorio di Mogadiscio è sotto il controllo del governo di transizione somalo il resto è in mano ai miliziani islamici.

 

A causa dell’insicurezza crescente a Mogadiscio fuggirne diventa sempre più pericoloso e molti abitanti sono costretti a rimanervi rinchiusi nelle loro abitazioni ‘ostaggi’ della guerra. Molte delle persone in fuga dalla capitale somala hanno creato una nuova Mogadiscio ad ovest della vecchia. Si tratta di un’area conosciuta come il corridoio di Afgooye dove negli ultimi tre anni oltre 400mila persone hanno creato un nuovo insediamento abitativo, il terzo per densità di popolazione in tutta la Somalia. Di fatto si tratta di un enorme accampamento formata da una giungla di tende costruite con la plastica all’interno delle quali vivono migliaia di persone. Rifugi precari che hanno ormai sostituito le normali abitazioni in pietra. Una parte della popolazione somala in fuga si è invece, riversata nei campi per sfollati interni nelle regioni del Basso e Medio Shabelle, nella Somalia centro-meridionale, e nelle regioni di Hiraan, Galgaduud e Mudug, nel centro del Paese africano. Gran parte dei somali che hanno cambiato il loro status in profughi invece, cercano rifugio nel confinante Kenya. Il Paese africano ospita oltre la metà dei 680mila somali fuggiti dal proprio Paese per cercare di sfuggire al  dramma della guerra e rifugio nei Paesi confinanti. Nel Paese africano sono stati allestiti diversi campi per i profughi somali come il complesso di Dadaab composto da tre grossi campi. Si tratta di uno dei campi profughi più vecchi, più vasti e congestionati del Paese africano dove ogni mese i rifugiati continuano ad arrivare in migliaia e il cui numero è cresciuto progressivamente proprio negli ultimi tre mesi. Oltre 31mila dall’inizio dell’anno.

 

A chi raggiunge questi campi viene dato un kit che contiene teli di plastica per alloggi temporanei, coperte, materassi, utensili per cucinare e sapone. Molti altri però, sono invece, in una situazione disperata, senza assistenza umanitaria e le condizioni di salute di molti di loro sono precarie. Di fatto questi somali sono abbandonati a se stessi. A pagare di più in questa crisi umanitaria sono i bambini. Nel Paese del Corno d’Africa la popolazione infantile a rischio supera le 200mila unità. La gran parte soffre di malnutrizione e malattie come diarrea acuta,. Stime fatte dagli operatori umanitari presenti sul posto orientano a pensare che siano circa 60mila i bambini gravemente malnutriti e a rischio di morte. Un tragico destino contro cui purtroppo, a nulla servono gli appelli che continuamente l’Unhcr lancia a tutti i gruppi armati attivi in Somalia. Un appello  a tenere fuori gli scontri fuori dalle aree abitate dalla popolazione civile in modo da  garantire che la loro incolumità non sia messa a rischio. Anche se il Kenya sostiene il peso maggiore di questa fuga di massa dalla Somalia in molti si sono rifugiati anche in Etiopia. In questo Paese il principale campo, quello di Bokolmanyo, nel sud-est dell’Etiopia, allestito all’inizio del 2009, ha ormai abbondantemente raggiunto la sua massima capacità  che era di 22mila posti. La fuga è però, diretta anche verso altri  Paesi quali Gibuti e Yemen. Purtroppo sempre più spesso la strada scelta per lasciare il Paese africano è quella via mare verso questi ultimi due Paesi.

 

Ma in centinaia ogni mese perdono la vita in questo esodo. In molti si affidano a scafisti senza scrupoli, in migliaia rischiano la vita affrontando la pericolosa traversata del Golfo di Aden e del Mar Rosso per raggiungere lo Yemen o per arrivare in Europa attraverso il Mediterraneo. Ed è qui che si consuma un altro dramma. Questo nella totale indifferenza del mondo. Proprio in questi giorni l’Unhcr ha espresso allarme per il crescente numero di morti che si registrano nel Golfo di Aden. Gli ultimi morti si sono registrati la scorsa settimana quando almeno 16 persone sono morte annegate e altre cinque risultano disperse.  Si è trattato di due drammatici incidenti che hanno coinvolto due imbarcazioni che trasportavano rispettivamente 45 e 79 persone di nazionalità somala, ma anche etiope. Ed è proprio mentre si consumava una delle due tragedie si è manifestata l’indifferenza dell’altro mondo quello cosiddetto civile.  I sopravvissuti hanno raccontato che una nave della marina di uno stato straniero si è avvicinata all’imbarcazione in difficoltà, ma ignorando le richieste d’aiuto si è allontanata senza prestare soccorso. Il portavoce dell’Unhcr, Andrej Mahecic nel condannare l’episodio ha commentato affermando che: “Ciò costituisce un fatto preoccupante”. A bordo del battello vi erano 45 rifugiati somali, 35 uomini e 10 donne, 15 sono annegati tra cui 5 donne e altri 5 risultano disperse.

Condividi sui social

Articoli correlati

Università

Poesia

Note fuori le righe