Pirateria somala: oggi tre mesi dal sequestro della ‘Savina Caylin’

ROMA – Ieri 8 maggio sono tre mesi che la petroliera italiana ‘Savina Caylin’ è caduta nelle mani dei pirati somali. Con la nave sono trattenuti in ostaggio in Somalia 22 marittimi membri dell’equipaggio. Di questi 17 sono indiani e 5 italiani. Il comandante, Giuseppe Lubrano Lavadera campano di Procida, il terzo ufficiale di coperta, Crescenzo Guardascione campano di Procida, l’allievo di coperta, Gianmaria Cesaro campano di Piano di Sorrento, il direttore di macchine, Antonio Verrecchia laziale di Gaeta, il primo ufficiale di coperta  Eugenio Bon, triestino.

Bon ha ‘festeggiato’, si fa per dire, il suo compleanno in prigionia lo scorso 30 aprile. Sul destino della nave italiana e del suo equipaggio non si sa più nulla.  Questo triste anniversario, che poteva essere un’occasione per riaccendere le speranze di chi è rimasto a casa ad attendere il loro ritorno, è invece, trascorso nel più assordante silenzio con i 5 marittimi italiani segregati in Somalia e i loro familiari nello sconforto più assoluto in attesa di notizie in Italia. Notizie che però, non arrivano.

Il governo ha imposto una sorta di ‘black out’ nelle informazioni. Un silenzio voluto soprattutto dal ministro della Difesa, Ignazio La Russa e da quello degli Esteri, Franco Frattini e giustificato con la motivazione di evitare che vengano ‘disturbare’ le trattative. In questi giorni poi, il parlamento ha approvato un documento che impegna il governo ad autorizzare entro breve tempo l’impiego di militari della marina o di guardie private armate, contractor, a bordo delle navi italiane per  far fronte alla minaccia dei pirati. L’iniziativa ha ‘unito’ governo, alcuni parlamentari di maggioranza e opposizione, e molti armatori.

Il provvedimento è stato giustificato con la volontà di voler fronteggiare con decisione, è implicitamente si dovrebbe aggiungere, anche con forza, il fenomeno della pirateria marittima. E’ opinione di molti che questa scelta non produrrà altro che un inasprimento degli assalti pirati e quindi un innalzamento del livello di violenza con conseguente rischio per i lavoratori  a bordo di queste imbarcazioni.  Tanto è vero che è stato anche giudicato come il peggiore dei modi per difendere i mercantili italiani. Specie nel momento in cui i pirati hanno nelle loro mani degli ostaggi  italiani che potrebbero essere fatti oggetto di ritorsioni. Sono infatti, ben 11 i marittimi italiani trattenuti in ostaggio in Somalia. Ai cinque della ‘Savina Caylin’ si sono aggiunti altri sei marittimi italiani. Si tratta dei membri dell’equipaggio della motonave ‘Rosalia D’Amato’ catturata dai pirati somali lo scorso 21 febbraio.  Nel frattempo, nella settimana che si è conclusa si è registrato un altro tentativo di sequestro di un nave italiana. Si trattava del mercantile ‘Ital Glamour’ attaccato dai pirati nel Golfo di Aden lo scorso giovedì.

La nave è riuscita a sfuggire all’arrembaggio attuando manovre evasive e mettendo in fuga i pirati somali. La ‘Ital Glamour’ ha così potuto riprendere  la sua navigazione scortata però, dalla Fregata ‘Espero’ della Marina Militare italiana, che opera nel mare dei pirati nell’ambito della missione antipirateria marittima dell’Ue ‘Atalanta’, che era nel frattempo, sopraggiunta dopo aver raccolto il segnale d’allarme lanciato dal mercantile. Il fenomeno della pirateria marittima al largo della Somalia è forte. In poco più di tre anni, dal 2008 al 2010, i moderni pirati dell’Oceano Indiano hanno catturato un centinaio di imbarcazioni e un migliaia di marinai, equipaggi delle navi catturate e tenuti in ostaggio per essere poi, rilasciati solo dietro il pagamento di un riscatto. Navi commerciali o da pesca i cui marinai non essendo dei militari, ma dei lavoratori, poco hanno potuto per impedire la loro cattura.

Il riscatto è l’unica contropartita a cui i pirati non hanno mai rinunciato per lasciar andare la preda finita nelle loro grinfie. I riscatti richiesti in genere sono pagati sempre dalle società marittime proprietarie del battello, ma a volte anche dai governi degli stati nazionali a cui appartiene la nave e l’equipaggio. Gli ostaggi nelle loro mani sono in gran parte di nazionalità egiziana, indiana, siriana pachistana, filippina, ucraina, rumeni, cinese e cingalese. Vi sono anche alcuni cittadini europei, inglesi, greci, danesi e degli italiani. Tra i marittimi trattenuti vi sono anche dei ragazzi, dei minorenni di nazionalità egiziana e danese. I primi erano mozzi a bordo di pescherecci egiziani caduti nelle mani dei pirati somali. I minori danesi sono i tre figli di una coppia catturata con il loro yacht mentre erano in navigazione nel mare dei pirati. Ovviamente nessuna voce si è finora alzata a difesa di questi minori ne da parte di singole persone ne da parte di organismi internazionali che della difesa dei diritti dei minori ne fanno motivo di esistere. Non è dato dire con precisione quanti siano le navi e gli uomini ostaggi dei pirati somali. Però, certamente le navi sono almeno 40 e gli uomini almeno 700. Una sola cosa è certa nel solo 2010 i predoni del mare hanno catturato 1.200 marinai e 53 imbarcazioni.

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