Incubo Siria. 800 morti dall’inizio delle proteste

DAMASCO – La Siria come la Francia, Damasco come Parigi, accostamenti bislacchi, ma se pensiamo alla storia non come un valore aggiunto nella formazione dell’individuo ma come bene da salvaguardare per le nostre vite potremo ben osservare che quanto accadde in Francia nel 1789 – la rivolta che portò alla creazione di uno Stato in cui Libertà Uguaglianza e Fratellanza diventavano i capisaldi della nuova vita non solo francese ma dell’intero sistema europa prima e mondiale successivamente – oggi potremo scorgerlo nella lotta che vede il popolo siriano contro i suoi governanti.

Similitudini che fanno emergere quanto il popolo siriano necessiti, ora più che mai, di sostentamento, collaborazione fiducia e rispetto dagli Stati Occidentali – fautori del principio democrazia e libertà da esportazione -; allora la Francia fu il trampolino di lancio per le rivolte in tutta Europa, oggi la Siria potrebbe essere assieme alla Tunisia, alla Libia, l’Egitto, Yemen, il traino motore verso un medioriente se non indipendente del tutto quanto meno più libero e uguale di quanto non sia oggi.

La cronaca di questi ultimi giorni non lascia spazio ad ulteriori attese; al termine delle preghiere del venerdì mussulmano, come accade da diverse settimane, migliaia di persone si sono radunate in diverse località del Paese scandendo slogan contro il presidente Bashar al-Assad.

Il tutto nonostante il governo siriano, nei giorni scorsi, abbia disposto centinaia di arresti di attivisti dentro e nei dintorni di Damasco per cercare di evitare manifestazioni nella capitale.
La sanguinosa repressione del Venerdì della Sfida, voluto dal fronte riformista, si è concentrata nella città di Homs, a nord della capitale Damasco, dove sono stati uccisi almeno 15 civili.
L’esercito ha dispiegato carri armati in città. Negli scontri sarebbero morti anche un ufficiale e quattro soldati .
Il dissidente Ammar Abdulhamid riporta che gli abitanti del sobborgo di Saqba di Damasco hanno detto che le forze della sicurezza negli ultimi tre giorni hanno condotto raid casa per casa arrestando centinaia di persone.

In un corteo nei sobborghi di Damasco, è stato arrestato l’ex deputato e ora leader dell’opposizione al regime di Basher al-Assad, Seif Riad, 65 anni. A renderlo noto è stato il figlio Jumana, spiegando che sono stati arrestati anche la figlia e un altro attivista per i diritti umani che si trovavano con lui in quel momento.
Secondo il racconto di alcuni testimoni, la polizia siriana ha aperto il fuoco anche sui dimostranti ad Al Tal, pochi chilometri a nord di Damasco, provocando un numero imprecisato di feriti. In centinaia sono scesi in piazza anche nella città costiera di Banias per chiedere più libertà e democrazia nel Paese, a Harasta, sobborgo a nord di Damasco, e a Latakia, principale porto del Paese a nord-ovest della capitale. Manifestazioni anche dei curdi che vivono nell’est della Siria, al confine con il Kurdistan iracheno.

A Hama, città nel centro del Paese a nord di Homs, i morti secondo l’emittente panaraba al Arabiya, sono sei. A Daraa invece, epicentro della rivolta alcuni testimoni citati dalla televisione araba Al Jazeera, riferiscono di una città ancora assediata dalla presenza massiccia delle forze di sicurezza, dove i residenti non riescono a uscire dalle proprie case.
Intanto, accordo raggiunto all’Ue sulle sanzioni contro 13 personalità del regime siriano, ma non contro il presidente Assad, precisando che l’adozione formale delle sanzioni avverrà la prossima settimana.
Nelle intenzioni di Bruxelles, ha voluto spiegare la Ashton, “l’obiettivo di queste misure è di ottenere un cambiamento della politica della leadership siriana senza ulteriori indugi”. L’Ue esorta la Siria a mettere fine immediatamente alle violenze e a introdurre rapidamente riforme politiche sincere e complessive, l’unico modo per dare pace e stabilità alla Siria.
Tra le 13 persone colpite dalle sanzioni Ue per il loro coinvolgimento nella repressione violenta ci sono anche il capo dell’intelligence di Damasco, Ali Mamlouk, il ministro degli Interni, Mohammad Ibrahim Al-Chaar, ed un uomo d’affari vicino a Maher al- Assad, Rami Makhlouf, che “finanzia il regime, consentendo la violenza contro i dimostranti”.
Secondo quanto riferito da fonti diplomatiche, il testo approvato – che si adotterà la prossima settimana – prevede di procedere “senza ritardi” a nuove misure addizionali contro tutti i responsabili delle violenze, incluso il più alto livello di leadership.

In un secondo tempo si prevede di includere il congelamento dei beni per gli esponenti del regime di Damasco e i loro familiari, il divieto di viaggiare, un embargo delle armi e la sospensione dei fondi Ue già stanziati per la Siria.
L’idea è quella di procedere alla revisione della cooperazione bilaterale, un fronte sul quale la Siria avrebbe potuto beneficiare, nel periodo 2011-2013, di circa 130 milioni di euro (oltre a una cifra altrettanto importante stanziata per il periodo 2007-2010).
Sull’esclusione di Assad da questa prima tornata di sanzioni ha vinto la linea di Paesi come Italia, Germania, Cipro e Polonia, contrari a mettere da subito con le spalle al muro il presidente siriano, come avvenuto con il leader libico Muammar Gheddafi.

L’idea era quella di approvare un primo pacchetto di “smart sanctions” – sostengono i  vari esponenti – per vedere poi come si sarebbe evoluta la situazione.
Se le cose dovessero peggiorare ulteriormente, si potrà pensare di colpire anche Assad, che Francia e Gran Bretagna volevano punire sin da subito.
Continua intanto anche il pressing della comunità internazionale: dal Palazzo di vetro a New York, il portavoce dell’Onu, Farhan Haq, ha reso noto che presto un gruppo di osservatori umanitari, si recherà a Daraa, per valutarne la situazione umanitaria, dopo dieci giorni di assedio dell’esercito siriano, mentre la Croce Rossa internazionale ha reso noto di aver consegnato il primo carico di aiuti umanitari.
Human Righ Watch ha lanciato un appello alle autorità siriane perché sia tolto l’assedio a Daraa e garantito libero accesso alle organizzazioni umanitarie.
Negli Usa, alcuni membri del Congresso, hanno criticato la posizione morbida dell’amministrazione Obama chiedendo che sia richiamato l’ambasciatore Usa da Damasco.
In sostanza sono circa 800 i morti in Siria dall’inizio delle proteste anti-regime senza precedenti dalla metà del marzo scorso, questo dato però non è ritenuto ancora sufficiente per destituire il presidente Assad.
Nessun giudizio ma solo un’amara riflessione su una politica discutibile e tardiva.

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