Pirateria somala: a casa i due marittimi spagnoli che erano sulla Savina Caylin

ROMA – A casa i due marittimi spagnoli del ‘Vega FV 5’. I due erano tenuti in prigionia con i marittimi della Savina Caylin. In queste ore si sta mettendo la parola fine, per due dei marittimi del ‘Vega FV 5’, alla prigionia in Somalia. Oggi, dopo 142 giorni, due marittimi spagnoli della Galizia, Juan Alfonso Rey Echeverry e Jose Alfonso Garcia Barreiro hanno potuto riabbracciare i loro cari.

Si tratta rispettivamente del capitano e del primo ufficiale del peschereccio ‘Vega FV 5’ battente bandiera del Mozambico, ma di proprietà di una società di pesca spagnola, ‘Pescanova’. La nave venne catturata dai pirati somali il 28 dicembre del 2010 nel Canale del Mozambico, il tratto di mare dell’Oceano Indiano che segna la divisione tra Africa e Madagascar, a scopo di estorsione. Per il rilascio del peschereccio e del suo equipaggio i pirati somali infatti, avevano chiesto un riscatto di alcuni milioni di dollari. Con la nave vennero catturati anche i 24 membri dell’equipaggio. Si trattava dei due spagnoli, tre indonesiani e 19 mozambicani. Le trattative sono state condotte dai sequestratori direttamente con la società proprietaria della nave. Nell’edizione on line di ieri 18 maggio il giornale spagnolo ‘elcorreogallego’ aveva annunciato il rilascio dei due spagnoli. Nella sua edizione odierna ne ha poi, annunciato l’arrivo all’aeroporto di Compostela in Spagna. Qui vi erano ad attenderli, oltre i loro familiari e amici, anche il proprietario del Vega 5 e rappresentanti del governo madrileno. In particolare vi era il presidente della Giunta, Alberto Núnez Feijoo, il Ministro dell’Ambiente, rurali e gli affari marittimi, Rosa Aguilar, il delegato del governo della Galizia, Cortinas Miguel, e l’Assessore regionale del Mar, Quintana Rosa. I due marittimi spagnoli hanno raccontato la loro disavventura descrivendola come un vero e proprio inferno e ripetendo: “E’ stata dura, molto dura”.

 

La nave spagnola, dopo il sequestro, era stata dirottata verso la città costiera somala di Harardhere. Si tratta di uno dei tanti covi pirata in Somalia dove le navi catturate vi rimangono per tutto il periodo delle trattative.  Il ‘Vega FV 5’ vi era giunto il 4 gennaio scorso e solo dopo sette giorni di navigazione. A riprova questo, di quanto i pirati somali ritengano sicuri i loro covi e quindi disposti ad affrontare anche un lungo viaggio pur di rifugiarvisi. Per mesi i marittimi ostaggi dei pirati hanno vissuto un vero inferno subendo abusi e angherie di ogni genere dai loro carcerieri e senza poter sperare in nessun aiuto esterno. La loro vicenda, legata a questo atto di pirateria, ad un certo punto si è poi, intrecciata con quella della petroliera italiana ‘Savina Caylin’ e dei suoi marittimi ostaggi anch’essi in Somalia.  Il 12 marzo scorso l’incubo in cui erano sprofondati i marittimi del ‘Vega FV 5’ ha avuto uno scossone. Navi da guerra della Marina indiana affondarono il peschereccio.

 

La nave spagnola era infatti, nel frattempo, anche utilizzata dalla gang del mare, che l’aveva catturata, come nave Madre da cui lanciare assalti ai mercantili. Le unità navali militari indiane, le corvette ‘Khukri’ e ‘Kalpenj’, erano intervenute in risposta ad un segnale di soccorso lanciato dalla nave porta container ‘MV Vancouver Bridge’ attaccata nel mare Arabico dai pirati somali. Al loro arrivo i predoni del mare si erano però, dati alla fuga. Le due navi, che operano nel mare dei pirati nell’ambito dei pattugliamenti anti-pirateria, li avevano però, inseguiti. In risposta ai colpi sparati contro dai pirati avevano aperto il fuoco contro il peschereccio trasformato in nave Madre. Il ‘Vega FV 5’ centrato prendeva fuoco e affondava. A bordo vi erano 61 pirati somali, che vennero tutti catturati, e 13 dei 24 marittimi, membri del suo equipaggio tenuti fino a quel momento in ostaggio, che vennero liberati. Si trattava di parte dei marittimi di nazionalità mozambicana. Mancavano all’appello però, altri 11 marittimi tra cui i due spagnoli. Perso il peschereccio i pirati somali hanno dovuto trasferire il resto dell’equipaggio su altre delle imbarcazioni trattenute in ostaggio. Impensabile, per loro, lasciare a terra gli ostaggi che valgono oro e come tali sono preda ambita di altre gang che potrebbero pensare di portaglieli via. Per questo motivo i due spagnoli hanno trascorso il resto della loro prigionia sulla petroliera italiana ‘Savina Caylin’ anch’essa catturata e tenuta in ostaggio dai pirati somali. Per il rilascio dei due marittimi spagnoli i pirati somali hanno dichiarato di aver ricevuto ben 5 mln di dollari. Anche per la petroliera italiana, come ieri rivelato in ‘esclusiva’ e anteprima mondiale dal mensile Liberoreporter, i pirati somali hanno chiesto un riscatto per il suo rilascio. Notizia subito ripresa da altri media. Nella pagina web di www.Liberoreporter.it si legge che i pirati hanno chiesto alla società armatrice della petroliera italiana un riscatto di 16 mln di dollari. Minacciando in caso di mancato contatto di condurre tre, dei cinque marittimi italiani, membri dell’equipaggio in un luogo remoto nel’entroterra somala. Una minaccia questa che, se messa in atto, vorrebbe dire per gli ostaggi italiani un aumento del rischio per la loro incolumità.

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