L’America torna al lavoro

NEW YORK – Contro ogni previsione. 1000 ogni giorno di più. Giugno, luglio, agosto, settembre e ottobre. In origine stimati in 60mila.

Poi, superata quota 150mila. Ovvero 30mila nuovi posti di lavoro in media creati ogni mese negli ultimi cinque. Così l’America è tornata al lavoro. A fare economia, a crescere. A confermarlo, il Dipartimento del lavoro americano.  

La parte del leone l’ha fatta il settore privato: dallo scorso aprile sono state infatti 159mila le nuove assunzioni, il doppio rispetto alle 80mila previste dagli economisti. La buona notizia è che la crescita dell’occupazione deriva sia dal manifatturiero che dal settore dei servizi.

Ma Ben Bernanke non è soddisfatto, ne vorrebbe di più: 6 volte tanto, 200mila nuovi posti al mese. E, a poche ore dalla manovra di stimolo da 600 miliardi di dollari, il presidente della Federal Reserve ha ammesso la lentezza del calo della disoccupazione, stabile al 9,6%.

Per Obama, tuttavia, la notizia dei nuovi occupati è positiva e fa ben sperare. Anche se il secondo dato, il lato b della medaglia, resta inaccettabile.

Il problema, come fanno osservare, è che la crisi se da un lato ha bruciato 8 milioni di posti di lavoro, dall’altro ha prodotto una scia di aziende che, seppur in utile, hanno continuato a licenziare. Quello che poi è avvenuto è una classica illusione ottica per cui alla ripresa economica del sistema è seguito il fuori sincrono della ripresa occupazionale.

Bernanke sottolinea, a questo proposito, come ancora oggi le aziende siano restie nel procedere con nuove assunzioni nonostante si registrino i primi e deboli segnali di ripresa. Ed è per questo che ha deciso di iniettare, e conferma si ripeterà, liquidità nel sistema.

Anche perché nessuno sa se questa ripresa sarà sostenibile al punto di ridurre in modo sostanziale la disoccupazione. Dal suo “asian tour”, intanto, il presidente americano, fa sapere di essere aperto a tutte le soluzioni.

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