Egitto. Parte un governo di salvezza nazionale

ULTIMORA – Sembra sia stato raggiunto un accordo durante il vertice diretto dal vice capo del Consiglio supremo delle forze armate per formare un governo di salvezza nazionale che dovrà raggiungere gli obiettivi della rivoluzione.

Il Consiglio militare egiziano ha infatti accettato le dimissioni del governo di Essam Sharaf,  anche se l’esecutivo manterrà le sue funzioni fino alla nomina di un nuovo governo. Lo ha affermato il capo del Consiglio supremo delle Forze armate al potere in Egitto, Hussein Tantawi, durante un discorso al Cairo, trasmesso dalla tv di Stato egiziana. Ha inoltre dichiarato: “Siamo rammaricati della morte delle vittime degli incidenti – Non siamo desiderosi di potere, ma siamo pronti a lasciare se lo dirà un referendum”.

Intanto le elezioni del presidente della repubblica egiziana sono state invece fissate dai militari entro il 30 giugno 2012.

Voci ricorrenti indicano Mohammed Mustafa El Baradei come possibile nuovo capo di un esecutivo al posto del dimissionario governo di Essam Sharaf ma  anche come uno dei quattro candidati alle presidenziali.
A 68 anni, El Baradei,  di tendenza liberale,  era accorso subito al Cairo per partecipare alla rivoluzione contro Mubarak. Il 28 gennaio scorso era presente in piazza Tahrir, accanto alle migliaia di egiziani che chiedevano la fine del regime in carica da 30 anni. Austero, poco incline all’oratoria e fermo nelle proprie convinzioni, El Baradei riscuote simpatie in particolare fra i giovani e il ceto medio anche se secondo i suoi nemici sarebbe troppo vicino ai Fratelli Musulmani, un movimento di ispirazione integralista.

 

Egitto.  Il governo della repressione colpisce ancora. La denuncia di Amnesty

IL CAIRO – Si sono svolti questa mattina, seppur in maniera isolata, nuovi scontri a Il Cairo che avrebbero provocato il ferimento di almeno una ventina di persone, di cui almeno tre in gravi condizioni. Secondo una fonte medica infatti la polizia in questi giorni starebbe utilizzando un gas diverso da quello impiegato negli scontri del gennaio scorso.

Si tratterebbe  di una sostanza paralizzante  in grado di provocare un blocco del sistema nervoso e con effetti che durerebbero diverse ore.  E’ stata presentata inoltre in queste ore una denuncia, da parte del sindacato dei giornalisti egiziani alla magistratura, contro il primo ministro dimissionario Essam Sharaf, contro il ministro dell’interno e contro alcuni ufficiali di polizia per il ferimento di 17 giornalisti (12 al Cairo e 5 ad Alessandria), colpiti con proiettili di gomma durante le proteste di questi giorni.

Intanto è sempre di oggi la pubblicazione da parte di Amnesty International di un rapporto dal titolo ‘Promesse mancate: l’erosione dei diritti umani da parte dei militari al potere’.  Il rapporto evidenzia come i militari, al potere in Egitto in questi mesi, siano completamente venuti meno alla promessa di migliorare i diritti umani e si siano invece resi responsabili di una serie illimitata di violazioni che in alcuni casi hanno superato addirittura l’era di Mubarak. Amnesty  ha rilevato come il Consiglio abbia rispettato ben pochi dei suoi impegni pubblici e abbia invece peggiorato la situazione in alcune aree. Risultano essere circa 12.000 i civili processati dai tribunali militari, con procedure gravemente inique. Tra i reati contestati agli imputati: banditismo, violazione del coprifuoco, danneggiamento di proprietà, offesa alle forze armate. Tra i tanti,  simbolico il caso di Maikel Nabil Sanad, un blogger condannato a tre anni di carcere ad aprile per aver criticato le forze armate e aver fatto obiezione di coscienza al servizio militare. Lo scorso agosto aveva iniziato uno sciopero della fame e per questo la direzione del carcere gli avrebbe negato le medicine necessarie per curare problemi cardiaci. Inoltre Amnesty International ha ricevuto anche resoconti molto credibili sull’uso di ‘baltagiyà’ armati, ovvero banditi nel vero senso della parola, per assalire i manifestanti, una tattica ben nota risalente all’era di Hosni Mubarak.

Al momento, in una Piazza Tahrir  gremita da migliaia di persone, si stanno intanto svolgendo processioni funebri delle vittime dei giorni scorsi.  Dalle bare aperte si intravedono le salme avvolte in lenzuola bianche, mentre decine di manifestanti scandiscono slogan contro i militari e contro il governo. Questo avviene mentre sta per partire una marcia da un milione di attivisti, convocata dai giovani della rivoluzione del 25 gennaio per far cadere la giunta militare. Nel frattempo gli stessi militari hanno convocato d’urgenza tutte le forze politiche. I Fratelli Musulmani d’Egitto, la forza politica meglio organizzata del paese hanno già risposto positivamente all’invito al fine di valutare le modalità per superare la crisi determinatasi dopo gli incidenti di questi giorni. Hanno inoltre  annunciato che non parteciperanno alle manifestazioni di massa previste per oggi in piazza Tahrir contro il potere militare; decisione questa che nascerebbe dalla preoccupazione di non “trascinare il popolo verso nuovi scontri sanguinosi con partiti che cercano vantaggi dalle tensioni”.
Al momento si rincorrono voci non ancora confermate che i militari sarebbero disposti a proporre un governo guidato da Mohamed el Baradei, uno dei candidati presidenziali di tendenza liberale. Sembrerebbe inoltre  che  del consiglio dovrebbero far parte anche candidati dei Fratelli Musulmani, dei Salafiti, e della sinistra.
I media egiziani hanno annunciato che nelle prossime ore il capo  del Consiglio Supremo delle Forze Armate,  terrà un discorso al paese che verrà trasmesso in tv. Parlerà in particolare delle violenze avvenute in questi ultimi giorni.

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