Risoluzione Onu bloccata: niente intervento. In Siria si continua a morire

DAMASCO – Mancano fonti indipendenti, ma, per quello che viene riportato,  a Homs, durante un bombardamento dell’esercito siriano, alle prime luci dell’alba, sarebbero morte 51 persone. 

E per la seconda volta in pochi mesi, Russia e Cina hanno posto il veto a una risoluzione delle Nazioni Unite, in cui si condanna la sanguinosa repressione in Siria, dopo il primo veto di ottobre.  La volontà è bloccare la risoluzione ONU contro il regime di Bashar al Assad. La scelta ha provocato durissime reazioni di tutte le nazioni occidentali e ha suscitato il rammarico del Segretario generale Onu Ban Ki-moon, per un voto che “indebolisce il ruolo dell’Onu e della comunità internazionale”. Susan Rice, ambasciatore Usa alle Nazioni Unite, ha detto di essere “disgustata” dalle decisioni di Pechino e Mosca e aggiunge che “ogni altro bagno di sangue macchierà le loro mani”. Ma l’interesse USA  non coinciderebbe  con l’autodeterminazione del popolo palestinese che, nei movimenti di sinistra, sarebbe timoroso che un eventuale cambio di regime a Damasco possa rafforzare ulteriormente l’alleanza tra Stati Uniti e Israele e indebolire i movimenti di resistenza,  quali l’Hizbollah libanese e Hamas, che  hanno potuto contare sinora sull’aiuto logistico e finanziario siro-iraniano. 

 

Ma le cose cambierebbero se con la caduta di Assad verrà appuntato il Consiglio Nazionale Siriano (CNS), opposizione siriana riconosciuta e appoggiata dall’asse USA-UE-Golfo.  Niente appoggio al movimento islamico,  ma rapporto preferenziale con l’Autorità Nazionale Palestinese – dominata da Fatah – che è in disaccordo con il regime siriano sin dalla firma degli accordi di Oslo del 1994, contrastati da Damasco. 
Intanto,il quotidiano ufficiale People’s Daily,  la “voce della Cina” – evidenzia la sfiducia dei cinesi verso l’Occidente. L’articolista denuncia che “la situazione in Siria continua a peggiorare e il numero dei feriti civili continua a salire”. Egli precisa che “il veto non significa” sostenere lo status quo e il perdurare delle violenze. Tuttavia, aggiunge, è la Cina, e non i suoi critici in Occidente, a comportarsi in modo “responsabile” per il bene del popolo siriano.

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