Cina. Jack So: “il miglior amico della locusta è il cane”

PECHINO (corrsispondente) – In occasione della 12a sessione del Yabuli Entrepeneurs Forum- tenutosi nella provincia dello Heilongjiang per commemorare il ventennale del “viaggio a sud” del padre delle riforme economiche cinesi, Deng Xiaoping- Il chairman dell’Hong Kong Trade Development Council, Jack So, non si è potuto esimere dal commentare le ultime tensioni che hanno surriscaldato l’atmosfera nell’ex colonia-britannica: lo scontro tra i “cani” hongkonghesi e le “locuste” cinesi che sfruttano i privilegi assicurati loro in seguito alla fondazione di “un Paese-due sistemi”, motto coniato nel 1997 quando, dopo 150 anni di dominazione inglese, Pechino ristabilì la sua piena sovranità sull’isola.

Ogni anno decine di migliaia di donne cinesi emigrano ad Hong Kong per dare alla luce i loro figli, beneficiando così di uno dei sistemi sanitari considerato tra i migliori del continente asiatico. Un bambino nato da genitori cinesi nell’ex colonia britannica ottiene automaticamente il diritto di residenza e la possibilità di frequentare le scuole locali.

Secondo i dati ufficiali, su un totale di 80.131 bambini nati nel 2011, 38.043 erano figli di genitori cinesi.

Ma gli hongkonghesi di questa invasione di “locuste”, che divorano ciò che non è loro e infrangono le leggi locali, non ne possono veramente più. Ed è così che Yung Jhong, internauta di Hong Kong, ha raccolto 100mila dollari per acquistare la pagina di un giornale e gridare “basta alle cavallette cinesi”. “I cinesi hanno passato ogni limite – scriveva Yung- perché vengono qui approfittando del nostro welfare, e poi si rifiutano di seguire le regole? I cittadini di Hong Kong non possono più accettarlo”.

La questione tutt’altro che nuova, puo’ esere considerate, piuttosto, la recrudiscenza di sentimenti xenofobi mai assopiti e, anzi, rinvigoriti dal recente scandalo che ha visto il noto brand italiano Dolce & Gabbana bersagliato da accuse di razismo nei confronti degli hongkonghesi (ai quali sarebbe stato vietato di fotografare le vetrine dello store di Hong Kong, un “privilegio” concesso invece ai cugini cinesi.)

Ecco le parole che Jack So ha speso per tentare di sedare gli animi tra i due vicini di casa, come  riportato il 6 febbraio sul sito della stazione televisiva Phoenix. E l’occasione non poteva essere più adatta: il forum di Yaobuli nasce proprio con l’obiettivo di analizzare e promuovere i rapporti economico-commerciali tra Taiwan, Hong Kong, Russia, Macao e la provincia cinese dello Heilongjiang.

Dopo i primi convenevoli, il discorso punta subito dritto al sodo: “ci troviamo qui per commemorare il 20° anniversario del “viaggio a sud” di Deng Xiaoping il quale oltre ad essere stato l’architetto “dell’ economia di mercato socialista con caratteristiche cinesi” non bisogna dimenticare sia stato anche il fautore del principio “un Paese-due sistemi”. Se oggi Hong Kong gode di una certa prosperità e stabilità è anche grazie a Deng. Ma recentemente è sorta una piccola polemica diffusasi sui giornali e sul web, che ha visto hongkonghesi e cinesi insultarsi a vicenda. Tutto è cominciato con una controversia avvenuta sulla metro di Hong Kong, in seguito alla pubblicazione da parte di un professore di un’università di Pechino, a noi tutti noto, di un suo discorso dal titolo “Gli abitanti di Hong Kong sono cani; sanno soltanto agitare la coda agli inglesi”. Alcuni netizen hongkonghesi, persa la pazienza, hanno risposto agli insulti chiamando gli abitanti della Cina continentale “locuste” per via del fatto che vengono ad Hong Kong per farsi fuori tutto, compreso il vino rosso, latte in polvere, case, orologi di lusso e yacht. Io come la maggior parte degli hongkonghesi mi auguro che questa disputa senza senso finisca al più presto. Siamo tutti cinesi e apparteniamo alla stessa radice.

In primo luogo, penso che la stragrande maggioranza dei cittadini di Hong Kong spera che i cinesi vengano da noi per realizzare investimenti e trovare lavoro, e certamente tutti sappiamo che non è vero che ci ritengono dei “cani”. Ovviamente abbiamo anche noi i cani, come abbiamo  gatti e topi. Ma il risultato ottenuto oggi dagli hongkonghesi sta nel non fare affidamento sugli scodinzolamenti. Per dirla senza mezzi termini, Hong Kong ha sempre contato sulle proprie capacità e le aspettative del governo risiedono soltanto nel riuscire a mantenere lo stato di diritto, un’amministrazione limpida e icorruttibile , nonché un ambiente professionale esente da eccessive tassazioni.

Negli anni (il governo di Hong Kong) ha sempre mantenuto una strategia non-interventista, dando grande importanza ai meccanismi di mercato e mettendo in secondo piano la politica. In realtà Hong Kong in questi ultimi decenni di sviluppo e’ sempre stata indissolubilmente legata alla Cina conitinentale. Io, che ho vissuto per tutta la vita ad Hong Kong, posso confermare che ha subito grandissimi cambiamenti. In passato ho gia’ avuto esperienze nel settore delle telecomunicazioni, del real estate e della finanza, e ora come presidente (dell’ Hong Kong Trade Development Council) ho importanti doveri.

Mi ricordo quando negli anni ’50-’60 un’ondata di immigrati giunse sull’isola, tra questi vi erano anche imprenditori e capitalisti sbarcati con l’intento di promuovere l’industria manifatturiera locale. Al tempo la produzione di Hong Kong consisteva in articoli di basso costo, tra cui giocattoli, orologi, abbigliamento e oggetti in plastica da esportare in Europa, America e in Medio Oriente.. In seguito alla fioritura del business locale, essendo territorialmente piccola, e carente di manodopera, si è trovata a far fronte ad un aumento dei costi di produzione.

Poi nel 1979 la Cina ha cominciato ad aprire le porte agli investimenti esteri attraverso l’istituzionalizzazione delle SEZ, e i businessman di Hong Kong gradualmente hanno spostato molte fabbriche dal nord verso il delta del Fiume delle Perle. Le aziende con base ad Hong Kong, responsabili per la qualita’ dei prodotti e del design, per l’organizzazione del trasporto ecc…hanno dato il via ad un modello di cooperazione definito “qian dian, hou chang” attraverso il quale i prodotti dalla mainland passavano, in un secondo momento, attraverso Hong Kong per infine essere esportati nei mercati d’oltremare.

Durante gli anni 90’, nei periodi di maggior splendore, gli uomini d’affari di Hong Kong sono arrivati ad avere, nella provincia del Guangdong, circa 20.000 fabbriche di questo tipo, per un totale di 3milioni di lavoratori,: il volume delle esportazioni dal 1970 al 1990 e’ aumentato di circa 42 volte.

“Il viaggio a sud” di Deng Xiaoping ha dato maggior vitalità al processo di apertura e riforma del Paese. Con il rapido sviluppo delle infrastrutture nella Cina continentale, i businessmen hongkonghesi non necessitavano più esportare i loro prodotti via Hong Kong; questo è quello che chiamiamo esportazioni off-shore.

L’ingresso della Cina nella WTO (2001) rappresenta un’altra pietra miliare; nel breve tempo di una decina di anni l’export cinese è incrementato di dieci volte raggiungendo, nel 2010, all’incirca i 2miliardi. Certamente in queste statistiche sono comprese anche le esportazioni off-shore realizzate dagli uomini d’affari hongkonghesi nella mainland. Ora che la Cina è diventata la fabbrica del mondo, il sistema economico di Hong Kong integrato dallo sviluppo della Cina continentale, ancora una volta potrà portare ad un’importante transizione, raggiungendo uno sviluppo incentrato principalmente sul settore terziario (…). Questo settore non solo assicurerà servizi di ottima qualità alle imprese di Hong Kong, ma sarà utile anche a molte imprese nazionali. E tuttavia sul mercato di Hong Kong le imprese cinesi sono già quasi 500, e hanno un valore di mercato pari a oltre la metà del totale della capitalizzazione di mercato di Hong Kong.

Dopo aver fatto una carrellata di tutti i mali che affliggono Nuovo e Vecchio Continente, la paternale di Jack So arriva finalmente alla sua conclusione: mai come in questo momento, “un Paese-due sistemi” è l’antidoto che ci vuole per dare sviluppo ai mercati concorrenziali, Sud Est asitico e Cina continentale in primis. Una fetta di mondo, questa, sulla quale non a caso hanno già messo gli occhi anche gli Stati Uniti.

Un’alleanza tra “cani e locuste” per scardinare il potere economico dell’Aquila, dunque; chissà se letta in questi termini la favola di Fedro “alla Jack So” risulterà più gradita ai suoi lettori.

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