Davos, il futuro del mondo visto da una cittadina svizzera

ROMA – Un summit criticato, contestato e indicato da molti come una elite di potenti che si incontrano per fare affari. Ma Davos non è solo questo, in particolare quest’anno, dopo sette anni di crisi economica e finanziaria, si aguarda alla cittadina svizzera con apprensione, per sapere chi saranno i protagonisti dell’economia mondiale nei prossimi anni e se  finalmente l’Europa si solleverà dalla crisi. 

E la risposta sembra essere moderatamente positiva: a Davos si guarda oltre la crisi, è finalmente tempo per la crescita. Ecco perché questo incontro della super-elite mondiale è più determinante che mai. Le aspettative per il prossimo Forum di Davos, il quarantaquattresimo della storia della kermesse annuale ospitata dalla località sciistica svizzera, sono evidentemente molto alte, come testimonia il titolo di un lungo editoriale ospitato dal Daily Telegraph.

Oltre 2.500 delegati da tutto il mondo, 40 capi di Stato e di Governo (dal primo ministro italiano, Enrico Letta, a quello giapponese Shinzo Abe), il presidente della Bce, Mario Draghi, il direttore del Fmi, Christine Lagarde, oltre a banchieri centrali e ministri degli esteri, si ritroveranno in Svizzera di fronte ad un obiettivo ambizioso, indicato dal titolo del Forum stesso: ‘Rimodellare il mondo: conseguenze per società, politica ed economia’.

Le attese sono in effetti molte: l’ultrasettantenne fondatore del World Economic Forum, Klaus Schwab, dichiara di “non essere mai stato più emozionato per il programma di quest’anno”, con una frase che, anche se ripetuta quasi ad ogni edizione, per il 2014 rischia di essere particolarmente azzeccata. Nonostante i perduranti dubbi sulla portata della ripresa in atto, per la prima volta dopo anni, l’agenda del Wef non sarà oscurata da discussioni sulla minaccia immediata di un Armageddon economico e finanziario, ma si potrà iniziare ad impostare percorsi verso la crescita e lo sviluppo.

Fra gli assenti illustri, oltre al premier francese Francois Hollande alle prese con le note vicende personali, anche la cancelleria Angela Merkel, ancora in convalescenza dopo la frattura del bacino. A ridurre ancora di più la presenza femminile, che, fa le pulci il Financial Times, è in linea con i valori, bassi, degli anni passati. Dei 2.500 delegati, infatti, solo uno su sette è una donna.

Per il Papa “non si può tollerare che migliaia di persone muoiano ogni giorno di fame, pur essendo disponibili ingenti quantità di cibo, che spesso vengono semplicemente sprecate”. Né, dice nel messaggio al Forum di Davos “possono lasciare indifferenti i numerosi profughi” che “vanno incontro alla morte in viaggi disumani”. “Vi chiedo di fare in modo che la ricchezza sia al servizio dell’umanità e non la governi”. La “crescita in equità”, secondo papa Francesco, “richiede decisioni, meccanismi e processi volti a una più equa distribuzione delle ricchezze, alla creazione di opportunità di lavoro e a una promozione integrale dei poveri che superi il mero assistenzialismo”.

Ma veniamo ai dati, quelli italiani non sono entusiasmanti. La crisi economia di questi ultimi anni non sembra proprio dare cenni di miglioramento dal punto di vista dell’occupazione. A riprova di ciò è la lenta ripresa economica annunciata per il 2014, che non porterà a nessuna conseguenza positiva sul fronte del lavoro: il tasso di disoccupazione continuerà infatti a crescere fino a raggiungere il 12,3%. A stimarlo è l’Istat che per il 2013 prevede un tasso di disoccupazione in crescita all’11,9%. Nelle Prospettive per l’economia italiana nel 2013-2014, l’istituto sottolinea come “nel 2013 il mercato del lavoro continuerebbe a manifestare segnali di debolezza con un rilevante incremento del tasso di disoccupazione all’11,9% (+1,2 punti percentuali rispetto al 2012)”. La caduta dell’occupazione, misurata in termini di input di lavoro, proseguirà per tutto il 2013 (-1.0%), mentre nel 2014, è prevista una graduale ripresa (+0,1%) a seguito del moderato miglioramento delle condizioni generali dell’economia.

Tra i Paesi più interessanti citati dai ceo di Davos, invece, oltre ai classici Cina, Russia e Brasile – mentre l’India non è più considerata così attraente – vi sono anche gli Stati Uniti e la Germania e nel medio periodo c’è un forte interesse per Turchia, Indonesia e Messico. C’è stato un cambiamento nelle aziende italiane che sono diventate negli anni più innovative, più internazionali e più focalizzate nei segmenti ad alto valore aggiunto, ma anche più polarizzate suddividendosi tra gli ‘international champions’, piu’ dinamiche e flessibili e i ‘local players’ concentrati sul mercato domestico.

Tornando al quadro mondiale, l’ottimismo dei top manager globali riguarda anche le prospettive economiche. Sui 1.340 Ceo complessivamente interpellati da Pwc (tra cui 50 italiani), provenienti da una settantina di Paesi, il 44% vede un miglioramento dell’economia mondiale nei prossimi 12 mesi contro il 18% dello scorso anno, mentre solo il 7% prevede un declino contro il 28% dello scorso anno. ‘C’e’ fiducia su quello che l’economia mondiale potrà fare nel 2014, grazie a un processo di crescita piu’ bilanciato tra Paesi emergenti e Paesi avanzati che, trainati dalla ‘locomotiva Usa’, presentano nuovamente buone prospettive di sviluppo per le imprese’, e’ il commento di Pwc. I Ceo piu’ fiduciosi, a livello geografico, nelle prospettive economiche di breve termine sono quelli dell’Europa occidentale (50%), in linea con i segnali di ripresa, seguiti dal Medio Oriente (49%), Asia-Pacifico (45%), America Latina (41%), Nord America (41%) e Africa (40%), mentre i meno fiduciosi sono i Ceo dell’Europa centrale e dell’est con il 26%. La suddivisione per settore vede i manager piu’ fiduciosi sui prossimi 12 mesi nel settore alberghiero e leisure (46%), seguiti da quelli del settore bancario e del mercato dei capitali (45%), della distribuzione (44%), dei servizi finanziari (44%), dell’asset management (44%), delle comunicazioni (44%) e dell’ingegneria e costruzioni (41%). I meno fiduciosi sono i Ceo del settore metallurgico con solo il 19%. Tra le preoccupazioni dei top manager globali, al primo posto vi e’ il timore per la presenza o assenza di azioni di Governo, a seguire i timori per l’eccessiva regolamentazione (72%) e il deficit di bilancio (71%). Nei Paesi in cui si registra la preoccupazione maggiore per la regolamentazione figurano la Francia con l’88%, l’Australia con l’85%, l’India con l’82% e – abbastanza sorprendentemente – la Germania col 77%.

Insomma la situazione appare ancora indecisa e frammentata ciascun Paese mantiene i suoi punti di forza e lotta per conquistare nuove fette di mercato, che tradotto in economia reale significa crescita e dunque lavoro. Quanto il nostro Paese sia ancora concorrenziale e vitale nella competizione internazionale e ancora presto per dirlo, molte più certezze per l’Italia ci saranno nel 2015, su questo a Davos concordano tutti.

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