Obama guarda al futuro degli Usa con ottimismo

WASHINGTON – Un presidente che guarda al futuro, ai prossimi cinque, dieci anni e più avanti ancora, che non celebra solo la sua azione di governo negli ultimi sette anni, ma è consapevole che – nonostante i grandi obiettivi raggiunti – ci siano ancora molte battaglie da combattere per una legge sul controllo delle armi, la riforma dell’immigrazione, per una economia più giusta per tutti e, ancora, la chiusura di Guantanamo. 

È questo il succo dell’ultimo discorso pronunciato da Obama sullo stato dell’Unione. Un discorso di “speranza e ottimismo”, due degli elementi che “ci contraddistinguono rispetto ai cittadini degli altri Paesi del mondo”.Obama si è presentato in grigio scuro, con una cravatta a righe nere e argento, mentre Michelle indossava un vestito giallo scuro, al suo fianco una sedia vuota per ricordare i morti delle ultime stragi in America e in Francia. Il presidente americano come sempre è passato tra i membri del Congresso – un Congresso ostile, a maggioranza repubblicana -, ha stretto mani e dato pacche sulle spalle. Ha abbracciato uno dei due giudici donna della Corte Suprema, Ruth Bader Ginsburg. Poi ha iniziato il suo discorso. Un intervento di poco meno di un’ora (“lo farò breve”, ha detto all’inizio) che ha puntato pochissimo sul passato, moltissimo sul futuro. Tanto sull’ottimismo, certo, ma anche sulle paure che vivono gli Stati Uniti e i suoi cittadini. Prima tra tutte, quella del terrorismo.”Stasera non voglio parlare dell’anno davanti a noi, ma dei prossimi cinque o dieci anni, e ancora più avanti anni. Ci troviamo infatti in un periodo di straordinari cambiamenti”, ha detto il presidente, mentre lo streaming mostrava l’ombra di Obama che guarda un cielo illuminato dalla luna. “Dobbiamo essere slegati dai dogmi del passato e pensare in modo nuovo, verso una nuova frontiera per le persone del futuro. 

Quello che era vero in passato, il nostro ottimismo e il nostro spirito di scoperta, questo è tutto quello che dobbiamo avere per continuare a vivere nella prosperità e nella sicurezza per le prossime generazioni”.Ma questa immagine positiva dell’America non è condivisa da tutti, anzi. C’è una parte crescente di cittadini – ha detto il presidente – spaventata, che vede un sistema economico avverso (un implicito riferimento ai repubblicani che stanno giocando su questo sentimento nella campagna elettorale). “Mentre l’insoddisfazione cresce, ci saranno voci che diranno di tornare divisi in tribù, di prendere di mira cittadini che non ci assomigliano, o che non pregano come noi, o non votano come noi o che non condividono la nostra stessa cultura”, ha detto il presidente, sottolineando che è fondamentale invece non cedere a questo sentimento. E qui ha introdotto un altro elemento, ricorrente in tutto il suo discorso: la collaborazione. Collaborazione politica, per riuscire a lavorare insieme e a far crescere il Paese, collaborazione con gli alleati, per continuare a mantenere la guida del mondo.

La Siria e il Medio Oriente, le crisi in Africa, l’Ucraina e il Sudamerica. Un mondo in profondo cambiamento quello dipinto da Obama, che però ha bisogno di una guida. Il presidente ha parlato di quattro punti. Nuova economia e pari opportunità; nuove tecnologie; la sicurezza; la politica. Proprio in tema di economia ha ricordato che in “questo momento gli Stati Uniti rappresentano l’economia più forte e stabile del mondo”, dopo aver creato 14 milioni di posti di lavoro in 70 mesi, e questo è il momento di concentrarsi anche sulla creazione di giustizia sociale. Di pari opportunità per tutti. “Le famiglie che vivono di food stamp non hanno causato la crisi economica. Non sono gli immigrati che non fanno crescere gli stipendi, ma le persone che stanno nelle stanze dei bottoni”, ha aggiunto.Poi ha parlato dei grandi temi internazionali: il terrorismo, l’Isis e al Qaida, che a differenza di quanto dicono molti non pone una minaccia diretta “alla nostra esistenza come nazione, anzi questa è la propaganda che usano per reclutare gente”, ha detto. “Non possiamo attaccare una delle più grandi religioni al mondo”, l’Islam, ma “dobbiamo chiamarli per quello che sono: killer, fanatici”. Obama poi ha puntato il dito su coloro che criticano la sua politica estera ,sostenendo che non ha fatto nulla. “Andatelo a chiedere a bin Laden, ai leader di al Qaeda in Yemen o agli attentatori di Bengasi”.E ancora, nel discorso di Obama c’è Cuba (ha chiesto al Congresso di nuovo di togliere l’embargo), c’è la chiusura del centro di detenzione di Guantanamo, c’è il libero mercato del Pacifico che ha fermato lo strapotere della Cina e c’è l’Iran e l’accordo sul nucleare. Nel suo Pantheon è comparso come sempre Martin Luther King, ma anche Papa Francesco, a cui ha chiesto di rimproverare chi fomenta il sentimento anti-musulmano. Ha inoltre citato il discorso che il Pontefice aveva fatto al Congresso: “Imitare l’odio e la violenza dei tiranni e degli assassini è il modo migliore per prendere il loro posto”. Così “quando i politici insultano i musulmani questo non ci rende più sicuri. È solamente sbagliato. Ci sminuisce agli occhi del mondo e rende più difficile raggiungere i nostri obiettivi. E tradisce quello che siamo come Paese”. Un riferimento molto chiaro a Donald Trump e agli altri estremisti del partito repubblicano che stanno cercando di prendere voti.

Infine, la politica. La democrazia, che deve essere un compromesso. “L’unico rammarico della mia presidenza è che il senso di diffidenza tra le persone è cresciuto”. Ancora una volta torna a chiedere collaborazione. Serve collaborazione del Congresso per trovare accordi e andare avanti. Ma soprattutto serve una politica nuova, riformata, rivista.Ci sono stati tanti applausi a sostenere il suo ultimo discorso. Ma anche qualche fischio alla fine. Di fatto c’è un cerchio che non si chiude, una porta aperta al suo successore e alle sfide che dovrà affrontare. E un messaggio chiaro: “Io quando non sarò più presidente, sarò tra voi come cittadino”.

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