Nuovo Ulivo sotto di tre punti. Il Caimano ancora vincente nei sondaggi

I sondaggi virano al buono per Berlusconi, anche se “viziati” dalla sua momentanea vittoria parlamentare. Il vero problema della sinistra è la mancanza di un leader con il quale si identifichi la ricerca di un’alternativa

ROMA – Uno potrebbe chiedersi: ma che altro deve fare il Caimano per convincere gli italiani a non votarlo, dando la vittoria ad altri? Non sono bastati gli scandali sessuali, una politica economica disastrosa, che ha indebolito i ceti medi (cioè, il grosso dell’elettorato), i tagli all’istruzione pubblica e alla cultura, la promozione degli affari privati, l’enorme conflitto di interessi, le leggi ad uso e consumo personale, i continui vaneggiamenti, il controllo della stampa e delle televisioni? E poi l’altro potrebbe rispondere: no, non basta, perché gli italiani, quelli che poi decidono veramente le sorti delle elezioni e che fanno parte del cosiddetto “voto fluido”, che ad ogni elezioni votano in modo diverso, non vedono un’alternativa, anzi ritengono che un’alternativa a questa maggioranza non ci sia. E quindi o rimangono indecisi oppure continuano a votare per il Caimano.

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Possibile? Possibilissimo, anzi questa è l’unica ragione che motiva il risultato dei sondaggi di oggi (Ipr per “Repubblica” e Cfi per “La7”), secondo i quali, in modo univoco, un’alleanza della sinistra (Pd-Idv-Sel ed altri) raggiungerebbe il 39,5% e la destra (Pdl-Lega-Destra) il 42,5%. In altri termini, il partito berlusconiano riuscirebbe a reggere, e pure in modo tutto sommato brillante, la più grave scissione al suo interno, con una nuova vittoria elettorale e per giunta anche molto netta, che fornirebbe alla coalizione una maggioranza sicura alla Camera e, forse, anche al Senato (ma per la Camera alta le previsioni sono più difficili da fare, dato il particolare meccanismo elettorale previsto per l’attribuzione del premio di maggioranza). C’è da dire che un effetto benefico e forse momentaneo per il magnate di Arcore l’ha sortita la vittoria sul voto di sfiducia al suo governo, che ha proiettato su parte dell’opinione pubblica l’immagine di un personaggio vincente, nella buona e nella cattiva sorte.

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Quindi gli italiani hanno sempre fiducia in Silvio Berlusconi? Nemmeno per sogno e ce lo spiega un altro dato del sondaggio Ipr pubblicato oggi da “Repubblica”. La fiducia nel premier non è mai stata così in basso (35%, praticamente dimezzata rispetto ad un anno fa). Ed i suoi ministri gli fanno il paio. Gli elettori non considerano positivamente il governo e quanto ha fatto (o non ha fatto) in questa prima metà del suo mandato e nutrono sempre meno fiducia nel Presidente del Consiglio ma non lo mandano a casa perché ritengono che non abbia sostituti; anzi, forse sono convinti che qualsiasi altra persona farebbe peggio. Sono questi i pessimi risultati imputabili alle opposizioni e, in particolar modo, al Partito democratico che, a partire dal 1994 (“discesa in campo” del Caimano) non solo non è riuscito a rinnovare il suo gruppo dirigente ma non è riuscito mai ad individuare un leader capace di convogliare i consensi degli elettori, dopo aver bruciato inopinatamente Romano Prodi nel 2008.

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Ora, la strategia di Pierluigi Bersani si fa ogni giorno più chiara. Puntare al centro, puntare all’Udc di Casini. E i sondaggi una qualche ragione gliela danno. Secondo Ipr, infatti, se il Pd si alleasse con il terzo polo conquisterebbe più voti (26,5% invece di 25,5%) perché recupererebbe i voti moderati, mentre perderebbero sia il partito di Casini, sia quello di Fini. Quindi si tratta di una strada non percorribile per il più forte partito di opposizione. L’unica, forse, sarebbe quella di puntare a Casini come futuro premier, con una di quelle offerte che non si possono rifiutare. Ma rimarrebbe il dilemma di Fli che, alleandosi con il Pd, snaturerebbe il suo elettorato di riferimento.

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Moriremo dunque berlusconiani? Non per fare i pessimisti ma i dati dei flussi elettorati ci raccontano questa triste realtà. Non solo, ma ci dicono che se il Caimano dovesse spuntarla ancora una volta nel 2013 od anche prima, proprio in quell’anno potrebbe salire al Quirinale e nominare uno dei suoi delfini (Angelino Alfano, il più affidabile) a Palazzo Chigi. A quel punto il regime Mediaset-piduista sarebbe completato e la democrazia in Italia un ricordo del passato.

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