Il no di Napolitano al Lodo Alfano: “Palese irragionevolezza. Sminuisce l’autonomia del Capo dello Stato”

Il Presidente della Repubblica boccia senza appello il nuovo Lodo Alfano, laddove prevede anche la copertura per reati extrafunzionali della prima carica dello Stato. Le opposizioni: “Ritirare il disegno di legge”

ROMA – Se non è una bocciatura poco ci manca. Il Capo dello Stato Giorgio Napolitano ha deciso oggi di uscire dal riserbo che lo aveva caratterizzato riguardo alla battaglia politica per la nuova copertura impunitaria che Silvio Berlusconi sta imponendo alla sua maggioranza con il nuovo scudo costituzionale. In una lettera inviata al Presidente della Commissione Affari costituzionali del Senato, il pidiellino Carlo Vizzini, esprime le sue “profonde perplessità” sul testo normativo, che prevede la sospensione dei processi eventualmente in corso anche al Presidente della Repubblica. “Questa previsione non era del resto contenuta nella legge Alfano da me promulgata il 23 luglio 2008” scrive Giorgio Napolitano ed aggiunge: “Come già ribadito più volte, è mia intenzione rimanere estraneo nel corso dell’esame al merito di decisioni delle Camere, specialmente allorché – come in questo caso – riguardino proposte d’iniziativa parlamentare e di natura costituzionale. Non posso peraltro fare a meno di rilevare che la decisione assunta dalla Commissione da lei presieduta incide, al di là della mia persona, sullo status complessivo del Presidente della Repubblica riducendone l’indipendenza nell’esercizio delle sue funzioni”. Napolitano lamenta la “palese irragionevolezza” della previsione contenuta nel disegno di legge, laddove, scrive, “consente al Parlamento in seduta comune di far valere asserite responsabilità penali del Presidente della Repubblica a maggioranza semplice anche per atti diversi dalle fattispecie previste dal citato articolo 90”.

L’eccezione che pone il Capo dello Stato è quella, già rilevata da molti autorevoli costituzionalisti, dei “reati extrafunzionali” previsti dal nuovo Lodo Alfano, cioè quei reati che non rientrano nell’esercizio delle funzioni derivanti dall’incarico politico. Il richiamo all’articolo 90 della Costituzione è infatti chiaro. Esso prevede che il Capo dello Stato non è responsabili degli atti compiuti nell’esercizio delle sue funzioni “tranne che per alto tradimento o per attentato alla Costituzione”. Per questi ultimi, il Parlamento delibera lo stato di accusa “a maggioranza assoluta dei suoi membri”. Si tratta della principale critica che viene formulata al Lodo Alfano, che pure si vuole spacciare come un provvedimento che si ispira alla maggior parte delle legislazioni continentali e che invece, così come formulato, emerge come singolare stratagemma per immunizzare il premier da reati commessi prima dell’assunzione delle sue funzioni di Governo.

Da qui nasce quella “palese irragionevolezza” lamentata dalla prima carica dello Stato. Se pure la Costituzione aveva previsto una speciale immunità penale per il Presidente, questa non può estendersi ad atti commessi prima dell’assunzione dell’incarico – per giunta atti che si configurano come illeciti penali – altrimenti la prevista “immunità” si trasforma in una “impunità” penale non prevista da alcun ordinamento europeo (negli altri Paesi, infatti, il regime delle immunità riguarda soltanto gli atti funzionali).

Immediate le reazioni dell’opposizione. Casini, leader dell’Udc, ha sottolineato la necessità di “farsi carico delle preoccupazioni di Napolitano”, mentre Pd e Idv esortano l’Esecutivo a ritirare un provvedimento che ha suscitato una così marcata opposizione da parte del Presidente della Repubblica.

Condividi sui social

Articoli correlati

Università

Poesia

Note fuori le righe