Cgil. Negando il confronto con il sindacato sarà il Paese a pagare il prezzo

 

Camusso. Le parole “compagne e compagni, il nostro senso di appartenenza

ROMA – Vorrei smentire subito la notizia uscita su qualche giornale che noi avremmo censurato i termini ‘compagne e compagni’. Noi continuiamo a usare queste parole, che segnano il nostro senso di appartenenza”. Qualcuno, molto noto, dirà “ vedete ho ragione quando dico che quelli della Cgil sono conservatori”. Al contrario pensiamo che le parole pronunciate da Susanna Camusso concludendo il XVII Congresso della Cgil siano un segno di un a nuova modernità  a fronte di una società sempre più spezzettata, frantumata, violenta  non solo perché gli ultimi sono sempre più ultimi, l’uguaglianza lascia il posto a diversità sempre più pesanti, la solidarietà all’egoismo, la precarietà del lavoro diventa precarietà della vita. Camusso parla di “ senso di appartenenza”, questa è la modernità che serve oggi. Questo è il senso  della “tre giorni” della Cgil, una discussione vera, chi aveva da esprimere dissenso, critiche anche aspre come ha  fatto Maurizio Landini, lo ha fatto. “Senza fratture, senza scissioni come luii stesso ha detto. Sono state presentate tre liste per l’elezione degli organismi dirigenti. Ma il senso dell’appartenenza n on è venuto meno negli interventi nel dibattito, una settantina. Non è un caso che in molti abbiano toccato il tema della Confederalità,  i fondamenti della Cgil. Un Congresso vero, una platea di 953  delegati, oltre 1.600 invitati, la presenza delle forze politiche a partire dal Pd  Epifani, Fassina. Damiano, Taddei  presenti all’apertura dei lavori con Bersani e Cuperlo che hanno assistito alla giornata conclusiva.

Di Berardino.  Senza confronto e  risposte positive scioperi e manifestazioni

La Cgil ha guardato dentro se stessa, il mestiere del sindacato, si è detto a fronte dei problemi che oggi devono essere affrontati  perché   lo slogan del sindacato, “ il lavoro decide il futuro” diventi realtà, sia  il collante delle quattro vertenze da aprire, pensioni, ammortizzatori sociali, lavoro povero, giustizia fiscale. E c’è bisogno di un sindacato che si rinnova, che affronta le trasformazioni che ci sono state in questi anni, che sviluppa la partecipazione, la democrazia, che riprende la strada della contrattazione, del negoziato, della lotta e della mobilitazione. Dice il segretario generale della Camera di Lavoro di Roma e del Lazio che “negando il confronto con il sindacato e con i corpi intermedi sugli argomenti che incidono sul futuro del nostro paese, a pagare il prezzo, soprattutto sul piano dei diritti e dell’equità, sarà l’intero paese, i suoi cittadini, i pensionati, i giovani e i migranti”. “Di fronte a questo scenario – ha proseguito – il mestiere del sindacato è quello di contrattare, concertare, confrontarsi e, in assenza di confronto o in caso di risposte negative, indire scioperi e manifestazioni mirati a far avanzare le proprie rivendicazioni. Ecco perché credo non dobbiamo avere timore nel rispedire al mittente l’affermazione secondo la quale il nostro sindacato faccia parte del sistema. È troppo facile accusare il sindacato di far parte del sistema fraintendendo il senso di responsabilità dimostrato nel compiere alcune scelte difficili sui temi del risanamento e dello sviluppo del nostro paese. Sono anni che ci battiamo per cambiarlo, questo sistema”.

Si intrecciano gli interventi delle strutture territoriali e delle categorie

Si sono intrecciati gli interventi dei dirigenti sindacali delle strutture territoriali con quelli delle categorie, dalla più grandi alle più piccole, con pari diritti e anche pari doveri, la confederalità appunto. Da qui il Testo unico sulla rappresentanza sul quale si è appuntata la critica di Landini che lo ha portato a “uscire “ dal documento unitario con il quale aveva preso il via il dibattito congressuale e a presentare una sua lista per il Direttivo . Tanti interventi  che hanno espresso invece consenso anche se non sono mancati rilievi, osservazioni.  Massimo Cestaro, segretario generale della Slc, il sindacato dei lavoratori delle comunicazioni lo ha definito “una scelta strategica”. “ E’ la leva- ha detto – con cui possiamo esercitare la nostra azione negoziale senza doverci preoccupare di essere esclusi dalle trattative, senza più timore di essere ricattati. Soprattutto ci permette di avviare una politica contrattuale inclusiva e di dare le necessarie risposte a chi sta fuori dai confini del lavoro stabile”. Ha portato nel congresso i problemi della” crisi profonda  della comunicazione  determinata dall’andamento generale del paese, dalle difficoltà del mercato pubblicitario, dagli alti costi energetici, dal taglio dei contributi pubblici”. A questa crisi, ha concluso, occorre reagire “esercitando una vera e propria contrattazione di settore, avviando tra gli stessi più intensi processi sinergici, rafforzando il sistema delle reti, dando vita all ’agenda digitale .” 

Irone, un giovane studenti: “ C’è bisogno di Cgil. Serve un nuovo patto generazionale

Del “bisogno di Cgil “ parla un giovanissimo, Alberto Irone della Rete degli studenti medi. Richiama “ l’unità di intenti che la confederazione ha sempre dimostrato nei confronti del movimento studentesco”.  “Serve di un nuovo patto generazionale perché la vera, grande bellezza siamo noi. Le sfide sono enormi: una su tutte la scuola che esclude e non include. Parafrasando lo slogan del congresso, è l’istruzione che decide il futuro ed è la base di quello che dobbiamo fare insieme.”

Susanna Camusso aveva iniziato l’intervento conclusivo richiamando le parole  “compagne, compagni”.  Quando finisce di parlare si levano le note di “Bella ciao”. Il senso di appartenenza. Appunto.

Camusso non ci sono vie facili.  Inventiamo cose nuove, il congresso ha cominciato a farlo

Un discorso cominciato con il richiamo a un senso di appartenenza (“continuiamo a chiamarci compagne e compagni”) nel quale il leader della confederazione ha toccato tutti i temi affrontati nella tre giorni congressuale. “Se il sindacato non sta bene, quando c’è tanta disoccupazione, c’è bisogno di solidarietà interna. Abbiamo bisogno di essere casa comune e non un appartamento. Quel luogo in cui ci si sente parte prima della Cgil e poi della categoria. Se il lavoratore è in difficoltà, lo è indipendentemente dal lavoro che fa”. 

La Cgil “il codice etico lo ha: è lo Statuto dell’organizzazione”, ha aggiunto. “Non possiamo essere un’organizzazione dove se i risultati sono quelli che ci aspettiamo è tutto bello e trasparente, altrimenti se i risultati divergono dalle nostre aspettative insorgono dei dubbi. C’è un punto politico indiscutibile: la confederalità non può esistere se non si riconoscono i luoghi collettivi e non si trova tra di noi un punto d’incontro. C’è bisogno di grande unità nella nostra organizzazione, dove a decidere non siano solo due o tre dirigenti per tutti gli altri. Quel modello non mi appartiene, perché per decidere ci vogliono luoghi collettivi e il luogo collettivo principale è il direttivo della Cgil”.

Non manca un riferimento al Piano del lavoro, “è la proposta che abbiamo costruito, quello dovrebbe essere il contenuto delle lettere del Presidente del Consiglio. Non stiamo proponendo una via facile – prosegue in un passaggio applaudito – perché di vie facili non ce ne sono. Dobbiamo inventare cose nuove e il congresso ha cominciato a farlo”.

Sulla riforma delle pensioni, invece, “possiamo mantenere le nostre opinioni rispetto al passato, poi gli storici diranno. Ma sul futuro dobbiamo essere d’accordo: le ferite aperte con Cisl e Uil bruciano ancora, ma pensate che possiamo fare una battaglia da soli, senza subire nuovamente una bruciante sconfitta? Dobbiamo porci il tema del confronto, la necessità di ricostruire obiettivi comuni, ricordando a noi stessi che quelle organizzazioni non sono solo i loro segretari generali”. 

La confederalità è dibattito collettivo, non è questione di segretari generali: “Altro che primarie, sarei anzi per ridimensionare il ruolo del segretario generale”, frase che ha ricevuto molti applausi. “Capisco chi ci chiede di chiuderci in una stanza e metterci d’accordo, capisco anche la logica di affetto verso l’organizzazione alla base di questa richiesta, ma l’idea che alcuni segretari decidano tutto non mi appartiene, bisogna individuare i luoghi della discussione collettiva e questo luogo è il direttivo della Cgil”. (rassegna.it)

 

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