Euroscettici. L’Italia nel gruppo di testa. L’analisi dell’Istituto Cattaneo

ROMA – Rispetto alle elezioni del 2009, i sondaggi indicano che il fronte dei partiti euroscettici è fortemente in crescita in quasi tutti i Paesi dell’Area Euro: l’Italia è la seconda in questa crescita dopo la Grecia.In Italia la crescita del fronte anti-UE è dovuta principalmente all’affermazione prevista del Movimento 5 Stelle.Secondo le previsioni, l’Italia diventerà lo Stato con il maggior numero di rappresentantieuroscettici nel prossimo Parlamento europeo.

Tuttavia, anche in Italia, la maggioranza ancora si esprime in favore dell’Euro.L’Istituto Cattaneo ha analizzato le previsioni di voto per le elezioni europee del 25 maggio, sulla base dei dati disponibili sul sito www.pollwatch2014.eu, allo scopo di valutare la portata e l’impatto del voto euroscettico. L’analisi si è concentrata sui 18 Paesi dell’Area Euro e ha preso in esame tutti i partiti per i quali i dati disponibili lasciano prevedere l’assegnazione di almeno un seggio. Fra questi l’Istituto Cattaneo ha identificato i partiti appartenenti alla famiglia degli “euroscettici”, per i quali si sono analizzate le previsioni di voto e quindi di assegnazione dei seggi nel Parlamento europeo. L’opinione pubblica italiana è sempre stata – storicamente – una delle più filo-europee. Nel 2003 (Eurobarometro 60), con il 72% di risposte positive, i cittadini italiani erano i più favorevoli dell’intera UE (media 53%) allo sviluppo di un unione politica europea. Notoriamente gli italiani sono un popolo esterofilo, con un sottile complesso di inferiorità (ben diversi per esempio dai cugini francesi spesso accusati – e non del tutto a torto – di eccessiva ammirazione verso se stessi, se non di sciovinismo). Complice la crisi economica, questo atteggiamento degli italiani verso l’integrazione  europea è tuttavia cambiato negli ultimi anni. È cambiato, però, non solo in Italia, ma in tutta Europa. Quanto questo cambiamento si rifletterà sull’esito delle prossime elezioni europee? L’Italia rimarrà ancora in vetta alla graduatoria dei paesi filo-europei?

L’euroscetticismo si è affermato nel corso degli anni come risultato dell’emergere di una nuova dimensione di competizione politica, alternativa e trasversale alla tradizionale contrapposizione sinistra/destra, e più strettamente legata al grado di consenso per il processo di integrazione europea. Nella famiglia euroscettica ha così trovato collocazione un insieme estremamente eterogeneo di partiti, che vanno dalla destra nazionalista alla sinistra estrema, uniti dall’opposizione a ulteriori forme di cessione della sovranità da parte degli Stati verso l’Unione. Negli ultimi anni, la crisi e le misure di austerità introdotte a livello europeo hanno dato ulteriore impulso allo sviluppo del fronte euroscettico, portando alla nascita di nuovi partiti dichiaratamente contrari al processo di integrazione. Per questo motivo, è opinione diffusa, e ampiamente sostenuta dai media, che le prossime elezioni vedranno un’affermazione straordinaria dell’euroscetticismo. Quanto è fondata questa

opinione?

I dati a nostra disposizione confermano la crescita del fronte anti-UE nei Paesi dell’Area Euro. Come mostra la fig. 1, confrontando le percentuali di voto ottenute nelle elezioni 2009 dai partiti classificati come euroscettici con le previsioni per il 2014, notiamo infatti che, dove presenti (nel grafico non

compaiono Cipro, Estonia, Lettonia, Lussemburgo, Malta e Spagna perché le previsioni non assegnano alcun seggio a partiti euroscettici), essi hanno ampliato la propria base di consenso, con la sola

eccezione del Belgio. Particolarmente marcato è l’aumento previsto non solo in Grecia (dal 13,1 al 45,3%) e Italia (dal 10,2 al 30,7%), ma anche in Germania e Francia, dove per i partiti contrari al processo di integrazione ci si attende un raddoppio dei consensi e oltre (rispettivamente, dal 7,5 al 15,9% e dall’8,1 al 26,5%). In termini assoluti, inoltre, rimane forte l’atteggiamento euroscettico nei Paesi Bassi e in Austria. Sembra dunque emergere non solo l’opposizione dei Paesi mediterranei, maggiormente toccati dalla crisi, per le misure di austerità imposte dall’Unione europea, ma anche lo scontento di quei cittadini che, nei Paesi mitteleuropei, si considerano penalizzati dalle misure adottate a sostegno dei Paesi più deboli.

Quanto di questo successo è da attribuirsi alla crescita dei partiti euroscettici già affermati e quanto allo sviluppo di formazioni che per la prima volta ci aspetta saranno rappresentate nel Parlamento europeo? La fig. 2 mostra come solo in tre Paesi – Germania, Grecia e Italia – sia cruciale il ruolo dei nuovi partiti euroscettici. In Italia, in particolare, la crescita prevista del fronte anti-UE, tradizionalmente rappresentato dalla Lega Nord, si spiega per lo più con l’affermazione del Movimento 5 Stelle, dichiaratamente contrario alle politiche di integrazione così come finora impostate e favorevole all’uscita dall’Euro, per il quale si prevedono percentuali di voto vicine al 25%. In Germania è invece Alternative für Deutschland (Alternativa per la Germania, previsioni: 6% circa), la formazione anti-Euro guidata da Bernd Lucke, ad imporsi come nuova espressione dello scontento tedesco.

Quale sarà dunque l’impatto complessivo del voto euroscettico sulla composizione del nuovo Parlamento europeo? Per comprenderlo occorre considerare come il voto nei diversi Paesi si tradurrà in numero di seggi. La fig. 3 rappresenta la previsione di voto per i partiti euroscettici dei Paesi considerati e il numero di seggi che ad essa corrisponde. Scopriamo così che, sulla base di questi dati, l’Italia diventerebbe lo Stato membro con il maggior numero di rappresentanti euroscettici nel Parlamento europeo: ben 25 su un totale di 73 seggi assegnati al nostro Paese. A seguire, Francia, Germania e Grecia, con, rispettivamente, 23, 15 e 11 seggi.

Considerando che la crisi economica ha contribuito ad erodere un po’ ovunque l’entusiasmo popolare nei confronti dell’integrazione europea, questi dati non risultano particolarmente sorprendenti. Per quanto riguarda l’Italia, i dati dell’Eurobarometro mostrano come la fiducia nell’Unione europea sia nettamente declinata nel corso degli ultimi anni: se nel 2003 il 57% degli Italiani dichiarava di avere fiducia nell’Unione europea (Eurobarometro 60), nel 2013 questo dato scende al 23% (comunque più alto rispetto a quello registrato dalle istituzioni nazionali), contro una media europea del 31% (Eurobarometro 80). Inoltre, i dati mostrano come, in controtendenza rispetto agli anni passati, la maggioranza degli Italiani (53%) dice di non sentirsi un cittadino dell’UE. Peggio fanno solo Grecia e Regno Unito, con, rispettivamente, il 58 e il 56% di risposte negative.

Tuttavia, questo quadro appare più sfumato se si considera che la moneta unica resta un punto fermo:  pur in calo rispetto allo scorso sondaggio (Eurobarometro 79, 59%), la maggioranza degli Italiani si esprime a favore dell’Euro (53%). Ciò sembra suggerire che la fiducia accordata dagli elettori ai partiti euroscettici non implica necessariamente l’appoggio a scelte drastiche quali l’uscita dall’Euro, quanto piuttosto la volontà di esprimere un malcontento complessivo ed innescare così un più articolato processo di riforma della governance europea.

 

Condividi sui social

Articoli correlati