Riforma Senato. Intervista al Senatore Miguel Gotor

“Le regole della vita democratica non possono essere le stesse di chi gioca ad asso pigliatutto”

ROMA – In attesa della votazione sul ddl Boschi fissata per il 13 ottobre prossimo, chiediamo al senatore Miguel Gotor, firmatario del documento che 25 senatori del Pd presentarono a luglio in Parlamento illustrando le modifiche da apportare al decreto, quale sia lo scenario nel quale avverrà votazione alla luce dell’ accordo raggiunto dalla maggioranza del partito sugli emendamenti da presentare alla nuova legge costituzionale. 

Senatore, la maggioranza del Pd ha finalmente raggiunto l’accordo sulle modifiche del ddl Boschi e il maggiore risultato raggiunto è che il Senato “tornerà” elettivo; testualmente i consiglieri regionali eleggeranno i senatori “in conformità alle scelte espresse dagli elettori”. Siamo quindi di fronte ad una ratifica della volontà popolare operata dagli organi regionali? In sostanza cosa muta rispetto all’ attuale art 57 della Costituzione?

Si tratta di un compromesso ragionevole che risponde al principio che avevamo a lungo invocato e che cioè i cittadini potessero scegliere i loro rappresentanti al Senato e l’elezione dei consigli regionali equivalesse a una mera ratifica e presa d’atto della volontà popolare. Dal punto di vista politico e sostanziale si tratta di una elezione diretta, dal punto di vista giuridico e formale essa è anche di secondo grado perché il processo di legittimazione si conclude con il voto dei consigli regionali che però è vincolato. Per noi, alla luce dell’Italicum, dove la maggioranza dei deputati sarà ancora una volta nominata dall’alto, era fondamentale che non si aggiungessero altri 100 senatori cooptati dalle segreterie dei partiti perché le proporzioni sarebbero diventate davvero eccessive: la rappresentanza non si può scegliere a tavolino espropriando i cittadini del loro diritto di scelta. Ciò a lungo andare provoca un impoverimento della qualità della democrazia di un Paese.

Valicato il passaggio cruciale dell’elettività diretta, restava da affrontare la questione delle funzioni del Senato. Solo attraverso il superamento del bicameralismo perfetto è auspicabile una velocizzazione del sistema legislativo. In un’ottica di separazione delle competenze, quali poteri devono attribuirsi al Senato onde evitare uno svilimento delle sue funzioni?

Se si legge oggi il documento dei 25 senatori del PD che abbiamo presentato a luglio si può constatare che è stata accolta una seconda nostra richiesta non meno importante della prima. La Camera dei deputati aveva amputato in modo discutibile una serie di funzioni di verifica e di controllo (sulle politiche europee, sulla valutazione della pubblica amministrazione) che ora sono state restituite al Senato. E’ un aspetto significativo che parte dal presupposto che un Senato liberato dal vincolo di fiducia con il governo può essere potenzialmente più autorevole e libero nell’esercitare queste funzioni di controllo. A questo proposito e in base a questa considerazione auspichiamo che possano essere riconosciuti al Senato anche poteri di inchiesta.

Il raggiungimento di questo accordo segna sicuramente un passo avanti nel superamento delle divergenze interne al Pd, sarebbe stato pronto a lasciare il partito in caso di fallimento? O antepone la sua unità alle questioni legislative?

Il tema della scissione non esiste. Esso viene ciclicamente sollevato da qualche provocatore e raccolto da quei giornalisti più disposti a lavorare sulle veline e i presunti retroscena che a raccontare i processi politici effettivi. Per quanto mi riguarda se non fossero state accolte le richieste relative all’elettivita’, le funzioni del Senato e le modalità di elezione degli organi di garanzia non avrei votato questa riforma, ma ciò non mi avrebbe indotto a lasciare il PD. Anzi mi avrebbe determinato ancora di più nel dare battaglia al suo interno.

Il 13 ottobre è fissata la votazione finale sul ddl Boschi. Sel ha ridotto il numero di emendamenti a circa 1.100 e ugualmente la Lega ha ritirato quelli sull’art 1 e 2 ma rimane ancora una fetta consistente degli 82 milioni presentati da Calderoli. Come si muoverà il Pd fino al giorno del voto? Sono in cantiere alcuni accordi? È possibile un incontro tra le parti, o i Verdi continueranno a fare ostruzionismo?

È’ difficile fare previsioni. Anzitutto stiamo aspettando la decisione del Presidente Grasso sull’emendabilita’ dell’articolo 2 e sull’ammissibilita’ degli altri emendamenti. Noi non abbiamo ritirato i nostri, a parte quelli relativi al comma 5 dell’articolo 2 oggetto dell’accordo, perché siamo consapevoli che bisogna ancora intervenire sulla norma transitoria che regolera’ l’elettivita del nuovo senato alla prima occasione in cui si voterà’, e perfezionare le modalità di elezione del Presidente della Repubblica. Siamo soddisfatti che l’elezione di due giudici della Corte costituzionale sia ritornata in capo al Senato perché anche questa era una nostra richiesta. Non si poteva lasciare in mano al vincitore del premio dell’Italicum del tutto o quasi anche la scelta degli organi di garanzia stante il divario che si è venuto a creare tra 630 deputati e 100 senatori, una volta riuniti in seduta comune. Le regole della vita democratica non possono essere le stesse di chi gioca ad asso pigliatutto.

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