Governo del bunga bunga senza maggioranza. Fallisce la mediazione di Bossi

Gianfranco Fini ribadisce le posizioni di Perugia: dimissioni di Berlusconi. Il leader leghista ora punta ad una crisi pilotata, con reincarico al magnate di Arcore. Bordata di Napolitano sul Governo: “C’è un grande buio, il vuoto delle scelte”

ROMA – Dopo il colloquio fra Gianfranco Fini e Umberto Bossi, svoltosi questa mattina nello studio del Presidente della Camera a Montecitorio, nel quale il leader dei futuristi ha ribadito alla Lega le cose annunciate a Perugia (dimissioni di Berlusconi e formazione di un nuovo Esecutivo allargato all’Udc), lo stesso Fini si è chiuso nei suoi uffici con Italo Bocchino e Roberto Menia per analizzare la situazione. Poi, un pranzo di lavoro allargato ad altri deputati e senatori. Le bocce sono ferme, par di capire, nulla è cambiato rispetto allo scorso week-end. “Io aspetto una risposta formale da Silvio Berlusconi alle cose che ho detto a Bastia Umbra” ha riferito il leader di Fli ai suoi, aggiungendo: “E, come ho appunto detto in quella occasione, ritirerò la delegazione Fli al governo se la risposta sarà negativa. Ovviamente, un attimo dopo il rientro del premier da un importante vertice internazionale com’è il G20 di Seul”. La mediazione di Bossi era intesa a “capire quanto io fossi fermo sulle dimissioni di Berlusconi, perché il premier non vuole dimettersi”, inoltre “la Lega non ha nascosto che avrebbero problemi a far entrare l’Udc”. Una situazione di completo stallo tattico, come gli eserciti che non abbiano ancora deciso quale dei due debba operare l’attacco risolutivo ed attendono l’alba per vedere meglio la situazione che hanno di fronte sul campo di battaglia.

Berlusconi da Seul: “Ho qualche problema”

Il premier intanto, a Seul dove si è recato per il vertice G20, deve aver terminato la sua notevole scorta di “ghe pensi mi”, visto che ha confidato al primo ministro vietnamita Nguyen Tan Dung: “Nel mio Paese ho qualche problema”, eufemismo per comunicare che oramai è cotto a puntino e non gli resta che recarsi al Colle per rassegnare le dimissioni. Praticamente, il premier italiano ha seguito in diretta l’incontro fra Fini e Bossi, essendo in continuo contatto con la sua segreteria politica romana. Quando gli hanno comunicato l’esito negativo dell’incontro, si è recato nell’albergo della capitale della Corea del Nord, dove ad attenderlo c’erano centinaia di giornalisti e telecamere, ma non ha proferito una parola. Si è riunito con la sua delegazione per studiare la crisi politica interna. L’ipotesi che appare più verosimile allo stato dei fatti, considerando anche la più che probabile uscita dei finiani dal Governo, è che il premier si rechi al Quirinale per ottenere un reincarico dal Presidente della Repubblica. Bossi la ritiene possibile: “Altre volte è avvenuto così. È andato dal presidente della Repubblica per avere il reincarico. Meglio una crisi pilotata che una crisi al buio”. La storia repubblicana è piena di reincarichi ma è anche vero che, solitamente, essi disegnano plasticamente una situazione di immobilità politica, l’assenza di qualsiasi maggioranza alternativa a quella che si è dissolta. D’altronde, se Berlusconi avesse un reincarico, si tratterebbe di aprire consultazioni che non potrebbero portare ad altro se non all’accettazione delle richieste di Fini. E Bossi sembra sempre più allergico a fare un Governo con Casini (“L’Udc? Che vada al mare!” ha esclamato ai giornalisti nel pomeriggio).

Situazione senza vie di uscita

Allo stato, c’è una crisi extraparlamentare (il Governo ha avuto la fiducia del Parlamento soltanto un mese e mezzo fa), cioè la frantumazione di una maggioranza uscita vincitrice dalle elezioni dell’aprile 2008, che non si comprende come possa essere superata. Bossi ha prospettato a Fini l’accoglimento di alcune sue richieste, come la riforma del “porcellum”, ma il leader di Fli, spinto da un Casini sempre più fermo, non accetta alternative alle dimissioni di Berlusconi. All’orizzonte vedrebbe, dunque, un Governo senza più il magnate di Arcore proprio perché considera esaurita la sua esperienza politica, dato l’immobilismo dell’azione politica ed amministrativa dell’attuale compagine ministeriale. A nulla sono valse anche proposte più carognesche, come l’esautoramento degli ex colonnelli di An, che pure non dovrebbe dispiacere a Fini, tutti tatticismi che non sono in grado di ricucire lo strappo.

D’altronde lo scenario politico ha oramai assunto le dimensioni di una vera e propria disfatta. L’Italia ha un Governo che non amministra la cosa pubblica, tutto preso, prima dai vari scudi giudiziari del premier, poi dalla crisi interna. Lo stesso Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ha oggi sottolineato come “c’è una grande confusione, un grande buio, il vuoto sulle scelte e sulle priorità nella destinazione delle risorse pubbliche”.

Gli ultimi dati dei sondaggi puniscono il centro-destra come non mai. Secondo l’Ipsos, l’alleanza fra Pd-Idv-Sel supererebbe di un punto quella rappresentata da Lega e Pdl (37% a 36%), mentre i centristi conquisterebbero il 20%. Ciò spiega i tentativi di mediazione di Bossi, cioè l’ansia di non andare ad elezioni anticipate. Ma, all’orizzonte, si affaccia sempre di più la formazione di un governo tecnico, sul quale il leader dei democratici Pierluigi Bersani così ragiona: “Non parliamo di Governo tecnico ma un Governo di transizione perché noi vogliamo una ripartenza e non una nuova palude. Un governo che deve avere una evidente discontinuità, cambiare la legge elettorale e affrontare due questioni emergenti: l’occupazione giovanile e fare almeno uno stralcio della riforma fiscale. Poi in tempi brevi si va a votare”.

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