Se Bersani rompe gli ormeggi

ROMA – Se ne vedono, se ne sentono, se ne leggono di tutti i colori.  La parte del leone la fanno i talk show, ma anche la carta stampata ci mette del suo nel commentare i risulti della tornata di elezioni amministrative.

Se ne potrebbe scrivere un copione per un film dell’orrore. Vediamo di riassumere alcuni punti fermi. Primo: si è votato per eleggere i sindaci, in alcuni grandi centri, in tanti comuni sotto i 15 mila abitanti. Al ballottaggio in quelli sopra i quindicimila abitanti, quando non si raggiunga il 50% più uno dei voti, una botta e via negli altri. E’ possibile anche il voto disgiunto, per il sindaco e per un partito diverso da quelli che sostengono il candidato sindaco. Stante questo sistema elettorale diventa molto difficile contare i voti dei partiti. Anche le liste civiche, vere e finte, rendono il calcolo ancora più complicato. La grande frammentazione che ha caratterizzato questa tornata elettorale non consente in alcun modo di  dare valore nazionale  per quanto riguarda i voti dei singoli partiti.
La disaffezione degli elettori

Valore nazionale assume invece uno dei dati più  la disaffezione crescente degli elettori  che in modo ancor più massiccio di quanto avvenuto al primo turno, disertano i ballottaggi.   L’astensione dal voto e il numero dei sindaci conquistati dalle forze politiche in campo sono gli unici due elementi che consentono una valutazione  certa.  Da ormai molti anni,  assistiamo ad una caduta sempre più consistente della percentuale dei votanti. Oggi siamo ormai ad un 50% e, nei ballottaggi, anche più sotto. E’ un  segnale preoccupante , in controtendenza  con un Paese che si mobilita, scende in piazza,manifesta, si batte per il lavoro,i diritti, rivendica la redistribuzione del reddito, partecipa con entusiasmo a referendum come quello dell’acqua. Come non ricordare grandi manifestazioni come quelle delle donne, quelle per la libertà dell’informazione. Un Paese vivo. Le elezioni, anche se si tratta dei sindaci, l’istituzione più vicina ai cittadini, non suscitano emozioni.
Il morso della crisi pesa sul voto

E’ il morso della crisi che preoccupa le famiglie italiane, sono i figli senza lavoro, è il conto della spesa, è la fine del mese  quando non ci sono più soldi, è  il mutuo da pagare, la pensione che  non consente di vivere. La disperazione allontana  dal voto, lo fa ritenere non essenziale.   E’ questo un tema di riflessione per i partiti, ma anche per i media . Seconda questione:   è cambiata radicalmente la geografia politica  per quanto riguarda i comuni che sono andati al voto.  Partiamo dalla Lega: aveva  12 sindaci nei comuni sopra i 15mila abitanti. Ora ne ha solo due, uno di cui è sindaco Tosi, Verona, si muove per suo conto. Il  Pdl  nel Centro-Nord   ne amministrava 49 comune contro i 20 del centrosinistra. Ora ne amministra 12 contro i  44 per il centrosinistra. Il  Nord è passato di mano.  Più in generale dei 177 comuni al voto 92 sono stati vinti dal centrosinistra che ne amministrava solo 45. Dice Bersani che il Pd ha vinto senza se e senza ma. Noi, ribadiamo quanto scritto da Pietro Folena, togliamo il sé, ma lasciamo il ma. Non per mettere in dubbio la vittoria, ma, appunto, per quanto riguarda il futuro. Non ci pare molto seria neppure la disputa che piace tanto a giornalisti, di ogni parte e di ogni tendenza, che invece di guardare alla realtà dei fatti e dei numeri si trasformano in castiga matti, loro sì che sanno tutto, saprebbero governare il paese. Si dice che il Pd ha vinto perché sono crollati il Pdl e la Lega. Diciamo di più, sono un esercito in rotta.
C’è sempre uno che vince e uno che perde

 In qualsiasi gara c’è  sempre uno che vince e uno che perde.   Si dice, cosa più interessante,che il Pd non ha avuto la capacità di aumentare i propri consensi anche a fronte del crollo di Pdl e Lega.  I sondaggi  se si votasse oggi per le elezioni politiche danno il Pd variabile fra il 26 e il28%.  Abbiamo vissuto quasi venti anni di berlusconismo, uno scontro duro fra centrosinistra e destra che lascia il segno. A Parma l’indiscutibile successo del movimento 5 Stelle ha avuto un consistente contributo dai voti del Pdl e della Lega in rotta, cosa che è avvenuto, i flussi elettorali parlano chiaro, in tante altre città nel computo dei “grillini” bisogna mettere questi voti non in libertà ma indirizzati.  Sempre a proposito di 5 Stelle è chiaro che si tratta di un nuovo partito. Grillo è un comico è come tale affronta la politica come fosse uno spettacolo , usando frasi forti , offese anche volgari. Come quando il capocomico nel vecchio varietà, se la prendeva con la “ spalla”. Si tratta di una realtà con la quale occorrerà fare i conti.  Il voto indica una cosa chiara:  che al Pd spetta  il compito di tirar fuori l’Italia da una situazione che precipita ogni giorno che passa, ridare speranza a chi l’ha persa,  difendere e rafforzare la democrazia ,battersi per il lavoro, la giustizia sociale, le<libertà individuali e collettive che si fonda sul Parlamento, sui partiti.

 

Un Paese che non si rassegna

C’è un Paese fatto di forze sociali, movimenti, associazioni,  che si esprimono nei modi tradizionali , la vecchia ,sempre valida parola lotta, che utilizzano il web, internet, che vogliono partecipare, contare. Hanno bisogno di una forza politica faccia propri  i bisogni, esigenze, che le trasformi in iniziativa politica, in Italia e in Europa. Una forza politica aperta, non un coacervo di correnti, di comitati elettorali.  Il voto dice al Pd che una coalizione di centrosinistra vince , che le forze progressiste che si richiamano al socialismo europeo, all’ambientalismo, al solidarismo, hanno le carte in regola.  Se  Bersani rompe gli ormeggi , se il Pd presenta un progetto di società, un programma di governo, si fa  promotore di dare gambe solide ad una coalizione di centrosinistra, aperta, ma non da questo condizionata, ad altre forze con le quali si può fare un cammino comune , si possono aprire nuove prospettive per quel Paese che non vuole mollare, non molla. Ora è il tempo

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