Formigoni. Indagato senza avviso di garanzia. Italia delle stranezze

ROMA – Il 23 giugno scorso scoppia il caso del governatore lombardo Roberto Formigoni, indagato per illecito finanziamento elettorale per oltre mezzo milione di euro e per corruzione attraverso molteplici benefit di ingente valore patrimoniale che il mediatore Pierangelo Daccò gli avrebbe messo a disposizione.

La stranezza è che a darne notizia non è la Procura che eventualmente indaga sulla vicenda, bensì il Corriere della sera barricato dietro alle sue fonti riservatissime. Sta di fatto che oggi è il 27 giugno, sono trascorsi quattro giorni dal momento del lancio della notizia e al presidente Formigoni non è stata recapitata alcun avviso di garanzia. Come mai?  E com’è possiìbile essere arrivati  ad una conclusione anticipando di così tanto tempo le mosse dei magistrati inquirenti? Fuga di notizie? Semplici deduzioni a cui si è arrivati attraverso intercettazioni secretate? Oppure quella famosa macchina del fango, che il caso Boffo ha messo in evidenza nelle sue molteplici sfaccettature, si è improvvisamente inceppata? A questo punto ogni risposta lascerebbe il tempo che trova. Dopo la notizia del Corriere si dava per certo che fosse soltanto questione di tempo, di poche ore prima che la prova madre arrivasse dalle fonti autorevoli della magistratura.
Invece niente.

L’unica novità legata all’inchiesta in cui però è indagato Pierangelo Daccò,  l’amico faccendiere di Formigoni, è che il Pm di Milano Luigi Orsi ha chiesto cinque anni e mezzo per la sua carcerazione nell’ambito dell’inchiesta sulla bancarotta del San Raffaele. Quindi tutt’altro filone d’indagine.

Insomma un Paese che si reputa  garantista a tutela di qualsiasi individuo sottoposto ad azione penale, certe cose non dovrebbero succedere se non quando ce n’è la certezza assoluta. Comprendiamo la vanità giornalistica di trasformare una notizia in uno scoop sensazionale, di voler far intendere ai propri lettori che l’unica verità è racchiusa nelle loro colonne, ma il noto quotidiano di Via Solferino ha come si suol dire “toppato”. E alla grande.
Di certo il Corriere, che per molti rappresenta una sicurezza mediatica, è riuscito nel suo intento, ovvero quello di creare un po’ di zizzania. Maroni ha già detto di essere pronto ad abbandonare Formigoni alle prossime amministrative, altri esponenti hanno aumentato ulteriormente i loro dubbi sull’operato del governatore, altri ancora,  provenienti dalle stesse fila cattoliche azzardano ad un timido ricambio politico.  
Intanto il governatore non intende mollare e promette battaglia contro gli ideatori di questa campagna mediatica che lui definisce “furibonda e scomposta” lanciata contro la sua persona. E’ evidente – puntualizza –  che delle falsità scritte o trasmesse in queste settimane e in questi giorni ogni responsabile sarà chiamato a rispondere” .

L’unica domanda che sorge spontanea è che cosa sia veramente successo. E’ forse questa l’informazione che vogliamo, fatta di mosse anticipate contro il personaggio di turno, ancora prima che la giustizia abbia fatto il suo corso. Ammesso e concesso che esistano gli elementi utili al caso. Oppure c’è qualcos’altro di cui noi comuni mortali non  siamo a conoscenza? Forse una font all’ultimo momento si è tirata indietro, oppure una mossa decisa a tavolino per registrare le tante reazioni? Chi lo sa, in Italia può succedere di tutto. Anche essere indagati mediaticamente, lasciando il libero giudizio di condanna o di innocenza all’opinione pubblica, mentre le domande affollano la mente nel tentativo di capire i tanti perchè, che in questo Paese tardano sempre ad arrivare.

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