Se il Pd mettesse la palla (programma e alleanze) al centro

Scende in campo la confusione. Una  squadra molto agguerrita che trova largo spazio nei media. Una vera e propria babele di linguaggi.  Si vota a ottobre, no a novembre, no in primavera del 2013. 

E giù i propositi di Napolitano, Monti, Bersani, Alfano, Casini, i tre che sostengono  il premier con sul predellino, ma ancora non sa quale sia l’auto, Berlusconi.  I retroscena si sprecano , gli editorialisti si sfidano, ognuno ha una sua ricetta, una sua verità. Le dichiarazioni di esponenti dei partiti si sprecano.   Intanto in Senato Pdl e e Lega si ritrovano e votano il semipresidenzialismo. Lasciano l’aula il Pd e l’Idv, votano contro Udc e Api. In un paese normale si direbbe che la maggioranza che sostiene Monti non c’è più.  Sulle riforme costituzionali era stato sottoscritto un documento, ma il Pdl è tornato ai vecchi amori. Dice Anna Finocchiaro, capogruppo Pd , “una discussione senza costrutto”.

 

Bersani. Irresponsabile il voto sul semipresidenzialismo

Non avrà alcun seguito, una provocazione. Va giù di brutto Bersani, il segretario del Pd: “Spero solo che con questo gesto irresponsabile, inutile e del tutto inconcludente, non si faccia deragliare quello che dobbiamo fare subitissimo, che è la riforma della legge elettorale”. Alfano si affretta a precisare che la riforma elettorale va messa in cantiere. Allora perché il Pdl ha votato, Pisanu si è chiamato fuori, una cosa che non sta né in cielo né in terra?  Confusione, appunto mentre il Paese  vive uno dei momenti  più difficili della sua storia con la speculazione in grande spolvero che  picchia da ogni parte, l’Europa sbanda, i provvedimenti del governo, la spending review, messi sotto accusa da parte dei Comuni, delle Province, delle Regioni, di Cgil, Cisl, Uil. Sono a rischio servizi essenziali, dalla sanità ai trasporti, alla scuola, decine di migliaia di posti di lavoro come denuncia la Fiom.  La Cisl presentando  una ricerca descrive un quadro dell’occupazione da brivido. Pone al governo il problema di un patto sociale per lo sviluppo. La Cgil punta ad un piano del lavoro.

 

Uno scenario europeo di vertici inconcludenti

A rendere ancor più fosca la situazione, a disegnare un futuro senza luce uno scenario europeo fatto di vertici, incontri, teleconferenze, dichiarazioni, interviste, documenti sottoscritti dal Consiglio dell’Ue dopo dibattiti lunghissimi, fino alle oprime ore del mattino. Gli impegni annunciati, il giorno dopo venivano rimessi in discussione. Vedi il “salva–stati, lo scudo contro la speculazione, che non fanno passi in avanti, anzi si muovono come il gambero. Intanto Hollande  ha dato il via alla Tobin tax, la tassazione delle rendite finanziarie.  Ma, dicono i detrattori, una scelta che riguarda solo uno stato darà pochi risultati. Ma ci voleva qualcuno che si muovesse, buttasse il sasso nella morta gora. E si torna all’Italia. L’unico modo per uscire dal pantano è quello di portare in primo piano  i problemi reali del Paese, come affrontarli e come risolverli. La palla è nelle mani del Pd, il più forte partito, con i sondaggi che lo vedono in crescita.  E’ tempo che la metta al centro del campo. L’assemblea nazionale, infelicemente conclusa con la disputa su diritti civili, le coppie di fatto, ha dato un mandato pieno al segretario Bersani per aprire il percorso e costruire, dal basso, coinvolgendo movimenti, associazioni, intellettuali, la “carta di intenti” su cui misurare le possibilità di alleanze, la costruzione della coalizione , il rapporto fra  progressisti e moderati.  Altrimenti le “ beghe” di partito, come le chiama Bersani,  saranno ancora una volta pane per i retroscenisti. Ma di questo il Paese non ha bisogno.

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