Forse basta il buon senso

ROMA – La precarietà del contesto entro cui si sviluppa la dialettica politica italiana, e la grande incertezza che grava sulla sua evoluzione a breve e medio termine, non costituiscono un alibi per la sinistra a desistere dal percorso di ridefinizione di sé e delle proprie politiche.

Gli elementi di precarietà ed incertezza sono molti ed evidenti: che ne sarà del centro-destra, con o senza Berlusconi?, e della coalizione PdL-Lega? E quale configurazione si darà l’area centrista, attorno od oltre i sempiterni (al di là dell’anagrafe) Casini e Fini? E soprattutto come sarà la nuova legge elettorale, se ci sarà una nuova legge elettorale?
Questioni di tutto rilievo e reciprocamente incidenti sulle scelte tattiche di ciascuno degli attori.  
E tuttavia è indispensabile sottrarsi al perenne stato di necessità, al tatticismo permanente. L’esigenza incombe da tempo, e più di recente a sinistra si sono prodotti alcuni rilevanti fatti nuovi, che anche in questa sede abbiamo riscontrato e valorizzato. Mi riferisco al consolidarsi del rapporto fra PD e SEL, al significato, non solo simbolico, del recente incontro fra Bersani e Vendola, ed anche –perché no?- alla prefigurazione di una possibile futura alleanza di governo fra il centro sinistra propriamente inteso e una parte dei centristi. Personalmente sono propenso ad annoverare fra le novità positive di questa fase anche lo stato di evidente sofferenza in cui è precipitata l’IDV. Potrebbero essere i prodromi di un indispensabile chiarimento strategico: infatti considerare l’IDV che conosciamo, in quanto tale, parte organica della sinistra, continua ad apparirmi  valutazione avventata ed un poco spericolata.
Ora, dunque, dovrebbe bastare il buon senso ad indurre il centrosinistra a concentrare tutte le risorse intellettuali e politiche nella progressiva definizione progettuale e programmatica. Il passo avanti compiuto lo consente, anzi: lo pretende. Il centrosinistra definisce più nettamente i propri confini, si è dato una “carta dei valori” che lo rende riconoscibile come soggetto unitario e pluralista, ma alla definizione più compiuta delle strategie di intervento serve un progetto organico e partecipato, per essere vincente nel confronto politico-elettorale serve un programma che parli ai cittadini dei loro problemi e delle soluzioni possibili.  
Questi sono ora gli ambiti in cui esercitare la capacità propositiva e il confronto, innanzitutto interno; oltre a sorvegliare la frontiera degli assetti istituzionali: difesa della Costituzione, riforma della legge elettorale.
Considerazioni di puro buon senso, si diceva. Non intendo con ciò semplificare oltre il lecito il quadro dei problemi che derivano da un contesto tanto incerto e confuso; molti altri ci verranno posti,  e tuttavia è indispensabile capitalizzare i passi avanti compiuti. Che senso ha, dunque, il riemergere periodico e ricorrente di ipotesi, tutte politiciste ed astratte, che depistano da questo percorso? Penso, ad esempio, alla fantomatica “lista civica dei sindaci”. Che senso avrebbe? Quello di valorizzare, nella futura competizione elettorale, personalità stimate ed autorevoli ed esperienze di governo vitali e positive? A questo giusto obiettivo saranno finalizzati i percorsi di selezione partecipata delle candidature che la coalizione organizzerà, nella forma che risulterà più efficace in ragione della legge elettorale di cui si disporrà da qui a qualche mese. Lo do per certo perché non mi pare che possano ancora sussistere dubbi sulla determinazione del centrosinistra, o quanto meno del PD, in tal senso. In proposito mi è parsa molto significativa –nel bene e nel male- l’intervista concessa a “l’Unità” di domenica 12 agosto dal sindaco Emiliano. Dice di riporre nel cassetto l’idea (“ma non l’ho messa da parte”???) perché “intuisco che non piace al segretario e…al gruppo dirigente”. Ma che vuol dire? Che motivazione politica è mai questa? Non sarà che l’ipotesi risulta anche ai suoi promotori sempre più incongrua, se non dichiarandone le ragioni vere che l’hanno mossa: il vecchio vizio del personalismo. Di cui però si può e si deve finalmente fare a meno.

POST-SCRIPTUM

A proposito di dichiarazioni politicamente stravaganti, che male celano smanie di protagonismo tanto incontenibili quanto immotivate, leggo sui quotidiani di oggi che il prof. Paul Ginzborg, co-promotore di altre ipotetiche liste civiche di sinistra, motiva tale sua propensione, fra l’altro, con il fatto che Bersani gli ricorda “il primo Prodi, quello molto imbranato” [L’Unità 14-8-2012]. Che dire? Forse nei corridoi dell’Accademia italiana si respira qualche sostanza che diffonde una smodata propensione all’esibizionismo. Il sospetto ci aveva già assalito osservando alcuni comportamenti della prof.sa Ministro Fornero e di qualche altro suo collega.

                                                                       
    
  

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