La ‘casta’ dei giornalisti, il ‘diritto’ a disinformare

ROMA – Ora che commenti, sondaggi più o meno fasulli su chi ha vinto e chi ha perso nel confronti tv  dei cinque candidati alle primarie della coalizione di centrosinistra, interventi di “esperti”,  salvo alcuni,più o meno fasulli di comunicazione,  sono ,speriamo esauriti,si possono fare alcune considerazioni sullo stato dell’informazione nel nostro Paese.

Confessiamo che anche noi, sulle prime, abbiamo provato un senso di noia. Anche noi,che per dovere professionale ci dobbiamo sorbire i talk show, c’eravamo cascati. Ci siamo sentiti orfani delle grida, degli scontri, tutti fasulli perché a fine trasmissione c’è una stretta di mano, un abbraccio a volte, capisci che lo dovevo fare, ma no, niente di che, ti immagini, la prossima volta tocca a me. Piace il giornalista che sa tutto, a me non la canti, quello che  ha in testa migliaia di sentenze,  che la giustizia è il suo pane quotidiano, piace il domatore di tigri e leoni, fasulli, che schiocca la frusta e minaccia di toglierti l’audio. Vedere cinque persone, in piedi, dietro un leggio, che rispondono a domande concrete,  che hanno , quando va bene, un minuto e mezzo per dire la è stato un vero e proprio choc. Superato il quale siamo come passati dal fuoco rumorose dell’inferno al paradiso dove gli angeli volano senza far rumore. Sempre per dovere professionale  ci siamo sorbiti l dibattito fra giornalisti che ha fatto seguito. E ci siamo sentiti come dei  perfetti imbecilli. Loro, i giornalisti, erano salvo rari casi, tutti inviperiti, hanno detto peste e corna della esibizione dei cinque candidati della coalizione di centrosinistra. Li abbiamo ascoltati attentamente ed abbiamo capito quanto sia caduta in basso la nostra informazione.

 Il confronto  “ calmo” dei  cinque delle primarie irrita gli “opinionisti “

 La “casta” brutto termine che non ci piace ma che questa volta calza a pennello, dei giornalisti tuttologi, opinionisti che frequentano  studi televisivi , i collegati con le radio,mostrava tutta la  sua arroganza, insipienza, talora vera e propria idiozia. Ma come si erano permessi que, i giornalisti in studio, il mestiere, il pane giornaliero, anche il gettone?. La  prima cosa che ha fatto inviperire la casta è una stupidaggine grande come una casa. I cinque- si  è lanciato in una vera e propria filippica il direttore di un quotidiano romano solitamente moderato non avevano  fornito al telespettatore alcun numero sulla crisi. Sottofondo:perché non lo conoscevano, sono ignoranti, impreparati. In un minuto e mezzo avrebbero dovuto raccontare la crisi in Italia, in Europa,nel mondo, dallo spread al Pil, al debito pubblico a quanti sono i cassa integrati, i disoccupato, i precari, il calo dei consumi, il caro tasse e si può proseguire. Insomma questo  direttore deve aver pensato di trovarsi di fronte non dei dirigenti di partito ma dei  ricercatori dell’Istat. I telespettatori sanno bene quale sia la situazione, volevano conoscere le proposte per affrontare e risolvere i problemi. O non erano stati proprio i giornalisti a rimproverare agli esponenti del centrosinistra la mancanza di proposte concrete?

Privo di senso il confronto con le elezioni Usa

Poi c’era la schiera degli appassionati di primarie americane. Erano rimasti affascinati dagli scontri fra Romney e Obama, fra i vice dell’uno e dell’altro. Botta e  risposta, senza esclusione di colpi. E  giù critiche a questi mollaccioni che non  si sono sbranati. Nessuno di loro ha  pensato che lo scontro fra  Obama e Romney era fra i candidati di due partiti avversari. Proprio delusi. A loro piaceva tanto  Renzi, quando in maniche di camicia bianca, sempre stirata, faceva il rottamatore.  Capito che non era più aria ha cambiato registro e ha provato a uscir fuori dal niente in cui stava affogando. “ Troppo fair play” ha detto qualcuno schifato. Dall’alto della<loro sapienza, di casta, non si sono preoccupati di vedere cosa ne pensavano i telespettatori. Convinto come sono di rappresentare la cosiddetta opinione pubblica. Convinzione nettamente sbagliata.

Un giornalismo che non esprime più il senso comune

L’opinione pubblica si era scocciata della casta, degli opinionisti fasulli, dei giornalisti tuttologi, dei politici che gridano. Aveva gradito e molto il confronto fra i cinque. Migliaia e migliaia di twitter,sondaggi, giornalisti “fuori casta”,esperti davvero di comunicazione  mettevano in luce la positiva novità televisiva. Che il tessuto democratico del nostro paese fosse abbastanza scollato lo sapevamo. Ma che parte consistente del mondo della comunicazione non rappresenti più il “ senso comune”, confonda la parola critica, nel senso greco del termine, con quella di dittatura di chi crede, lui e solo lui, di sapere, di chi è casta fra le caste, non può che destare preoccupazione in chi ha a cuore la libertà e l’autonomia dell’informazione.  E’ messo in pericolo il sale della democrazia , il diritto del giornalista ad informare  e quello del cittadino   ad essere informato .  Perché la casta rivendica il diritto alla disinformazione.

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