Primarie. Centro sinistra alla conta mentre il centro destra si dissolve

ROMA – Mentre arriva all’epilogo la gara fra Bersani e Renzi, l’Italia si infiamma. I duellanti si sfidano di fronte a un paese che assiste attonito all’aggravarsi del suo malessere.

Il caso Ilva rappresenta bene i nodi strutturali di un’economia in cui il lavoro rischia di subire altri colpi e il profilo industriale del paese si indebolisce. Bersani e Renzi propongono ricette alternative, con il sindaco di Firenze che insiste sulle virtù taumaturgiche di un cambio generazionale plasmato sulle ricette del blairismo, mentre Bersani sembra più attratto da una visione che fa perno sulla coesione sociale e sulla governabilità. Gli elettori di domenica prossima dovranno decidere se affidarsi al nuovo leader che vuole rottamare centro-sinistra e centro-destra oppure al gradualista emiliano che crede in un riformismo attento ai problemi sociali. Renzi sta riproponendo la concezione veltroniana del partito a vocazione maggioritaria e sembra far leva sulla volontà di tanti elettori di dare una scossa al sistema politico. Bersani punta sul cambiamento tranquillo. Due Pd si confrontano. E’ riduttivo dire che Renzi rappresenta l’anima di destra e Bersani quella di sinistra. E’ più vicina al vero la rappresentazione di uno scontro fra l’esigenza di un mutamento radicale che rischia di travolgere antiche appartenenze e solido radicamento e quella di chi crede che un rinnovamento profondo può nascere solo dalle radici forti della sinistra. Il gioco ad eliminazione nel Pd si svolge di fronte alla dissoluzione del centro-destra. Berlusconi sta terremotando la sua area alla ricerca di un movimento che gli sia fedele in un parlamento che lo vedrà probabilmente in minoranza. Al tempo stesso i lavori in corso nel Centro vedono l’attivismo  di Casini e quello, concorrente, di Montezemolo e degli uomini legati alla gerarchia cattolica, da Riccardi e Olivero.

Monti si è collocato idealmente al centro di questo scontro con l’allusione a una sua prossima discesa in campo e in vista di una navigazione ormai piena di ostacoli per un governo che pare abbia esaurito il suo mandato. Purtroppo mancano ancora molti mesi al voto e lo scontro politico-sociale si svolge senza le necessaria chiarezza sulla prospettiva. C’è un mondo di elettori delusi e arrabbiati che sta decidendo se continuare ad aver fiducia in Berlusconi, oppure  restare a casa nelle prossime elezioni, se non di votare Grillo sperando in un trauma dell’intero sistema politico. Il loro ruolo sarà decisivo.  La sinistra ha di fronte a sé l’obbligo, chiunque vinca, di dire al paese la verità terribile che, malgrado l’interregno di Monti, l’Italia ha ancora gli stessi problemi che la affliggono da anni. I duellanti del Pd sembrano troppo concentrati sulla propria immagine piuttosto che sulla necessità di fare un discorso di verità che indichi quale possa essere la via d’uscita dalla crisi. L’Italia pacifica e positiva che ha votato e voterà con le primarie deve sapere che la crisi è più aggressiva di quanto pronosticassero i suoi esegeti e quel popolo deve poter contare su una sinistra in grado di fronteggiarla. Le primarie hanno rappresentato un segnale di vitalità democratica e la discesa in campo di un popolo che è una risorsa per l’intero paese. E’ augurabile che in questi giorni che ci separano dal ballottaggio i duellanti sappiamo combattersi avendo cognizione che chi vincerà dovrà guidare un paese spaventato e irritato. Chiuse le urne, smontati i gazebo, sarebbe opportuno che il Pd non mandi a casa i suoi generosi militanti ma che capisca che è su di loro, sulla loro generosità, che si può fondare una ripresa di vigore della politica. Comunque vada questo è il lascito positivo delle primarie: non solo i milioni di elettori ma le centinaia di migliaia di costruttori di democrazia che ne hanno consentito il normale svolgimento. Sono loro l’arma segreta della sinistra. E’ da loro che bisogna partire.

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