Berlusconi è un problema, ma non il problema

ROMA – Berlusconi spera di ripetere l’antico scontro referendario sulla propria persona. Grillo anche.

Tutti e due comandano con il pugno di ferro la propria organizzazione e si presentano come i campioni del populismo antieuropeo. Questa è la novità di questa campagna elettorale. A differenza del passato tuttavia sia Grillo sia Berlusconi possono raccogliere molti voti ma non rappresentano una proposta di governo. Berlusconi anche con l’appoggio della Lega di Maroni, cosa tutta da verificare, si appresta a diventare minoranza nel prossimo parlamento. Grillo spera di portare nelle Camere un centinaio di parlamentari per fare la voce grossa e per verificare la consistenza della sua creatura nel primo lungo viaggio nelle istituzioni. La partita di governo è ristretta attorno a tre poli, due reali e uno eventuale. Quelli reali sono il centro-sinistra post-primarie che ha un leader e che si dibatte sulla necessità o meno di allargare le proprie file ai moderati. Questi ultimi sono l’altro polo, incerto se allearsi con la sinistra e soprattutto se potrà giovarsi o meno del nome e della presenza di Monti. Il terzo polo è proprio lui. Monti ha lasciato intendere in tutti questi mesi un suo sostanziale distacco e estraneità dal sistema dei partiti, li ha giudicati scollati dalla società e ha anche, in un suo recente libro, criticato l’idea del primato della politica. L’attuale premier rappresenta bene l’idea conservatrice di una classe dirigente attenta soprattutto ai conti e poco incline a farsi impressionare dalle questioni sociali. Monti potrebbe recitare la parte che in altri tempi recitò De Gaulle quando soppiantò i partiti del suo tempo. Non ha a differenza del generale francese alle spalle la tragedia post-coloniale, non ha partiti tutti egualmente in crisi, il Pd non lo è, non ha soprattutto il carisma del generale. Può invece ambire a mettersi a capo di  una coalizione centrista che raccolga Casini, Fini, Montezemolo e qualche ministro tecnico. Un po’ poco per venire meno al patto di terzietà che lo aveva portato a palazzo Chigi.

 

La candidatura di Monti oltre che corrispondere, forse, a sue suggestioni rientra nel classico ragionamento del mondo conservatore  italiano attorno alla inaffidabilità di governo della sinistra. Si tratta di mondi che non hanno battuto ciglio durante gli anni di Berlusconi ma che oggi sembrano preoccupati dal fatto che Bersani faccia maggioranza con Vendola. E’ un timore reale? In Europa si stanno facendo strada idee sulla crisi che sembrano correggere l’austerità tedesca e il primato della Germania. Molti si rendono conto che la linea della signora Merkel evoca nei paesi alleati veri fantasmi se non mostri. Non è un caso se  tutti si siano adoperati perché un Grecia andasse al governo una coalizione europeista. Né che in queste ore lo stesso Ppe si allarmi per la discesa in campo di un suo socio, cioè Berlusconi. Da queste stesse parti si caldeggia la soluzione Monti ma si ignora il dato elementare che saranno gli italiani a decidere da chi farsi governare. Monti, se scegliesse di scendere in campo, dovrà prendere più di quel 15% di cui parlano i sondaggisti. Sarebbe un risultato troppo misero per un personaggio che vuole togliere alla sinistra il diritto-dovere di vedere un proprio esponente a palazzo Chigi. Correttezza vorrebbe che Monti si tenesse fuori dalla mischia e si preparasse a ruoli istituzionali più adatti alla sua persona. Il centro-sinistra deve intanto sfuggire alla tentazione di farsi ingabbiare in una nuova battaglia referendaria su Berlusconi. Si capisce che questo sia l’obiettivo di quel mondo politico-mediatico che senza il Cavaliere non sa come campare. Una grande forza riformista deve parlare attraverso le proprie proposte. Berlusconi è un problema ma non è il problema. Anche perché questa volta molti italiani conoscono l’inganno della sua propaganda e se in tanti lo rivoteranno altri vorranno voltare pagina.. A questi bisogna parlare.

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