Monti in cattedra. Questione etica, non solo di stile

ROMA – C’è -c’è sempre stato- chi è pronto a sentenziare che nella competizione tutto è lecito, che non bisogna essere moralisti, anzi: che in politica è da perdenti esserlo.

Io sono “moderatamente” d’accordo, e “moderatamente” no!
Non mi scandalizza (nel senso evangelico) che in campagna elettorale si inaspriscano i toni del confronto. Non mi scandalizzano più di tanto le strane “transumanze” partitiche, anche se alcune sono un po’ hard: consiglio al sen. Monti di tenere d’occhio la pattuglia di ex-radicali-laicisti, transitati in pochi anni al liberismo in salsa berlusconiana, ed ora in cammino verso la galassia centrista benedetta da Bagnasco. Oppure qualche pellegrino per vocazione alla Giuliano Cazzola (ultimo domicilio noto PdL, ma prima, in ordine inverso, PSI post-craxiano, gà segretario generale della CGIL dell’Emilia Romagna, un luogo molto frequentato da “comunisti”. Occhio ai virus!).
Non mi scandalizzano neppure le ambizioni forti dei singoli; la valutazione di sé è esercizio difficile.
Mi indigna, invece, la protervia. Cioè l’arroganza nel confronto con gli altri. Ancor più se si ammanta di sussiegosa supponenza. E, per quel che mi riguarda, considero questo un giudizio politico di primario valore. E’ questione di etica pubblica, quindi essenzialmente politica; non certo ”di stile”.
Già questo primo scorcio di campagna elettorale ci offre un catalogo, ahimè ricco, di atti di protervia (cfr. Zingarelli), più o meno clamorosi.
Quella al curaro, di chi rappresenta da sé e a modo suo le posizioni altrui per renderle dialetticamente più vulnerabili. Lo fa ricorrendo all’escamotage, vecchio come il mondo, di supporre come dato oggettivo le divisioni nel fronte avversario, ma elude il confronto. Scenda dalla cattedra, prof. Monti; se il suo campione in tema di lavoro è il sen. Ichino, si renda conto che il suo progetto è velleitario e irrealizzabile. A prescindere da Fassina e Vendola. E se ne vuole la prova sia più dialogico, come ai tempi della vera “Accademia”.
Ci sono poi, sono agli atti, la protervia da “Formula 1” e quella da “utilitaria”. Inopinatamente, qualche giorno fa, Luca Cordero di Montezemolo ha dichiarato alla stampa che no, lui non vuole fare il Ministro. Noi che leggiamo attentamente i giornali non ci eravamo accorti che qualcuno (un premier incaricato, il Presidente della Repubblica … ) glielo avesse chiesto. Di certo lui lo aveva comunque intuito. Ora lo sappiamo anche noi; ci faremo una ragione del suo diniego.
Più modesta, ma forse anche più realistica, l’ambizione del già citato sen. Ichino. Qualche ora prima di lasciare (legittimamente) i lidi del PD dichiarò che lui era pronto a salpare, per “guidare” la prossima lista centrista in Lombardia (si leggano le agenzie di stampa). Non discuto i convincimenti profondi del senatore, ma la cosa mi fa ricordare che tutti abbiamo avuto qualche amico sempre pronto a dire: “vengo anch’io, se mi fate guidare”, quale che fosse il veicolo.

Più tradizional-democristiana quella di Casini, che va al sodo: Bersani non farà il premier se non avrà la maggioranza assoluta sia alla Camera che al Senato. Naturalmente non dice che una delle ragioni non secondarie per cui non si è fatta la riforma elettorale è stato il suo puntiglio per riavere le preferenze (nostalgia democristiana). Una sorta di “o la borsa o la vita”; protervia di strada.
Qualche recente esempio anche di protervia psicolabile (cfr. Zanichelli: predisposto a turbe emotive): la ministro Fornero che espelle i giornalisti dall’aula del convegno, che si tura le orecchie in Parlamento, … .
Vorrei che chi leggerà queste righe non si fermasse alle asprezze lessicali; l’intento di chi scrive è di esprimere essenzialmente amarezza. Era lecito attendersi che le vicende politiche di questo ultimo anno potessero produrre, anche, un confronto elettorale più simile ad un vero confronto di idee, piuttosto che agli illusionismi in cui siamo stati a lungo immersi. A ciò serve, però, il contributo di tutti. Serve che tutti comprendano che in democrazia ci si confronta alla pari; non c’è numero chiuso e non ci sono sessioni di esame.

 
 
   

Condividi sui social

Articoli correlati