Senza crescita sarà un disastro economico per l’Italia

ROMA – La Banca centrale europea ha reso noto che nel periodo  2011/2012 ha acquistato oltre 100 miliardi di buoni del Tesoro italiani, che si aggiungono ad altri 100 di Grecia, Portogallo e Spagna. Una cifra notevole.

La Bce ha anche reso noto che da queste operazioni ha guadagnato e quindi ha redistribuito altri 500 milioni di euro alle Banche centrali che ne sono azioniste. In altre parole gli aiuti ai paesi più in difficoltà si sono rivelati fonte di guadagni redistribuiti a tutti i paesi europei e quindi anzitutto a quelli più ricchi che hanno maggiore peso nella Bce. In sostanza è uno dei tanti rivoli di denaro che dai paesi più in difficoltà finiscono nei paesi più ricchi e solidi.
Basta pensare al credito che è più oneroso per i paesi maggiormente in difficoltà perché influenzato dal livello degli spread, generando di conseguenza una concorrenza sleale nel credito a parti invertite: i più ricchi beneficiano di tassi più bassi e quindi sono in grado di fare concorrenza più facilmente ai meno ricchi.
Basta pensare alla concorrenza sul piano fiscale. Ci sono paesi dell’Unione, che fanno parte dell’Euro, che hanno legislazioni che ricordano i paradisi fiscali o per lo meno più favorevoli. Del resto anche sul piano societario recentemente la Fiat ha deciso di fare un’operazione targata Olanda, evidentemente più favorevole di quella italiana.
Mentre sui bilanci pubblici si pretende un controllo occhiuto, quando si tratta di politiche fiscali ci sono paesi come l’Irlanda che hanno un’aliquota del 12,5 % sulle imprese e altri che fanno concorrenza su altri capitoli fiscali, al punto che ricordano i paradisi fiscali.
Inoltre è noto che in questi anni i tassi alti sui debiti dei paesi più in difficoltà hanno giustificato, come in un’altalena, tassi di interesse bassissimi, addirittura negativi su quelli dei paesi più ricchi. Nessuna solidarietà è transitata dai paesi più forti, che hanno semplicemente beneficiato dei tassi bassi, a quelli maggiormente in difficoltà, che hanno dovuto fronteggiare l’attacco speculativo a loro spese, come conferma da ultimo anche questo ristorno via Bce.
La questione del debito pubblico in Italia, come negli altri paesi più in difficoltà, è un problema di grande peso anche perché la recessione ha provocato un aumento relativo del debito pubblico sul Pil. Ormai il rapporto debito/Pil italiano è al 127 %. Un livello enorme perché si registra in presenza di un calo del Pil. Dal 2015 inoltre produrrà i suoi effetti il Fiscal Compact che rischia di provocare ulteriore recessione perché ogni anno obbligherà a ridurre il debito pubblico di un ventesimo, il cui valore sta crescendo perché il Pil sta diminuendo. Senza crescita sarà un disastro economico per l’Italia e anche con la crescita il taglio sarà comunque doloroso.
Quindi dopo le elezioni si riproporrà il problema di fondo del debito pubblico e a seconda delle soluzioni la situazione potrebbe ulteriormente peggiorare.
Perché l’Unione europea considera normale prestare alle banche oltre 1.000 miliardi di euro all’1 % per 3 anni ? Consentendo così alle banche di lucrare sulla differenza tra il tasso della Bce all’1 % e i Buoni del Tesoro, i cui tassi ovviamente gravano sugli Stati. In altre parole i singoli Stati trasferiscono quattrini alle banche.
Perché la Bce non presta direttamente agli Stati europei maggiormente in difficoltà almeno lo stesso importo girato alle banche, allo stesso tasso dell’1 %, per coprire la parte di debito pubblico eccedente il 60 % previsto dal Fiscal Compact ?

In realtà non avere affrontato con chiarezza il nodo di fondo del debito ha creato uno squilibrio maggiore tra i paesi più ricchi e quelli più deboli con un trasferimento netto dagli uni agli altri e questa è una situazione non più sopportabile perché l’avvitamento nella crisi economica sta creando un impoverimento netto e un disagio sociale crescente e insopportabile. Naturalmente le soluzioni tecniche possono essere diverse, ciò che conta è la volontà politica.
Questo nodo di fondo è il primo problema che dovrà affrontare il nuovo Governo che uscirà dalle elezioni – in Italia e in Europa – altrimenti gli spazi di manovra del nuovo Governo saranno ridotti al lumicino.

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