Berlusconi festeggia. Il Pd manda in soffitta il cambiamento

ROMA – In due orette il Pd ha  deciso il governo del Paese, il futuro del Partito. Un dibattito, quella in Direzione, all’insegna dell’ipocrisia, della incapacità perfino a capire quello che succede nel Paese.

Abbiamo sentito sciocchezze come  di Franceschini , degne di miglior causa , quando ha spiegato che non è la piazza a decidere chi guida  la Repubblica ed è per questo che il Pd non ha candidato Rodotà. Intanto all’ex segretario e poi capogruppo alla Camera  del PD  bisognerebbe chiedere cosa sia la “ piazza “ che evoca come la maledizione di Dio. Si avverte nell’intervento di Franceschini l’arroganza, il disprezzo per tutto ciò che rompe gli schemi di un partito di burocrati, di oligarchi, quelli che hanno silurato Bersani,   fondato non sulla   partecipazione ma sulle clientele. La  “piazza” non sono solo i grillini. La candidatura di Rodotà nasce ben prima che il guru di 5 Stelle la faccia propria e la giuochi in una partita  all’ultimo sangue. Articolo 21, l’associazione e la libertà dell’informazione in un sondaggio molto significativo e moloto frequentato indicava nell’ordine, Rodotà, Zagrebelsky, Bonino. E tanti appelli  sono stati firmati da decine di migliaia di persone a sostegno di una sua eventuale  candidatura, Rodotà, un difensore strenuo  delle libertà, dei diritti individuali e collettivi, Costituzione alla mano. Certo non una personalità  che fa sconti nel difendere la Costituzione, la Carta che Berlusconi ha stracciato ogni giorno, insieme ai suoi compari, quei leghisti che stracciano la bandiera tricolore , rifiutano di far risuonare  l’inno di Mameli, inneggiano ad una fantomatica repubblica del Nord, si propongono di battere moneta,  conservano in una sacra ampolla l’acqua del Po.

Se c’è stato un golpe è quello contro Bersani

E che dire di interventi come quelli di Anna Finocchiaro  che, con grane disinvoltura, manda in soffitta il governo del cambiamento. “ Il governo del cambiamento è sembrato impossibile, vista la assoluta indisponibilità di Grillo. Il dato di realtà – dice-è che nelle condizioni date o si va alle elezioni o si prende atto che va trovato un accordo politico.” Se ritorniamo a qualche precedente riunione della direzione o a dichiarazioni e interviste non possiamo che dire : Finocchiaro e Franceschini hanno perso la memoria. E ci domandiamo : è possibile che chi fino a qualche giorno fa  chi ha  sostenuto a spada tratta che la posta in gioco era il cambiamento ora si adagi su un governassimo, perché di questo si tratta . Non solo. Se c’è stato un golpe, questo è quello ordito contro Bersani, che fino all’ultimo ha tenuto la barra dritta: no a larghe intese a governissimi, impossibile governare insieme a Berlusconi. Ed aveva l’applauso di tutti coloro che oggi nelle due ore di Direzione hanno ribaltato le posizioni, bacchettando, come ha fatto Marino chi “ osava “ sostenere che nell’ esprimere pieno accordo con quanto detto da Napolitano, faceva presente che occorreva indicare qualche condizione , qualche paletto, residui di una politica di centrosinistra   che il Pd, manda in soffitta, degli otto punti che  sui quali la Direzione ha steso un pietroso velo. Otto punti ci sono, ma si tratta di quelli di Berlusconi. E, insieme, di alcune generiche indicazione dei “ saggi”. I quali hanno dimenticato per strada il conflitto  di interesse, ma si sono ricordati delle intercettazioni, da evitare e da punire  se qualche  incauto giornalista vuole raccontare fatti e avvenimenti.

I Democratici una forza di centro che guarda a sinistra

La Direzione di fatto ha rimandato la chiarificazione all’interno del Pd al congresso. Per ora , di fatto, i Democratici diventano una forza di centro che guarda a sinistra. Una mutazione genetica realizzata in due ore di discussione, un record, Ai tanti che queste scelte non hanno condiviso, occupando sedi di federazione e circoli, promuovendo iniziative, manifestazioni, sarà difficile spiegare quanto sta avvenendo. Ma una spiegazione va data se i dirigenti del  Pd vogliono evitare dolorose spaccature, scissioni. Quello che la direzione ha evitato di discutere, da subito, diventa materia di confronto con i militanti, la base che, malgrado tutto esiste ancora. E’ più generosa dei  propri dirigenti come dimostra il voto dei friulani.  I festeggiamenti in casa Pdl  non sono un belvedere. Il cavaliere  era sull’orlo del baratro, sei milioni di voti perduti. Ora è lui a dare le carte.

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